Che cosa significa guardare al mondo delle piante come spunto di ripartenza? In queste ultime settimane la reazione del web rispetto al virus sta mutando: se prima dominavano paura e tutorial per sopravvivere durante la quarantena, ora la tendenza è quella di proporre piani per il futuro, per il post-virus, o perlomeno per la fase 2, detta anche di “convivenza con il virus”. Politici, professori e persone comuni stanno riflettendo sulla ripartenza: da dove e come ricominciare per non commettere errori e, perché no, creare un sistema migliore di quello che precedeva la pandemia. In questo senso, oggi vogliamo proporvi uno spunto dal mondo vegetale, seguendo le riflessioni esposte da Stefano Mancuso ne La nazione delle piante.
Stefano Mancuso, La nazione delle piante
Stefano Mancuso insegna neurobiologia vegetale all’Università di Firenze. Il termine “neurobiologia” potrà sembrare strano, quasi un ossimoro dato che le piante non sono dotate di cervello. Eppure, come ha spiegato lui stesso, in una puntata di Quante Storie condotta da Corrado Augias (disponibile gratuitamente su RaiPlay), “le piante non hanno cervello ma ragionano, memorizzano, comunicano, hanno comportamenti. Fanno tutte quelle cose che noi di solito attribuiamo a un organo solo”. Per questo motivo, Mancuso ci introduce alla possibilità di studiare e imitarle “perché le piante hanno inventato soluzioni per qualunque problema dell’umanità”.
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Come spunto di partenza, l’autore riporta l’esempio di un pannello fotografico esposto nel 2019 alla Triennale di Milano. Nella sezione chiamata La nazione delle piante, fu riportata una foto con forte prevalenza vegetale e una tigre nascosta fra le foglie. Come potete vedere qui sopra, il pannello era accompagnato dalla domanda: “cosa vedi?” e le risposte rimandavano in maggioranza alla tigre, senza far menzione alle piante, che pur dominano la scena. Mancuso ha chiamato questo fenomeno plant blindness, riferendosi al fatto che il nostro cervello riconosce esclusivamente gli animali, quando il mondo là fuori è perlopiù dominato da alberi e foglie.
Le vere dominatrici del pianeta
Infatti, il dato più impressionante che emerge dalle teorie di Mancuso riguarda, ancora una volta, l’insignificante presenza dell’uomo in questo mondo. Le piante costituiscono l’85% della biomassa presente sulla Terra, mentre gli animali lo 0,03%, comprendendo la specie umana. Il restante è costituito da batteri, funghi ed altre specie non animali. Il professore ci invita dunque ad esplorare il mondo delle vere dominatrici del pianeta, ovvero le piante, cercando di abbattere quella pretesa di antropocentrismo che da sempre ci caratterizza.
Il professore riconosce le profonde differenze che vi sono fra piante e animali: “le piante fissano l’anidride carbonica, gli animali la producono. Le piante sono autotrofe, quindi vivono dell’energia del sole; gli animali sono eterotrofi. Le piante sono lente, gli animali sono veloci. Le piante hanno un’organizzazione diffusa, gli animali ce l’hanno concentrata. È tutto diverso. Però, ovviamente si possono trovare delle regole generali”. Stefano Mancuso ha quindi redatto una sorta di “costituzione” scritta dalla nazione delle piante, da cui il mondo animale può trarre insegnamento.
La costituzione della nazione delle piante
Ecco la costituzione delle piante, che vi invitiamo ad approfondire tramite la lettura del libro, disponibile nella nostra sezione Cultura Sostenibile:
ART.1 La Terra è la casa comune della vita. La sovranità appartiene ad ogni essere vivente.
ART.2 La Nazione delle Piante riconosce e garantisce i diritti inviolabili delle comunità naturali come società basate sulle relazioni fra gli organismi che le compongono.
ART.3 La Nazione delle Piante non riconosce le gerarchie animali, fondate su centri di comando e funzioni concentrate, e favorisce democrazie vegetali diffuse e centralizzate.
