“L’Italia è diventata l’hotspot dei cambiamenti climatici”. È con questa frase che Marco Damilano, direttore de L’Espresso, ha introdotto, durante una puntata di Propaganda Live, la presentazione dell’ultimo libro di Stefano Liberti, intitolato “Terra bruciata“, in cui il giornalista d’inchiesta, già autore di diversi titoli e documentari di assoluto livello sul cambiamento climatico, spiega come il nostro paese sia diventato una delle aree geografiche più colpite dall’avanzare del riscaldamento globale. Gli ultimi esempi sono le inondazioni che durante questo weekend hanno colpito la Liguria e il Piemonte. Mentre i politici si facevano vanto del corretto funzionamento del Mose, che ha salvato Venezia dalla seconda “acqua alta” degli ultimi dodici mesi, le due regioni settentrionali stavano vivendo una tragedia annunciata.
Le inondazioni di Piemonte e Liguria
Partiamo dai fatti dello scorso weekend. Nella giornata di sabato una bomba d’acqua ha colpito la parte nord occidentale del Paese, con ingenti danni alle infrastrutture locali e non solo. Sono 20 le persone disperse, e ci sono anche due vittime già accertate.
A Ventimiglia, città di confine tra Italia e Francia, il fiume Roya ha rotto gli argini, devastando una città che ora si trova in ginocchio. I danni sono incalcolabili.
Il livello del fiume Sesia, in Piemonte, è salito fino a 8 metri e mezzo, provocando un alto numero di esondazioni in diverse aree della regione e stabilendo l’ennesimo record targato “climate change”. Le città di Borgosesia, Mergozzo e Candoglia sono state colpite da 214 mm di pioggia in 12 ore. Una serie di disgrazie che si aggiungono alla lunga lista di disastri ambientali a cui abbiamo dovuto assistere in quest’annata a dir poco travagliata. Nel mentre siamo costretti a raccogliere nuovamente i cocci di un paese che, come diciamo da tempo, sta subendo e continuerà a subire le conseguenze del riscaldamento globale, in un contesto aggravato da gravi problemi di cementificazione e dissesto idrogeologico. Due fattori che spianano la strada a catastrofi di questo tipo.
L’hotspot dei cambiamenti climatici
L’espressione usata da Stefano Liberti e Marco Damilano per descrivere la situazione attuale è a dir poco azzeccata. La frequenza e l’intensità di fenomeni meteorologici estremi verificatisi nel nostro paese stanno aumentando a vista d’occhio. Solamente negli ultimi venti giorni ,oltre alle zone sopra citate, anche quelle di Livorno, Napoli e Milano hanno dovuto fare i conti con eventi simili.
A Rosignano Marittimo, in Toscana, tra il 25 e il 26 settembre, una tromba d’aria ha causato tre feriti e distrutto le case di quattro persone, che sono state evacuate. Ingenti i danni anche alle infrastrutture, con palestre scoperchiate, alberi caduti ed una tensotruttura completamente crollata.
Negli stessi giorni le condizioni meteorologiche avverse hanno spaventano anche i cittadini campani. Alla Pignasecca (Napoli), una tettoia si è staccata da un palazzo cadendo su alcune bancarelle del mercato. Solamente una fortunata coincidenza ha fatto sì che non ci fossero vittime. Allo stesso tempo Salerno veniva colpita da una tromba d’aria, con ingenti danni alle infrastrutture locali. Alcune frazioni della città sono restate isolate. Gli interventi dei vigili del fuoco sono stati più di quaranta.
Anche la Lombardia non è restata indenne. A Luvinate, un sessantunenne è rimasto ucciso mentre faceva jogging. A Tradate una tromba d’aria ha scoperchiato il tetto dell’ospedale, distruggendo anche alcune sale operatorie. A Castelvaccana due persone sono rimaste sommerse da fango e detriti all’interno della loro abitazione, con i vigili del fuoco che sono riusciti a soccorrerli solamente nella giornata successiva. A Lazzate, in Brianza, il tetto della scuola elementare è stato portato via da una tromba d’aria mentre si stavano regolarmente svolgendo le lezioni. Le risaie situate tra Pavia e Novara sono state vittima di una gradinata, facendo perdere, ad alcune aziende, il 100% del raccolto. Nell’alto Mantovano i campi di mais sono stati distrutti.
In Veneto, dove Venezia si è salvata solo grazie al Mose, una grandinata ha colpito vaste zone della regione, con chicchi grandi come palline da tennis. Nel frattempo in alcune località ad alta quota del Nord Italia sono arrivate le prime nevicate, in largo anticipo rispetto agli scorsi anni.
Tutto questo, lo ribadiamo, solamente nelle ultime due settimane.
