Molti dei nostri lettori avranno visto le foto impressionanti del sovraffollamento turistico di questa estate, soprattutto per quanto riguarda le code nei sentieri delle principali mete alpine. Si tratta del cosiddetto Overtourism, il fenomento che si verifica quando l’impatto dei turisti influisce eccessivamente sui luoghi visitati, alterando in negativo la vita della comunità o dell’ambiente. Abbiamo intervistato Andrea Pasqualotto, operatore turistico di Kailas Trekking Viaggi, che ha cercato di offrire proposte escursionistiche alternative e rispettose dell’ambiente.
Overtourism definizione: il turismo “mordi e fuggi”
Il termine Overtourism, anche detto “turismo insostenibile”, è diventato di moda negli ultimi anni. Infatti, a causa dell’avvento dei social network, il turismo ha notevolmente cambiato le sue caratteristiche, diventando sempre più “mordi e fuggi”. Flussi imponenti di visitatori si recano nelle mete più famose, come per esempio il Lago di Braies nelle Dolomiti, per scattare foto mozzafiato e poi dirigersi verso un altro luogo da immortalare e postare sui social. Ciò produce effetti devastanti sull’ambiente e sulle comunità locali: la flora e la fauna sono le prime vittime, a causa dell’inquinamento e dell’accumulo di rifiuti. Ma anche dal punto di vista sociale l’overtourism rappresenta una vera e propria minaccia. Le città diventano invivibili a causa dell’aumento dei prezzi; tutte le attività lavorative vengono finalizzate a favore della soddisfazione del turista e i residenti tendono a fuggire e a trasferirsi altrove.
L’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO) definisce la capacità di tenuta del turismo come “il numero massimo di persone che possono visitare una meta turistica nello stesso momento senza causare la distruzione dell’ambiente fisico, economico o socio-culturale e un decremento inaccettabile nella qualità di soddisfazione dei visitatori”. Il turismo può essere quindi definito “sostenibile” solo se nella sua gestione si tiene conto tanto dei visitatori quanto dei residenti del luogo, flora e fauna comprese. Il turismo sostenibile non è un’utopia, può essere realizzato tramite un’attenta gestione dei flussi, la diversificazione delle destinazioni e la valorizzazione di realtà virtuose. In questo senso, abbiamo voluto dare voce a un operatore turistico attivo nelle montagne alpine, le zone più interessate dal fenomeno dell’overtourism.
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Intervista a Andrea Pasqualotto. Il turismo responsabile è possibile
Andrea, com’è nata la tua passione e che cosa ti ha avvicinato alla sostenibilità?
“La sostenibilità è un chiodo fisso che ho sempre cercato di mettere al centro delle mie attività, facendo diventare la mia passione – la natura, il camminare e la montagna – la mia professione. Ho studiato scienze ambientali per capire come funziona la nostra casa e come essere utile; poi ho scelto la strada dell’accompagnamento in natura, dell’educazione ambientale, ed in generale del turismo. Organizzo escursioni, trekking e viaggi da circa dieci anni. Partendo dalle Dolomiti, le montagne di casa dove torno appena riesco, ho avuto l’opportunità di lavorare sulle montagne più belle del mondo, dalla Patagonia all’Himalaya, dall’Islanda alle Montagne Rocciose. Vedo situazioni terribili e meravigliose in tutto il pianeta. Non credo esista un turismo sostenibile in assoluto, basta pensare che appena ci spostiamo con un mezzo produciamo un impatto. Credo però che esista una direzione da seguire per rendere il turismo più sostenibile e responsabile, e molti modi semplici e concreti per farlo”.

Gli effetti della pandemia sul turismo
Da quello che hai potuto osservare, in che modo la pandemia ha modificato il turismo nelle montagne italiane?
“Posso dire quello che ho visto con i miei occhi sulle Dolomiti e quello che mi hanno raccontato gli operatori turistici che ho incontrato. Le Dolomiti sono sempre piuttosto affollate in estate, ma quest’anno molti si sono avvicinati per la prima volta alla montagna, con il desiderio di vivere esperienze nuove, di cercare l’aria pulita e fresca che generalmente attribuiamo alla montagna, e sempre di più di collezionare cartoline. Tutti abbiamo visto le immagini delle code nelle Dolomiti, ma vi assicuro che i luoghi realmente affollati non sono tanti; sono perlopiù i Top 10 della Lonely o delle riviste patinate.
Ognuno è libero di vivere la montagna come meglio crede, non è necessario raggiungere la cima della Marmolada lungo una via ferrata per fare esperienza delle Dolomiti, e stimo tantissimo le persone che sono consapevoli dei propri limiti. Tuttavia, ho notato molta superficialità e fretta di raggiungere i luoghi più famosi e panoramici. Un giorno una persona mi ha chiesto il modo più veloce per raggiungere un determinato luogo panoramico, non il modo più facile o meno faticoso, ma proprio il modo più rapido per spuntare in pochi giorni un elenco di luoghi da vedere. Ecco, credo che questa non sia la direzione giusta, e non sto parlando di fatica e sudore, ma proprio di intensità dell’esperienza”.