ART.4 La Nazione delle Piante rispetta universalmente i diritti dei viventi attuali e di quelli delle prossime generazioni.
ART.5 La Nazione delle Piante garantisce il diritto all’acqua, al suolo e all’atmosfera puliti.
ART.6 il consumo di qualsiasi risorsa non ricostituibile per le generazioni future dei viventi è vietato.
ART.7 La Nazione delle Piante non ha confini. Ogni essere vivente è libero di transitarvi, trasferirsi, viversi senza alcuna limitazione.
ART.8 La Nazione delle Piante riconosce e favorisce il mutuo appoggio fra le comunità naturali di esseri viventi come strumento di convivenza e di progresso.
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La soluzione più efficace: creiamo delle giungle urbane
Il libro presenta la drammaticità della situazione attuale, ad esempio mettendo in luce come la sesta estinzione di massa sia molto più grave delle precedenti per quantità e velocità. Nel testo però sono anche presenti numerose soluzioni pratiche con al centro le protagoniste della sua teoria, ovvero le piante. Secondo l’autore infatti, il cambiamento climatico dipende essenzialmente dalla produzione di anidride carbonica, a sua volta fortemente legata all’attività umana. Questa è concentrata soprattutto nelle città ed è dalle città che Mancuso propone di ripartire. La CO2 può essere tolta dall’atmosfera tramite la fotosintesi, perciò le città dovrebbero diventare delle vere e proprie “giungle urbane”, sfruttando tetti, terrazzi, pareti per far crescere il creatore di ossigeno più naturale e antico del mondo.
Darwin: competizione vs. cooperazione
Nell’intervista fatta a Quante Storie, Augias si sofferma soprattutto sull’articolo otto, che invita al mutuo appoggio: “il mito fondativo dell’essere umano è il fratricidio, ci siamo sempre fatti le guerre. Fosse che proprio le piante sono uno strumento che favorisce l’abolizione delle guerre?”. A questa provocazione Mancuso risponde con uno dei più grandi insegnamenti del suo libro: “Guardiamo alle piante. L’idea che il più forte vinca è una balla”. Il professore di neurobiologia spiega dunque come la teoria dell’evoluzione di Darwin sia stata da sempre distorta. Ai darwinisti sociali, a coloro cioè che hanno sempre visto nella competizione il principio fondante della teoria darwiniana, Mancuso replica che è invece la cooperazione ad aver sempre trionfato nella natura.
E le piante, più di tutte le altre specie, ce lo dimostrano: “qualunque sia l’ambito di studio, dovunque si soffermi la nostra attenzione, dall’impollinazione alla difesa, dalla resistenza agli stress alla ricerca di sostanze nutritive, le piante sono le maestre indiscusse del mutuo appoggio”. La consociazione o intercropping è un altro esempio di mutuo appoggio fra le piante, oggi tanto in voga fra gli ambientalisti. Consiste nello sfruttare il più possibile lo spazio dato, facendo cooperare specie con proprietà diverse fra loro. Messe una accanto all’altra, cooperano e beneficiano del lavoro degli altri. Si possono associare asparagi e lattughe, carote e cipolle, basilico e pomodori. I sistemi più famosi comprendono l’integrazione di specie vegetali e animali, come il sistema Rice-Fish-Duck.
Ripartiamo dalle piante
In definitiva, Mancuso ci invita a “studiare ed imitare le piante” perché possono offrirci un aiuto concreto per le problematiche attuali. Egli ha elogiato Fridays For Future perché rimanda fortemente alle qualità delle piante che dovremmo imitare: fare rete, comunicare, usare una struttura decentralizzata, stimolare il mutuo appoggio e tutelare la diversità in tutte le sue forme: “i movimenti di oggi ci stanno mostrando che da soli non ci salviamo – ha detto Mancuso – Il pianeta è una rete di esseri viventi che devono sopravvivere insieme”. Per chi cerca qualche spunto per la ripartenza o soltanto una bella lettura da quarantena, questo libro potrebbe offrire risposte interessanti.
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