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Entro il 2100 tutti i coralli potrebbero sparire

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Se state pensando di trascorrere le vacanze estive ai Caraibi, anche per ammirare i loro rinomati fondali marini, sappiate che la barriera corallina in quell’area ha subito una diminuzione dell’80%. Pertanto, l’ecosistema che da essa dipendeva sarà ben meno vario e stupefacente rispetto a qualche anno fa. E la situazione non sta migliorando. Vediamo perché i coralli sono in pericolo.

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I mari si acidificano

L’uomo sta aggiungendo costantemente CO2 nell’atmosfera e gli oceani ne assorbono una grandissima parte. Solo nel corso del 2015 le acque del pianeta hanno assorbito 2 miliardi e mezzo di tonnellate di carbonio e nel 2016 altri 2 miliardi e mezzo.

Le conseguenze sono varie e tutte dannose per la vita nei mari. Innanzi tutto, con una grande quantità di CO2 l’acqua diventa acida, poiché il PH si abbassa. Prima della rivoluzione industriale, Il PH della superficie oceanica era di circa 8,2. Oggi si è abbassato a 8,1. Un calo del 0,1 significa che il mare è il 30% più acido.

Continuando con lo stesso ritmo, entro il 2050 il PH sarà di 8,0 e gli oceani saranno 150 volte più acidi rispetto all’inizio della rivoluzione industriale. Il punto di non ritorno, cioè la soglia critica entro cui i coralli spariscono e l’ecosistema marino cede, è un livello di PH pari a 7,8, ossia quello che ci aspettiamo si verifichi entro il 2100.

Ken Cladeira, studioso dell’atmosfera aveva pubblicato un articolo su Nature dicendo che nei prossimi secoli l’acidificazione potrebbe essere superiore a quella degli ultimi trecento milioni di anni.

Le conseguenze dell’acidità

Ulf Riebesell, biologo oceonografo presso il centro Helmholtz di Ricerca oceanica Kiel in Germania, spiega che l’acidità dell’acqua è dannosa perché i plancton, in questa condizione, prolificano e consumano una quantità enorme di sostanze nutritive, sottraendole agli animali più grandi e compromettendo l’intera catena alimentare.

Questo lo sappiamo anche perché alcune zone della terra hanno già un PH così basso. Nei pressi dell’isola di Ischia, per esempio, vi sono dei camini vulcanici che emettono grandi quantità di CO2 e il PH in queste aree di mare è di 7,8. Qui sono state rilevate soltanto un terzo delle specie esistenti nel resto del mare.

La minaccia ai coralli

Uno studio recente condotto da un gruppo di ricercatori australiani ha rilevato che l’estensione dei coralli sulla Grande Barriera si è ridotta del 50 percento negli ultimi 30 anni. In più, durante lo Ocean Sciences Meeting 2020 dell’American Geophysical Union, Renee Setter e Camillo Mora dell’università delle Hawaii – Manoa, hanno presentato una ricerca preoccupante. Essi dichiarano che circa il 70-90% di tutte le barriere coralline esistenti spariranno nel giro di 20 anni.

Questo è accaduto perché l’acidificazione colpisce maggiormente le creature calcificanti come i ricci, le stelle marine e anche molte specie di coralli. Nella zona con PH 7,8 vicino a Ischia, tre quarti delle specie scomparse sono calcifere. Perché quest? Spiegato semplicemente, l’acidificazione degli oceani rende lo sforzo per la calcificazione molto più “faticoso”, in quanto riduce gli elementi chimici necessari per la formazione del calcio. Elizabeth Kolbert nel suo libro “La sesta estinzione”, scrive che sarebbe un po’ come se tentassimo di costruire una casa mentre qualcuno cerca continuamente di rubarci i mattoni.

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Inoltre, l’acqua così acida è corrosiva per il carbonato di calcio, il quale, semplicemente, si scioglie. Questa corrosione si aggiunge alle già tante minacce dalle quali i coralli sono già costretti a difendersi e per cui consumano molta energia. Tra questi vi sono gli attacchi dei pesci e dei vermi che scavano tane, ma anche i colpi dati dalle onde e dalle tempeste.

Il livello di saturazione diminuisce

La CO2 in acqua, inoltre, abbassa il livello di saturazione dell’acqua. I coralli crescono con rapidità massima con un livello di saturazione dell’acqua pari a 5. Quando il livello è 2 i coralli abbandonano i processo di costruzione.

Prima della rivoluzione industriale il livello di saturazione dei mari era pari a 4 o 5. Ad oggi non esiste nessun luogo del pianeta in cui il livello sia pari o superiore a 4. Se non si abbassano i livelli di emissioni, entro il 2060 non ci sarà più una sola area con un livello maggiore a 3,5. Nel 2100, nemmeno con livelli superiori a 3.

