Quando si parla di eventi estremi legati ai cambiamenti climatici si ha sempre l’impressione che siano qualcosa di lontano. Qualcosa che non ci riguarda in prima persona. Niente di più diverso dalla realtà: negli ultimi dieci anni in Italia sono stati rilevati 946 eventi meteorologici estremi in 507 Comuni. Sono i dati che emergono dal nuovo rapporto dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente Rapporto 2020. Il rapporto presenta una mappa dei territori colpiti da fenomeni estremi tra il 2010 e il 2020. Gli eventi estremi hanno causato un numero impressionante di vittime e di danni in tutta Italia. Tuttavia, la politica sembra ancora immobilizzata in una logica emergenziale. Secondo il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini, la governance oggi non funziona: un cambio di rotta è di fondamentale importanza.
Danni significativi
Gli eventi estremi hanno segnato il territorio. I Comuni italiani hanno visto succedersi 416 casi di allagamenti da piogge intense, 319 dei quali avvenuti in città, che hanno determinato:
- 347 interruzioni e danni alle infrastrutture con 80 giorni di stop a metropolitane e treni urbani;
- 14 casi di danni al patrimonio storico-archeologico;
Inoltre, sono stati registrati:
- 39 casi di danni provocati da lunghi periodi di siccità e temperature estreme;
- 257 eventi con danni dovuti a trombe d’aria;
- 35 casi di frane causati da piogge intense
- 118 eventi (89 avvenuti in città) da esondazioni fluviali.
Risultano sempre più drammatiche le conseguenze dei danni da trombe d’aria, che nel Meridione sferzano le città costiere. Al Nord invece si concentrano nelle aree di pianura. Più forti e prolungate le ondate di calore nei centri urbani. Qui infatti, la temperatura media cresce a ritmi più elevati che nel resto d’Italia. Inoltre, i fenomeni alluvionali presentano quantitativi d’acqua che normalmente cadrebbero in diversi mesi o in un anno. Ora, invece, si riversano nelle strade in poche ore e sono seguiti sempre più spesso da lunghi periodi di siccità di cui abbiamo parlato anche in questo articolo.
Dove gli eventi estremi colpiscono di più
Le aree urbanizzate sono le più colpite perché “le più popolose e spesso sprovviste di una corretta pianificazione territoriale, nonché le più esposte agli effetti del cambiamento climatico” secondo il rapporto. Roma è un caso clamoroso. Dal 2010 a ottobre 2020 si sono verificati nella capitale 47 eventi estremi, 28 dei quali riguardanti allagamenti in seguito alle piogge intense. Le altre città maggiormente colpite sono Bari, seguita da Agrigento e Milano.
Un 2020 catastrofico: morti per eventi estremi in aumento
I dati riportati da Legambiente che riguardano solamente il 2020 sono allarmanti. Dall’inizio di quest’anno a fine Ottobre, si sono verificati 86 casi di allagamento da piogge intense e 72 casi di trombe d’aria. Eventi estremi che risultano in forte aumento rispetto ai 54 casi dell’intero 2019 e ai 41 registrati nel 2018. Inoltre, 15 esondazioni fluviali, 13 casi di danni alle infrastrutture, 12 casi di danni da siccità prolungata, 9 frane da piogge intense. Ad aumentare sono gli eventi estremi che riguardano contemporaneamente anche due o più categorie. Inoltre, gli episodi tendono a ripetersi nei comuni dove si erano già verificati in passato.
Gli eventi estremi mietono vittime, soprattutto. 251 morti sono stati contati nel decennio 2010-2020, di cui 42 riferiti al solo 2019, in aumento rispetto ai 32 del 2018. 50 mila, invece, rileva il CNR, le persone evacuate in seguito a frane e alluvioni. Secondo il Climate Risk Index di Germanwatch, tra il 1999 e il 2018 l’Italia ha registrato complessivamente 19.947 morti. Con questi numeri, l’Italia è al sesto posto nel mondo per numero di vittime causate dagli eventi estremi.
Richieste e proposte di Legambiente
Nel rapporto, Legambiente passa in rassegna una serie di buone pratiche già attive all’estero e in diverse città italiane. Esse spaziano dai regolamenti edilizi sostenibili allo smart mapping e alla tutela delle aree verdi estensive alberate. Sono elencati anche interventi mirati come il detombamento dei corsi d’acqua, il drenaggio, il rallentamento delle acque meteoriche e l’installazione dei semafori anti-allagamento per prevenire fenomeni alluvionali. L’associazione propone inoltre di cambiare le regole d’intervento attraverso:
- L’approvazione immediata del piano di adattamento climatico;
- Il rafforzamento delle Autorità di distretto e dei Comuni negli interventi contro il dissesto idrogeologico,
- L’approvazione di una legge che porti a un cambio delle regole d’intervento con un patto tra Governo, Regioni e Comuni.
L’Italia preferisce ancora curare che prevenire
Nonostante l’indiscutibile gravità dei dati, “l’Italia rimane oggi l’unico grande Paese europeo senza un piano di adattamento al clima” – afferma Zanchini. Le perdite economiche a causa di eventi estremi sono state di 32,92 miliardi di dollari tra il 1999 e il 2018. Sconcertante è il rapporto tra la spesa per riparare i danni e per prevenire. Dal 2013 infatti il nostro Paese ha speso una media di 1,9 miliardi l’anno per riparare i danni e soltanto 330 milioni per la prevenzione. È un rapporto di 6 a 1 “che è la ragione dei danni che vediamo nel territorio italiano” – continua Zanchini. L’Italia continua a rincorrere le emergenze, dunque, cercando di arginare i danni. Tuttavia, un progetto di pianificazione lungimirante è fondamentale. A questo proposito si attende l’approvazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (Pnacc) come anche augurato da Legambiente. Il piano è basato sulla Strategia Nazionale Adattamento al Clima (Snac) adottata nel giugno 2015 ma dopo sei anni non è ancora stato approvato.
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