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Parola di Dio e virus: se i missionari contagiano gli indigeni

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Quando l’ho saputo non ci volevo credere. Doveva esserci una qualche esagerazione giornalistica. Non potevano esistere ancora gruppi religiosi di quel tipo e sopratutto non era possibile che così tante persone contribuissero a questo scempio. Invece è tutto vero. Ethnos360 è un gruppo di missionari che vuole raggiungere i popoli indigeni del mondo ed evangelizzarli. Portando, però, oltre alla parola di Dio, sorprusi, malattie e cattive abitudini.

Non abbiamo gli stessi anticorpi

Il coronavirus è la punta di un iceberg gigantesco, sotto al quale si nascondono anni di contagi da parte dei missionari di associazioni quali Ethnos360 alle tribù che vivono isolate e indisturbate ai margini del mondo.

Proprio come avviene con gli animali, anche l’essere umano sviluppa un certo tipo di anticorpi a seconda dell’ambiente in cui è cresciuto e delle malattie con le quali è entrato in contatto.

Con la globalizzazione, l’immunizzazione verso alcuni tipi di malattie sta ormai anch’essa uniformandosi. Alcuni popoli indigeni però, come per esempio i “Korubo”, vivono nel cuore della foresta Amazzonica. Sono quindi, per sorte o per scelta, ancora totalmente isolate dal mondo moderno, conducendo uno stile di vita che il presidente del Brasile Bolsonaro non ha esitato a definire “preistorico”.

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A parte il fatto che uno stile di vita è semplicemente uno stile di vita. Anzi, forse quello degli indigeni dell’Amazzonia potrebbe, sotto certi aspetti, essere la chiave per salvare l’umanità dall’estinzione certa. Sta di fatto che questi popoli non hanno sviluppato gli anticorpi per moltissime delle malattie che noi abbiamo ormai da anni imparato a combattere.

“Il morbillo e la varicella hanno ucciso tantissimi indiani, ma le stragi più grandi sono state causate dalle malattie respiratorie, e il coronavirus è una di queste”. Così Ha detto Douglas Rodrigues, del Dipartimento di Medicina preventiva dell’Università Federale di San Paolo.

Una storia lunga secoli

Il tutto è iniziato già alla fine del ‘400 quando gli abitanti del “vecchio mondo” sbarcarono in America e fecero strage di indiani. Il genocidio non ebbe luogo soltanto per mano diretta dei conquistadores, ma anche a causa delle malattie che portarono e che uccisero il 90% della popolazione nativa.

Allo stesso modo nell’età moderna i nativi della foresta Amazzonica sono già stati contaminati e gran parte uccisi dalle malattie portate dai missionari. Il dottor Lucas Albertoni ha studiato proprio i casi di contatto tra missionari e indigeni e si è espresso in questo modo.

“Un comune raffreddore potrebbe evolversi in polmonite e sepsi nel giro di pochi giorni senza assistenza medica”. E continua: “ci vuole tempo per sviluppare un’immunità e i Korubo sono un gruppo ad alto rischio per il coronavirus.

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Questo è stato già dimostrato nel 1991, quando i missionari della New Tribes Mission, così il nome ufficioso di Earth360, sono stati cacciati dalla regione orientale dell’Amazzonia, abitata dalla tribù Zo’é. Funai, il dipartimento brasiliano agli Affari indigeni, li ha accusati delle decine di morti causate da malattie come la malaria e persino il raffreddore, che le tribù non avevano mai contratto prima. I test hanno inoltre dimostrato che i nativi non erano stati vaccinati.

Ora, immaginiamoci gli effetti che potrebbe avere una malattia ben più grave del raffreddore come il COVID-19, per il quale non esiste né cura né vaccino, né sufficienti strumentazioni nemmeno per noi europei.

Sfruttamento ed emissioni

La New Tribes Mission non è poi esente da accuse per altri crimini, oltre alla diffusione di malattie, come la produzione di materiale pedopornografico, abusi sessuali, schiavismo e traffico di esseri umani.

E’ doveroso accennare a questi episodi per ricordarci che i problemi ambientali di cui sono colpevoli questi missionari e che a breve menzionerò non sono l’unico e solo problema che deve essere eradicato.

Non possiamo però non puntualizzare la totale mancanza di etica ambientale nei mezzi con i quali le missioni vengono svolte. All’interno del gruppo religioso non sembrano esserci team di scienziati né medici né antropologi che indicano il modo migliore, se ne esistesse uno, per entrare in contatto con queste popolazioni.

Anzi, nel 2018, semplicemente, hanno pubblicato sul loro canale Youtube un video nel quale chiedevano fondi ai loro sostenitori per comprare un elicottero. In questo modo avrebbero raggiunto più velocemente e facilmente i popoli che vivono nelle più più “buie e profonde aree della foresta amazzonica”.

https://www.youtube.com/watch?v=FjRjSkY13To&feature=emb_logo

Senza contare la brutalità che caratterizza l’arrivo di un elicottero pieno di estranei nel mezzo di un villaggio indigeno. Non consideriamo nemmeno le abitudini diverse e sbagliate che i missionari, con i loro prodotti industriali, vestiti e oggetti potrebbero inculcare nella mente di questi popoli. Non sono poi da sottovalutare le emissioni di questa operazione, in barba ai problemi ambientali a cui già l’Amazzonia sta andando incontro.

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Dio l’unico mandante?

