Sonic Sea, letteralmente mare sonico, è il titolo del documentario del 2016 diretto da Michelle Dougherty e Daniel Hinerfield, vincitore di diversi premi tra cui anche due Emmy Awards. Si tratta di un importante contributo di denuncia contro un fenomeno di cui non si immaginava nemmeno l’esistenza fino a pochi decenni fa: l’inquinamento acustico nei mari e negli oceani causato dall’uomo. Della durata di poco meno di un’ora, il documentario riassume chiaramente le maggiori cause di disturbo per la vita degli esseri marini, in particolare dei cetacei, e di alcuni eventi chiave che hanno portato alla luce questa problematica.
Nella vita quotidiana di città siamo costantemente sottoposti a fonti di inquinamento gestite secondo normative specifiche e, fra queste, il suono non è da sottovalutare. Probabilmente per chi abita vicino a una stazione o un grande centro metropolitano, o semplicemente ha dei vicini di casa particolarmente irrispettosi può non sembrare una novità, ma gli effetti prolungati all’essere sottoposti ad alti livelli sonori possono avere seri danni per la salute fisica e mentale. Tra questi ricordiamo: irritabilità, disturbi del sonno, danni al cuore e perfino una riduzione delle capacità cognitive nei bambini secondo un rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente.
Purtroppo non vi sono altrettante attenzioni per quanto riguarda l’inquinamento sonoro dei mari. E questo fatto è ancora più grave se si considera che l’acqua è un ottimo mezzo per la propagazione di onde sonore. Così come la luce riesce ad attraversare l’aria, allo stesso modo il suono si diffonde negli oceani. Ed è anche per questo motivo che diverse specie marine si affidano al suono per la loro sopravvivenza, poiché la luce non penetra a sufficienza sotto il livello del mare per consentire loro di orientarsi con la vista.
I cetacei, in particolare, hanno sviluppato un’abilità nel generare suoni così elaborati da essere considerati al pari di una lingua parlata e riescono a farsi sentire per migliaia di chilometri di distanza. Ad esempio, un cucciolo di balena sarebbe in grado di ritrovare la madre anche da una parte all’altra dell’oceano se si perdesse, grazie alla facilità del suono di raggiungere grandi distanze in acqua. Tuttavia, poiché queste capacità sono sfruttate per nutrirsi, accoppiarsi, proteggersi dai pericoli e, in breve, per vivere, i cetacei sono incredibilmente sensibili all’inquinamento acustico.
Quello che non sapevamo
Il fattore di cui non si era a conoscenza fino a non molti anni fa, era la quantità di pressione sonora prodotta artificialmente dall’uomo sotto la superficie dell’acqua. Nella pellicola Sonic Sea vengono individuate e approfondite tre principali fonti inquinanti: il traffico navale, le esplorazioni petrolifere dei fondali marini e i sonar.
- Traffico marittimo: il traffico nautico comprende numerose attività umane, a partire dalle navi da cargo e la pesca fino a giungere alle navi da crociera e i traghetti. L’incremento delle connessioni via mare, in particolare, è stato molto influenzato da processi di globalizzazione. Ad oggi, la maggior parte degli scambi commerciali avviene via nave e in quantità di quattro volte superiori agli anni settanta. Le navi di grandi dimensioni producono diversi “rumori silenziosi” all’orecchio umano (per es. vibrazione del motore, frizione dello scafo contro l’acqua e il rumore causato dalle eliche), ma che sono udibili da alcune specie, come la balenottera comune, e si sovrappongono ai loro suoni, causando interferenze sempre maggiori con l’intensificarsi delle rotte navali.
- Indagini geosismiche con airgun: ad avere un impatto più diretto è uno degli strumenti utilizzati nelle indagini geosismiche con lo scopo di trovare nuovi giacimenti di petrolio o gas sul fondo del mare. Tale strumento viene chiamato airgun, ed è di fatto un’arma ad aria compressa che invia onde d’urto verso il fondale marino. L’analisi delle onde di ritorno permette di comprendere molte cose sulla conformazione geofisica della zona, tuttavia, è una fonte ad alto impatto sui mammiferi marini. Esso produce vere e proprie esplosioni subacquee che possono danneggiare l’udito anche in maniera permanente, se non addirittura causare la morte.