Come rendere un’escursione sostenibile
Quali criteri hai adottato per rendere le tue escursioni “sostenibili”?
“Di solito in piena estate non frequento le Dolomiti, sono impegnato in altri paesi, ma per ovvi motivi ho dovuto ricalibrare le mie attività in chiave nazionale. La sfida però era quella di organizzare trekking ed escursioni in luoghi meno noti delle Dolomiti e dimostrare che non si va a perdere in bellezza. Anzi, si va a ad arricchire l’esperienza. Così ho scelto le escursioni che piacciono a me, che ancora mi sorprendono, in particolare nelle valli meridionali delle Dolomiti. Abbiamo invitato le persone a raggiungere Belluno in treno, da lì ci siamo mossi con un mezzo unico in un piccolo gruppo. Per i pernottamenti e la ristorazione abbiamo scelto piccole strutture a gestione familiare, in alcuni casi abbiamo dormito in 2-3 posti diversi. Le persone sono rimaste sorprese, in dodici giorni abbiamo visitato luoghi straordinari spesso sconosciuti anche a molti residenti locali; chiaramente abbiamo dovuto fare un po’ di fatica.
Ho fatto il conto, con due gruppi, in totale 14 persone, abbiamo coinvolto direttamente 30 strutture, tra B&b, ristoranti e rifugi, indirettamente almeno altre 20 aziende agricole, quindi circa un centinaio di persone che la montagna la abitano e la vivono. E per rendere l’esperienza ancora più profonda ci mettiamo del nostro: parliamo di geologia, ecologia, storia, mitologia. Non mi interessa tanto che le persone imparino la storia geologica delle Dolomiti, ma che le guardino con uno sguardo nuovo, che intravedano il valore per l’intera umanità di questi luoghi, che vadano oltre la cartolina.

Dolomiti patrimonio dell’UNESCO nonostante l’overtourism
L’UNESCO ha riconosciuto l’unicità delle Dolomiti grazie alla presenza di luoghi ancora integri, nonostante gli impatti derivanti dall’eccesso di turismo. Cosa ci attira della montagna? «Verticalità ed immobilità», diceva lo scrittore Dino Buzzati. Intorno a tanta maestosità c’è tanta gente che vive e lavora, credo che le persone che erano con me lo abbiano capito. Il 15 agosto siamo saliti su una cresta panoramica e per tutto il giorno abbiamo incrociato meno di 10 persone; intorno a noi alcune delle cime più famose delle Dolomiti. La bellezza ed il silenzio della montagna possono andare d’accordo anche sulle Dolomiti, anche il giorno di Ferragosto. Incredibile vero?”.
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La pandemia ha migliorato o peggiorato l’impatto del turismo?
Le parole di Andrea Pasqualotto sembrano confermare ciò che era stato previsto ad inizio estate. Molti italiani hanno scelto località naturalistiche del belpaese per trascorrere le proprie ferie. Le motivazioni, come già detto, possono essere state diverse: dall’impossibilità di partire per l’estero al desiderio di riavvicinarsi alla natura; dalla ristrettezza economica dovuta alla pandemia alla voglia di valorizzare il proprio paese. Se molti hanno visto in questo fenomeno un fattore positivo di rafforzamento dell’economia locale, altri esperti del settore hanno segnalato le distorsioni che ne sono derivate. Il termine overtourism ben ci descrive il tipo di turismo che sta predominando: turisti frettolosi e incuranti dell’ambiente, con il desiderio primario di scattarsi belle foto.
Come hanno riportato diverse ricerche raccolte dalla CNN Travel, la pandemia ha certamente messo freno alle emissioni legate al turismo. Ciò è avvenuto soprattutto grazie allo stop dei voli intercontinentali, uno dei fattori più incisivi sull’impronta ecologica individuale. Questo guadagno però potrebbe risultare effimero se, a pandemia terminata, tutto tornerà come prima. Inoltre, il risparmio di emissioni di questi mesi a nulla servirà se il turismo insostenibile si riversa sulle comunità locali. È bene che il turismo sia sempre più locale, ma ricordiamo che esistono delle semplici linee guida da poter seguire per effettuare escursioni responsabilmente: raggiungere la località in treno invece che in macchina, scegliere mete poco frequentate; dormire in strutture a gestione familiare e ricercare aziende agricole virtuose del territorio. Così si aiuterà a valorizzare in pieno il nostro paese e tutte le bellezze che contiene.