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Wuhan vieta la vendita di fauna selvatica (e non solo) per 5 anni

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Da millenni la Cina porta avanti usanze alle quali l’occidente guarda con orrore. Sangue di tigre, bile di orso, una tradizione culinaria basata su animali selvatici potenzialmente pericolosi per la salute dell’uomo. I “wet market”, come quello di Wuhan, ne sono il palcoscenico.

In una Cina stremata a causa del coronavirus sembra esser finalmente arrivato il buonsenso. Nella notte del 20 maggio 2020 l’amministrazione della città di Wuhan ha diffuso un bando in cui si vieta la caccia, la vendita ed il consumo di carne di animali selvatici per 5 anni, colpendo così l’origine del contagio. Inoltre, in parallelo, verrà avviato un progetto educativo e mirato alla sensibilizzazione circa il tema della fauna selvatica e la sua importanza e tutela.

Cina, Wuhan epicentro della pandemia da Covid-19

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Crediti: Le scienze

Scoppiata tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 a Wuhan in Cina, la pandemia da Covid-19 ha messo in ginocchio il mondo intero in pochi mesi.

Si sono accesi innumerevoli dibattiti sull’origine di questo dramma, spesso sfociati in tesi complottiste o pareri personali. Uno dei primi è stato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha alimentato l’ipotesi che il virus fosse fuoriuscito da un laboratorio di Wuhan.

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La gran parte della comunità scientifica, invece, conferma la tesi per la quale il virus SARS-CoV-2 abbia avuto origine nei pipistrelli e che, attraverso una specie intermedia (come il pangolino – Manis javanica), sia poi passata all’uomo.

Il tema dei grandi mercati cinesi e l’assenza di norme igenico-sanitarie all’interno di questi ultimi. Ma anche il commercio illegale di molte specie selvatiche e la totale mancanza di un’educazione circa la loro importanza ecosistemica, fanno dibattere il mondo intero da molto tempo.

La Cina purtroppo non è nuova alle epidemie. Basti pensare all’asiatica, all’influenza di Hong Kong, passando per la Sars e l’aviaria (H5N1). Il motivo principale per cui la Cina, con tutto il Sud-est asiatico, è un luogo particolarmente favorevole ai virus, è lo stretto contatto tra uomini e animali.

Le concause?

Le fattorie ospitano molti animali allevati in cattività, dagli zibetti ai procioni e alle nutrie. Questi spesso vivono in prossimità del bestiame, come maiali e volatili. Proprio riguardo a questi ultimi non c’è da sottovalutare il fatto che la Cina è sulla rotta migratoria di vari uccelli selvatici come le anatre.

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Wuhan ospita uno dei “wet market” del Paese

Nel Paese vi sono molte risaie, e gli uccelli che planano in queste zone possono essere portatori sani dell’influenza aviaria che viene trasmessa anche tramite le feci. In quegli specchi d’acqua ci sono moltissimi virus, e proprio nelle zone limitrofe sono situati gli allevamenti.

Inoltre, in queste fattorie ci sono di solito i pipistrelli, che si nutrono di notte sopra i recinti, e alcuni dei quali si appollaiano negli edifici. Di solito sono presenti anche nelle case, al punto che intere famiglie sono potenzialmente esposte.

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Quasi sempre la macellazione della carne avviene in totale assenza di norme igenico-sanitarie che permettono il passaggio di eventuali virus tra animale e uomo.

Altri fattori che aumentano il rischio di epidemie sono il disboscamento e l’urbanizzazione ma anche i cambiamenti climatici. Queste tre cause antropiche si abbattono pesantemente su una fauna selvatica già minacciata dal commercio illegale cinese, spesso fortemente legato alla (millenaria) medicina tradizionale.

 

La Cina e gli incentivi agli allevatori di animali selvatici

Le autorità di due province cinesi, il Jiangxi e lo Hunan, hanno deciso di dare degli incentivi in denaro agli allevatori di animali esotici destinati al consumo umano perché convertano le loro attività in altri tipi, come l’allevamento (legale) o le coltivazioni.

In queste due regioni sono presenti molti allevamenti di animali selvatici, spesso destinati ai «wet market», i mercati umidi nel mirino delle autorità dopo lo scoppio dell’epidemia di SARS-CoV-2.

L’intento è quello di permettere agli allevatori di poter cambiare vita senza troppi ostacoli, tra cui quelli di natura economica. Per questo motivo gli allevatori del Jiangxi riceveranno:

  • 120 yuan (15,4 euro) per chilogrammo di cobra o di serpente dei ratti.
  • 75 yuan al chilogrammo (9,6 euro) per i ratti del bambù.

Il fatto che solo due regioni in tutta la Cina si siano affacciate al cambiamento fa riflettere su quanto sarà difficile che il Paese rinunci a certe pratiche, alle quali l’occidente guarda con sdegno.

Cina, Wuhan e i 10 punti per il (temporaneo) cambiamento

L’ordinanza è stata pubblicata sul sito dell’amministrazione comunale della città di Wuhan ed elenca i seguenti 10 punti.

  • Vietare totalmente il consumo di tutte le vite selvatiche terrestri. Per esempio la fauna selvatica acquatica rara e in via di estinzione sotto una speciale protezione dello stato e di altri animali selvatici prescritti da leggi e regolamenti, nonché dei loro prodotti.
  • Proibire severamente la caccia agli animali selvatici.
  • Controllare rigorosamente l’allevamento artificiale di animali selvatici.
  • Vietare a fondo il commercio illegale di specie selvatiche.
  • Applicare rigorosamente le licenze amministrative per la fauna selvatica.
  • Rafforzare la supervisione e l’ispezione degli animali selvatici.
  • Abbattere le attività illegali della fauna selvatica.
  • Rafforzare la pubblicità e l’educazione alla protezione della fauna selvatica.
  • Adempiere alla responsabilità di protezione e gestione della fauna selvatica.
  • La notifica entra in vigore dalla data di promulgazione ed è valida per cinque anni.

La Cina aveva intensificato già da febbraio la repressione alla caccia illegale e sfruttamento della fauna selvatica. Solo il 20 maggio 2020 però sono state adottate misure concrete.

Così Wuhan diventa la quarta città della Cina a prendere l’iniziativa, ma è necessaria una volontà su scala globale per arrestare il traffico di fauna selvatica.

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di Beatrice Martini
Mag 27, 2020
Nata nel 1993 a Roma, laureanda in Scienze Biologiche. Grazie alla sua famiglia fin da piccola si appassiona alla natura e alla conservazione di quest’ultima decidendo di farne una missione nella vita. Questo la porta in giovane età ad affacciarsi al mondo della subacquea e della fotografia naturalistica, partecipando a corsi (Scuola di fotografia Emozioni Fotografiche) e workshop in tutta Italia, come il “Marine Wildlife 2018” con Canon presso Tethys Research Institute. Durante il liceo vince due premi letterari che la portano ad appassionarsi al giornalismo, specialmente quello ambientale. Affascinata dai lavori delle sue mentori, Ami Vitale e Cristina Mittermeier, punta a diventare anche lei una foto/videoreporter per la conservazione dell’ambiente. Crede fortemente nel potere della parola e delle immagini attraverso le quali spera, un giorno, di poter dare un contributo per la salvaguardia del Pianeta. Nel 2020, grazie a L’Ecopost, le viene data l’occasione di poter affacciarsi al giornalismo e alla denuncia ambientale.

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