Sbiancamento e altri problemi

I coralli hanno bisogno di calore per crescere, ma quando è troppo è molto dannoso. All’interno dei coralli vivono delle piante, dette zooxantelle, che sono la fonte del loro straordinario colore. Con il caldo, queste iniziano a produrre pericolose concentrazioni di radicali liberi dell’ossigeno, che danneggiano i coralli. I coralli, quindi, espellono queste piante e, di conseguenza, diventano bianchi. Le colonie sbiancate smettono di crescere e, se il danno è di una certa entità, muoiono.

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Altri problemi sono la pesca eccessiva e gli scarichi di rifiuti agricoli. Entrambi favoriscono la crescita delle alghe le quali concorrono con i coralli per accaparrarsi le sostanze nutritive. Alcune di queste, poi, con l’acidificazione degli oceani diventano tossiche. L’uomo ha poi inventato la pesca con dinamite, il cui potenziale distruttivo si spiega da sé.

Infine, le sostanze inquinanti riversate ogni anno negli oceani dall’uomo, rendono il corallo soggetto ad agenti patogeni. Uno di questi è causa di un’infezione batterica detta white band desease, che produce una banda bianca con tessuto necrotico. E’ a causa di questa infezione che la presenza di coralli nei Caraibi è diminuita dell’80 percento.

Un ecosistema importante

Migliaia di specie si sono evolute dipendendo dalle barriere coralline, sia direttamente, per proteggersi e procurarsi il cibo, sia indirettamente, per predare altre creature in cerca di cibo o protezione. Le barriere coralline sono spesso paragonate alle foreste pluviali in quanto varietà di forme di vita che ospitano e sostengono. In un’area di circa un metro quadro sono state individuate più di 100 differenti specie.

Questa immensa catena evolutiva è stata attiva varie ere geologiche, ma gli scienziati dicono che no resisterà all’Antropocene. E’ probabile infatti che i reef siano il primo ecosistema aggiungere l’estinzione ecologica nell’era moderna.

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Cosa fare?

I ricercatori hanno avvisato che il riscaldamento climatico è il maggior killer, non l’inquinamento,che solo una piccola parte della minaccia. “Provare a pulire le spiagge è una cosa buona ed è fantastico provare a combattere l’inquinamento dei mari. Dobbiamo proseguire con questi sforzi”. Spiega Renee Setter dell’Università delle Hawaii. “Ma, alla fine, combattere il cambiamento climatico è quello che realmente serve per proteggere i coralli”.

Finché però non si agisce a monte, con azioni radicali da parte dei governi di tutto il mondo, c’è chi ha pensato di farlo a valle, limitando i danni. L’Istituto italiano di tecnologia (Iit), in collaborazione con il centro di ricerca marina dell’università di Milano-Bicocca situato alle Maldive hanno inventato i cerotti per i coralli. Si tratta di cerotti speciali, biocompatibili e biodegradabili, che si applicano sulle parti lesionate del corallo e rilasciano princìpi attivi di vario tipo, come antibatterici, antiprotozoari e antifungini, ognuno dei quali capace di curare una specifica patologia.

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di Iris Andreoni
Feb 27, 2020
Nata a Milano nel 1991 ma bergamasca di adozione, è tornata nella sua città natale per conseguire la laurea specialistica in Lettere Moderne, un corso di studi che ha cambiato la sua vita e il suo punto di vista sul mondo. Ha infatti imparato ad approfondire e affrontare criticamente argomenti di varia natura e dare in questo modo priorità a ciò che nella vita è davvero importante. Il rispetto per l’ambiente è una di queste cose e, grazie ad alcuni libri e documentari, ma anche dopo due viaggi in Asia, Iris si interessa in modo particolare a questo ambito. Durante l’università scrive recensioni e interviste sul blog letterario Viaggio nello Scriptorium e, terminati gli studi, si appassiona al mondo del giornalismo, decidendo di sfruttare il grande potere della scrittura per comunicare al mondo i suoi interessi e le notizie più importanti. Collabora come redattrice con il giornale Bergamo Post e ha poi l’onore di frequentare il Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti organizzato da Legambiente. Qui conosce altri aspiranti giornalisti e insieme decidono di dare il loro contributo per informare l’Italia riguardo all’emergenza ambientale cui stiamo assistendo e di cui non molti sembrano essersi accorti. Per l’Ecopost Iris si occupa della redazione di contenuti e comunicazione sui Social Media.

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