Nove soci fondatori ed un unico fine. Preservare o, dove possibile, rimpolpare la rete boschiva sul territorio italiano. Lo scopo del Fondo Forestale Italiano è quello di “contrastare cause ed effetti dei cambiamenti climatici mediante attività di forestazione“. Uno statuto ferreo che vieta tassativamente qualsivoglia tipo di taglio a scopo economico, fondato su un principio di conservazione dello stato naturale dei boschi.
Lo statuto del Fondo Forestale Italiano
Nato circa un anno e mezzo fa, il Fondo Forestale Italiano assume la forma giuridica di ONLUS. L’associazione, si legge nel loro sito, non ha infatti scopi di lucro e porta avanti la sua attività solo grazie “a donazioni di denaro e/o di terreni”.
Non è infatti permesso né vendere i terreni né tanto meno vendere le quote di CO2. Quest’ultima è una pratica ormai troppo diffusa nel mercato odierno e che, spesso, rischia di “giustificare” azioni irriguardose nei confronti dell’ambiente mettendo in pace le coscienze di chi, invece, almeno un pochino dovrebbe sentirsi in colpa.
Per fare un esempio sono tantissime le compagnie aeree che hanno inserito la possibilità di compensare le emissioni generate dal passeggero, tramite il conferimento di una piccola quota aggiuntiva al prezzo del biglietto. Si suppone che questi soldi siano poi investiti in progetti di rimboschimento, come può essere quello del Fondo Forestale Italiano senza che tuttavia, al momento, ci sia abbastanza trasparenza a riguardo.
“Il problema di questa pratica – ci spiega Emanuele Lombardi, presidente dell’Associazione e perito industriale ENEA – riguarda la mancanza di un vero e proprio effetto benefico. Noi portiamo avanti la nostra mission che ha l’obiettivo di catturare quanta più CO2 possibile dall’atmosfera per avere un effettivo positivo sull’ambiente. Se iniziassimo a vendere queste “quote” di CO2 da noi guadagnate questo effetto si azzererebbe finendo per fare a pari con l’attività di chi, invece, non si è fatto più di tanti problemi ad inquinare”.
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Un punto di vista che si distacca da quella che potrebbe essere una delle principali fonti di guadagno della ONLUS ma che la dice lunga sulla coerenza dei soci fondatori.
L’attività del FFI
Seppure di recente formazione il FFI, acronimo di Fondo Forestale Italiano, ha già ottenuto i suoi primi risultati. All’interno della sua rete può infatti già vantare quasi 40 ettari di terreni di proprietà. “L’unico modo che si ha per fare boschi in Italia è quello di avere terreni di proprietà” – prosegue Lombardi – “La terra che abbiamo a disposizione è principalmente frutto di donazioni. Dobbiamo inoltre sempre tenere in considerazione che i processi di rimboschimento sono molto lunghi. Ci possono volere decenni per creare un bosco dal nulla. Bisogna dare tempo alla natura di fare il suo decorso.
Sebbene in Italia le zone boschive siano, in generale, molto manipolate dall’attività umana, noi preferiamo lasciare che l’ecosistema si sviluppi in modo naturale. Il nostro scopo, oltre che quello di difendere la natura, è anche quello di restituire i terreni da noi utilizzati per le nostre attività alle comunità locali. Organizziamo progetti educativi e visite per rimettere in contatto chiunque lo desideri con la natura. I nostri spazi sono concepiti in modo che possano costituire un valore aggiunto per le persone che abitano nelle zone limitrofe”.
Il Fondo Forestale Italiano offre anche la possibilità, a chiunque abbia un terreno incolto, di affiliarsi al suo programma. “Stiamo pensando di fornire un servizio di assistenza a chiunque voglia affiliarsi al nostro progetto. Sebbene infatti sia sempre una buona cosa piantare un albero, la legge italiana permette solo la piantumazione di specie autoctone e tipiche della zona”.
Più boschi, meno cemento
Uno dei più grandi problemi del nostro paese riguarda l’eccessiva cementificazione, con tutte le conseguenze che questo ha sulla salvaguardia degli ecosistemi. Ed è proprio in questo senso che il Fondo Forestale Italiano assume una grande importanza. Al momento, infatti, in Italia non ci sono grossi problemi di deforestazione.
Sebbene infatti qualche area venga periodicamente disboscata, il tasso con cui ciò accade non è neanche lontanamente paragonabile a quello che si sta verificando in zone molto più a rischio come l’Amazzonia, l’Indonesia o la Romania solo per citare alcuni esempi. L’importanza potenziale che il FFI può avere nella conservazione di aree verdi che, altrimenti, rischierebbero di lasciare posto a colate di cemento non è quindi da sottovalutare.
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Un esempio virtuoso di come, quando ci sia la volontà, è possibile mettere da parte i profitti e l’antropocentrismo che caratterizza la nostra epoca per portare avanti progetti mirati al benessere della comunità, senza che questo debba ad ogni costo fare parte di un disegno economico più grande. Preservare la natura e, dove possibile, ristabilirne gli equilibri. Questa è, in sintesi, la filosofia del Fondo Forestale Italiano.
Un pensiero che non possiamo fare altro che condividere. Gli alberi, i boschi e le foreste sono, al momento, una delle migliori armi che abbiamo per contrastare i cambiamenti climatici. Se da una parte ci sono le grandi aziende che non si fanno scrupoli nell’abbatterli, dall’altra si stanno moltiplicando i progetti legati alla piantumazione di alberi. La battaglia sarà lunga ed estenuante. Staremo a vedere chi ne uscirà vincitore