Il tutto in nome della parola di Dio. Ma siamo proprio sicuri che il fine sia solo e soltanto quello? Ho provato a cercare un motivo valido che mi convincesse che questa loro azione possa essere se non condivisa, quantomeno compresa.

Tentavo di mettere da parte le indicibili azioni passate delle loro missioni. Vorrei credere che la loro intenzione sia, per esempio, quella di verificare che questi popoli siano in salute e che non necessitino di cure mediche. O che vogliano rispondere a una richiesta di contatto da parte dei nativi stessi.

Ma sul sito e sulle pagine social non si trova nulla di tutto ciò. Si parla soltanto della costruzione di una chiesa nel bel mezzo dei loro villaggi, talvolta di una scuola per insegnare loro la lingua dei missionari e, ovviamente, della diffusione delle parole del Vangelo. Nessun cenno alle precauzioni contro le malattie o semplicemente all’impatto psicologico che tale intrusione potrebbe avere su questi popoli.

Interessi politici ed economici

Indagando più a fondo, però, non è difficile risalire al probabile vero motivo di queste “missioni”. Infatti, sia Ethnos360 sia il neo presidente di estrema destra del Brasile Bolsonaro hanno solo da guadagnare da questa mentalità suprematista e neo-colonialista promulgata dai gruppi fondamentalisti religiosi.

Innanzi tutto, da quando il Brasile è guidato da Bolsonaro, il gruppo One Mission Tribe ha aumentato moltissimo la sua influenza nella nazione sudamericana. Il presidente ha infatti nominato il missionario evangelico Ricardo Lopez Dias nuovo capo del Dipartimento per gli Indiani incontattati. In questo modo, inoltre, Bolsonaro si è accaparrato il sostengo politico dalla potente lobby evangelica brasiliana.

Bolsonaro ha poi revocato al Funai la responsabilità del controllo delle terre indigene. L’ha concessa, invece, al ministero dell’Agricoltura, tutt’altro che interessato al preservarle. Si teme quindi che la politica fino ad ora supportata dal Funai del vietare qualunque contatto con gli indigeni potrebbe cessare.

Un varco per lo sfruttamento

Bolsonaro si sta quindi aprendo un varco verso la presa delle terre indigene e, quindi, “dello sfruttamento delle loro risorse, come oro, minerali e legname”. Così ha dichiarato Sarah Shenker coordinatrice della campagna per i popoli incontattati di Survival International.

La mancanza di cura da parte di Ethnos360 verso gli indigeni e il rischio che possano sopraggiungere moltissime morti è quindi oro colato per Bolsonaro. Shenker, infatti, conclude: “se tutto questo non sarà fermato, molti popoli saranno sterminati“. Sono parole forti, che fanno pensare a un vero e proprio genocidio. Ma purtroppo sono intenzioni più comuni di quanto si pensi.

Per esempio, un’altra associazione religiosa che ha lo stesso obiettivo di Ethnos360, ovvero di evangelizzare le popolazioni indigene, si chiama “Finishing the task“. Letteralmente ciò significa “finire il compito“. Non so a voi, ma a me ricorda molto l’eufemismo “operazione finale” utilizzato negli anni quaranta nella Germania nazista. Sul loro sito, nella lista delle popolazioni da convertire vi sono, ovviamente, anche i Korubo dell’Amazzonia.

Finanziamenti sporchi

Non apro il capitolo dei finanziamenti, in quanto non ho abbastanza dati né certezze in merito. Accenno solo al fatto che nelle FAQ del sito, alla domanda “come vengono pagati i lavoratori di Ethnos360?” la risposta è la seguente.

I lavoratori di Ethnos360 sono responsabili del sostegno finanziario per pagare le loro spese salariali. Per questo dovranno guardare a Dio, confidando solo in Lui, comunicando la loro condizione economica alle chiese che li inviano in missione nonché ad altri individui interessati.

Certo non è la prima associazione che sostiene i suoi dipendenti con donazioni da parte di privati. Ma non bisogna perdere di vista il modo in cui queste persone utilizzano i soldi che ricevono: indottrinare, invadere, contagiare e sfruttare il territorio di popoli che erano fino a questo momento riusciti a vivere una vita lontano dalle sporche dinamiche economiche dell’era moderna.

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di Iris Andreoni
Mar 26, 2020
Nata a Milano nel 1991 ma bergamasca di adozione, è tornata nella sua città natale per conseguire la laurea specialistica in Lettere Moderne, un corso di studi che ha cambiato la sua vita e il suo punto di vista sul mondo. Ha infatti imparato ad approfondire e affrontare criticamente argomenti di varia natura e dare in questo modo priorità a ciò che nella vita è davvero importante. Il rispetto per l’ambiente è una di queste cose e, grazie ad alcuni libri e documentari, ma anche dopo due viaggi in Asia, Iris si interessa in modo particolare a questo ambito. Durante l’università scrive recensioni e interviste sul blog letterario Viaggio nello Scriptorium e, terminati gli studi, si appassiona al mondo del giornalismo, decidendo di sfruttare il grande potere della scrittura per comunicare al mondo i suoi interessi e le notizie più importanti. Collabora come redattrice con il giornale Bergamo Post e ha poi l’onore di frequentare il Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti organizzato da Legambiente. Qui conosce altri aspiranti giornalisti e insieme decidono di dare il loro contributo per informare l’Italia riguardo all’emergenza ambientale cui stiamo assistendo e di cui non molti sembrano essersi accorti. Per l’Ecopost Iris si occupa della redazione di contenuti e comunicazione sui Social Media.

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