Abbiamo fatto un passo avanti e tre indietro. Quello avanti è stato fatto nel 2016 quando è stata legalizzata la cosiddetta “marijuana light”. Quest’ultima è quasi priva di TCH, la sostanza stupefacente presente nella cannabis tradizionale. Pertanto, la cannabis light non ha alcun effetto psicotropo sull’organismo.
Posti di lavoro e introiti milionari
Sono stati poi aperti migliaia di negozi e attività legati alla vendita di cannabis light con più di 1500 aziende specializzate nel settore. Moltissimi agricoltori, soprattutto i più giovani, hanno investito terreno, lavoro ed energie nella coltivazione della cannabis, vedendo in questa un futuro migliore, per loro stessi e per il pianeta. In nemmeno tre anni sono stati rimessi a coltivazione più di tremila ettari di terreno. Concretamente, la canapa ha creato un introito di 150 milioni di euro e 10 mila nuovi posti di lavoro (negozianti, agricoltori, marchi nati per il commercio). Inutile dire che tutto questo era una potenziale ancora di salvezza per l’economia italiana ormai alla deriva.
I benefici ambientali
Per non parlare poi dei benefici ambientali di questa pianta, che abbiamo ampiamente spiegato in un articolo del blog. Riassumendo molto, la canapa è una pianta molto efficiente in quanto si possono usare tutte le sue parti. Cresce a una velocità altissima, solamente con molto sole, poca acqua e non ha bisogno di pesticidi. Da essa si possono ricavare carta e tessuti, un olio e una farina molto proteici e salutari, cosmetici naturali e persino materiali per l’edilizia.
Nel lungo periodo avrebbe poi ridotto lo spaccio nel mercato nero, magari inducendo i giovanissimi a desistere dal comprare per strada la sostanza realmente stupefacente e prediligere invece quella innocua, controllata e tassata regolarmente.
Ieri 30 maggio 2019 la Cassazione di Roma ha invece dichiarato che questa pianta non può più essere venduta né coltivata. Ed ecco quindi i tre passi indietro: il danno all’economia, il danno all’ambiente e il nutrimento al mercato nero. Come aveva detto il Presidente dell’Associazione Italiana Cannabis Light: “Se dovessero cambiare la legge provocherebbero un danno economico senza precedenti in un settore in pieno sviluppo. Il nostro obiettivo, però, non è solo vendere. Vogliamo tutelare tutta la filiera della canapa e mettere in atto un vero e proprio messaggio di sensibilizzazione culturale sui benefici che questa pianta può dare a tutti. Chi compra l’erba si informa anche sulla pasta, sulle proprietà dei prodotti alimentari o cosmetici: scopre un mondo che non conosceva”.
Una retrocessione culturale
Un altro elemento importante, infatti, è la retrocessione in ambito culturale. L’indice puntato su un prodotto che in sé per sé non ha nulla di pericoloso né dannoso alimenta l’ignoranza nei confronti delle droghe pesanti, oltre che di altre sostanze e alimenti realmente molto dannosi ma comunque legali come l’alcol, il fumo e persino lo zucchero raffinato. Questi hanno ormai uno spazio troppo grande nell’economia e nel mercato mondiale e illegalizzarli andrebbe contro l’interesse di troppi. E, in ogni caso, non sarebbe la soluzione più intelligente, visto che il proibizionismo è già stato sperimentato e non ha ottenuto i risultati sperati. La soluzione ottimale sarebbe piuttosto quella di investire risorse sul piano culturale, diffondendo le reali informazioni legate a queste sostanze e promuovendone il consumo moderato.