Sembra che Trump abbia cominciato il suo rush finale. A ormai pochi mesi dalle elezioni americane, l’attuale presidente si è infatti assicurato che più terra possibile fosse disponibile per lo sfruttamento delle sue risorse. Nella giornata di giovedì, lui e la sua amministrazione hanno finalizzato i piani per la perforazione del terreno e l’estrazione di fonti fossili in una vasta area nel sud dello Utah.

Leggi anche: “Primarie Democratici USA. Sanders vince in New Hampshire”

Un’importanza naturale e culturale

Si tratta dei monumenti nazionali Grand Staircase-Escalante e Bear Ears. Il primo, caratterizzato da scogliere, canyon e cascate, è stato creato nel 1996, grazie a un provvedimento dell’ex presidente Bill Clinton. Il secondo è un terreno considerato sacro dalle tribù native ed ospita anch’esso vasti altipiani rocciosi, scogliere e canyon. Per la sua importanza naturalistica e culturale, il presidente Barack Obama l’ha reso un parco protetto nel 2016.

A proposito del parco Bear Ears le nazioni tribali e i gruppi di conservazione dei nativi americani hanno rilasciato una dichiarazione congiunta. Questa afferma che i monumenti sono focolai di ricerca paleontologica, nonché di risorse archeologiche, culturali e naturali.

Vista del monumento nazionale Bear Ears. Fonte: www.barechange.org

Sarah Bauman, direttore esecutivo della Grand Staircase Escalante Partners, ha affermato che il monumento è un sito essenziale per la ricerca sulla crisi climatica. “Grazie al suo isolamento fisico, del minimo impatto umano, nonché della sua enorme diversità ecologica, il parco ci offre rare opportunità per studiare in modo unico i cambiamenti climatici”.

Trump il distruttore

Doveva arrivare Trump, per distruggere ciò che di buono era stato faticosamente raggiunto. Già dal 2017 la nuova amministrazione aveva ridimensionato l’area protetta del Grand Staircase Escalante dell’85% e del 50% quella del Bear Ears. Questi tagli costituiscono insieme il più grande passo indietro nella protezione delle terre pubbliche nella storia degli Stati Uniti.

Le parole di Bauman sono in questo senso esaustive: “Senza protezioni, queste opportunità andranno perse e con esse la nostra capacità di costruire conoscenze e risorse essenziali per mitigare i cambiamenti climatici”.

Per togliere totalmente la protezione a queste terre, mancava soltanto il rilascio di un documento formale che permette lo sfruttamento di ben 861.974 acri. In pratica, questo documento permetterà alle compagnie petrolifere di estrarre ovunque in quell’aerea senza troppi problemi. Anche gli allevatori beneficeranno di questa liberalizzazione, in quanto avranno più spazio per promulgare la loro attività.

Macchina estrattrice di petrolio

Secondo il New York Times, se un’azienda o un individuo scelgono di estrarre minerali o combustibili fossili da quella terra, potrebbero acquistare dal governo un contratto di locazione entro un anno.

Un barlume di speranza

Kimberly Finch, un portavoce del dipartimento interno del governo, ha dichiarato che “non c’è stato quasi alcun interesse per l’estrazione e la perforazione delle terre escluse dalla Grand Staircase”. Fortunatamente, quindi, sembra che nessuna compagnia abbia ancora approfittato di questi permessi.

Il Guardian ci infonde una speranza in più. Nel loro articolo si legge di Casey Hammond, assistente segretario per la gestione dei terreni e dei minerali. Egli ha affermato che le terre escluse dalla protezione restano comunque sotto il controllo federale e sono governate da “leggi collaudate nel tempo” e soggette alle normative ambientali. Ha poi respinto l’affermazione ripetuta spesso dai gruppi di conservazione e ambientalisti per i quali ci sarebbe un “via libera per tutti” per lo sfruttamento del terreno.

“Le insinuazioni sul fatto che queste terre e risorse saranno influenzate negativamente dal semplice atto di essere esclusi dai monumenti è semplicemente non vero”, ha detto Hammond. 

Un profitto milionario

L’amministrazione Trump, però, continua a fare pressioni per favorire lo sfruttamento di quella terra. A detta loro, questo andrebbe fatto per il “bene” dell’economia dello Utah, oltre che degli Stati Uniti. Secondo un’analisi economica del governo, infatti, si stima che la produzione di carbone potrebbe portare a 208 milioni di dollari di entrate annuali e 16,6 milioni di royalties sui terreni che non sono più all’interno dei confini dei parchi. Sempre secondo l’analisi, i pozzi di petrolio e gas in quell’area potrebbero produrre 4,1 milioni di dollari di entrate annuali.

Come sempre, quindi, il fine ultimo è quello del profitto, mentre gli interessi del Pianeta passano in secondo piano.

Leggi anche: “La causa è il capitalismo. Gli USA e l’assenza dal Climate Strike”