- Sonar: infine, un’altra tecnologia ampiamente utilizzata dalla marina militare, ma non solo, è il sonar. Con un ampio range di frequenze i sonar si sono rivelati estremamente pericolosi lesionando l’apparato uditivo e anche tessuti cerebrali dei cetacei. Inoltre, per sfuggire a questi suoni, spesso gli animali riemergono verso la superficie con troppa velocità, il che, come ogni esperto di immersioni saprà, può causare emboli letali. Questo fenomeno è stato anche ricollegato a diversi episodi di spiaggiamento in massa di cetacei, come narrato nel documentario.
Le immagini e le registrazioni riportate in Sonic Sea sono una prova evidente di come l’insieme di questi fattori possano avere un effetto devastante nel breve e lungo termine sulla vita dei cetacei. Gli animali nel mare non hanno modo di abbassare il volume quando è troppo alto, non hanno né via di fuga né mezzi per proteggersi e bisogna quindi tenerne conto nello svolgimento delle attività umane.

Sfortunatamente il Mar Mediterraneo non fa eccezione a questo tipo di inquinamento. Infatti, sebbene rappresenti una superficie minima rispetto alla totalità degli oceani della Terra, ospita fino al 15% del traffico marittimo mondiale. Non bisogna dimenticare che sul totale della diversità di specie marine conosciute il 7,5% si trova nel Mediterraneo e si contano 8 specie di cetacei che frequentano abitualmente queste acque, tra cui la balenottera e il delfino comune, il capodoglio, lo zifio e la stenella striata. Su alcune di queste specie non vi sono dati sufficienti per conoscerne lo stato di conservazione, mentre le rimanenti sono considerate vulnerabili o in pericolo di estinzione. Di conseguenza, l’inquinamento acustico potrebbe giocare un ruolo chiave per il futuro di questi cetacei.
Per ulteriori informazioni si veda il report del WWF aggiornato al 2021.
Cosa si può fare
Sebbene il problema possa sembrare insormontabile, esistono alcune alternative per mitigare l’inquinamento acustico subacqueo. Si tratta di miglioramenti sia tecnologici che logistici nati dalla riflessione su come raggiungere una migliore convivenza dell’uomo con entità non umane nei nostri mari.
Un semplice esempio potrebbe essere l’imposizione di limitazioni delle attività antropiche in aree in cui sono presenti specie a rischio di estinzione, o durante il periodo delle migrazioni e degli accoppiamenti. Allo stesso tempo è possibile usare tecnologie alternative per rendere le navi più efficienti e ridurre le frequenze, oltre che limitare la potenza della fonte sonora nel caso in cui siano avvistate specie sensibili.
In definitiva, esistono delle possibilità di miglioramento, ma rimane di fondamentale importanza portare avanti le ricerche in questo campo per avere dati sempre più aggiornati sulla sensibilità di ogni specie e degli effetti delle nostre abitudini sulle loro. Solo così si potranno portare avanti campagne di informazione volte anche alla creazione di norme per la protezione della biodiversità più specifiche e stringenti.
Dove vedere Sonic Sea
Il documentario non è facilmente reperibile attraverso le piattaforme di streaming, tuttavia, all’interno del sito dedicato al documentario si può trovare una sezione apposita per richiedere delle proiezioni per scuole, università o altre organizzazioni.
In alternativa, sempre sul sito sonicsea.org è possibile acquistare la visione del documentario su Vimeo On Demand per 2,49$.
Per chi ha confidenza con l’inglese e poco con il tema, Sonic Sea è l’opzione perfetta. Guardare questo documentario è un modo semplice ma efficace per cominciare ad informarsi ed ottenere una visione generale del problema. La presenza di alcune registrazioni ed immagini forti è di grande impatto sensoriale, ma in maniera positiva. Infatti, nessun articolo scritto potrà darci la sensazione di avvicinarci alla vita di una balena o di un delfino allo stesso modo.