Gli altri disastri ambientali
Se invece ci sforziamo di andare poco più a ritroso con la memoria, per ricordare gli eventi catastrofici che hanno messo in ginocchio diverse parti d’Italia negli ultimi dodici mesi, la lista si allunga ulteriormente:
- 17 agosto 2020: Forte pioggia e grandine a Torino. Strade e cantine allagate, alberi caduti e trasporto pubblico immobilizzato.
- 30 agosto 2020: Forte grandinata nell’anconetano Centinaia di auto, finestre e persiane danneggiate. Alberi abbattuti.
- 12 novembre 2019: Acqua alta a Venezia. Danni incalcolabili per la città. 2 vittime.
- 12 novembre 2019: Inondazioni in Basilicata e Puglia. Decine di città gravemente danneggiate da un Ciclone Mediterraneo.
- 15 luglio 2020: Bomba d’acqua a Palermo, con cittadini che lasciano le auto sommerse dalla pioggia e nuotano nelle strade per salvarsi.
Tutto questo solo in Italia, e solo nell’ultimo anno. E i media parlano ancora di “maltempo”, divenendo in questo modo complici di una classe politica che, nonostante i ripetuti campanelli d’allarme, continua a non affrontare il problema con l’urgenza che merita. Immediata l’indignazione dei volti noti del panorama ambientalista italiano che, all’unisono, hanno posto l’attenzione sulla vera causa di queste catastrofi: il cambiamento climatico.
E non si può neanche dire che tutto questo non fosse prevedibile. Da decenni ormai gli scienziati del clima descrivono alcune delle conseguenze del riscaldamento globale come “un aumento nell’intensità e nella frequenza di fenomeni meteorologici estremi”. Così come si sa ormai da tempo che la nostra cara Italia sarà tra i paesi a subirne maggiormente i danni, sia per collocazione geografica, sia per composizione morfologica, in un contesto aggravato da un tasso di cementificazione tra i più alti del mondo. Eppure siamo ancora qui a raccontare di queste tragedie, mentre i politici del nostro paese postano compiaciuti sui social la messa in atto del sistema Mose, quando a 200 chilometri di distanza c’è gente che perde la vita sotto i colpi del riscaldamento globale e non è ancora stata messa nero su bianco una strategia credibile per decarbonizzare il paese nel più breve tempo possibile, tenendo anche conto delle misure di adattamento utili ad arginare i danni che fenomeni di questo tipo continueranno a causare nei decenni a venire.
Siamo in emergenza. È “collasso climatico”
Alla luce di questi avvenimenti e, soprattutto, delle migliaia di ricerche scientifiche portate a termine sul tema, non ci si può più nascondere dietro a slogan inconcludenti. Siamo nell’epoca dei cambiamenti climatici ed il nostro paese rischia il collasso, per non parlare di altre zone del pianeta che sono ancora più a rischio della nostra. Ormai non passa giorno senza che, in qualche parte del mondo, non si verifichi un disastro ambientale. Incendi, alluvioni, frane, ghiacciai che si staccano, morie di animali e pesci, sono tutti avvenimenti che ormai non sorprendono più, data la loro frequenza. Così come non va dimenticato che la pandemia globale in atto è direttamente associabile al delirio di onnipotenza che ha permesso all’uomo di devastare la natura che ci circonda. Ora più che mai è giunto il momento di interrogarsi su questi problemi, per proporre soluzioni globali ed inclusive che non lascino indietro nessuno. Proprio in questo senso, è fondamentale continuare ad alzare la voce per innalzare il cambiamento climatico a tema centrale all’interno del dibattito pubblico ed alfabetizzare la popolazione su un qualcosa che rischia di affossarci senza che la maggior parte di noi se ne accorga.
Fridays For Future ripartirà questo venerdì con lo sciopero globale e manifesterà anche nelle piazze italiane, in tutta sicurezza e secondo le normative anti Covid vigenti. Extinction Rebellion ha dato inizio ieri ad una settimana di “ribellione” a Roma. Migliaia di gruppi di attivisti in tutto il mondo stanno combattendo giorno dopo giorno, per assicurare alle future generazioni un pianeta che sia quanto meno vivibile. Quella che per decenni è stata “solo” una teoria scientifica senza riscontro effettivo, oggi è più reale che mai. E i cittadini di tutto il mondo, compresi quelli italiani, ne stanno pagando le conseguenze. Serve una svolta politica, mediatica e mentale, oltre ad un esame di coscienza collettivo che ci porti ad ammettere di aver sbagliato su, quasi, tutta la linea. Il tutto nel più breve tempo possibile. Solo a queste condizioni potremo salvarci dal “collasso climatico”.