Non è la prima volta che accade e, purtroppo, non sarà l’ultima. Jakarta, la capitale dell’Indonesia, è stata colpita dall’ennesima alluvione. Il conteggio dei morti è già salito a 60 ma potrebbe ancora aumentare. Le piogge torrenziali hanno colpito la regione alla vigilia di Capodanno e, solamente in questi giorni, la situazione è tornata parzialmente sotto controllo. Le autorità locali hanno descritto gli eventi come un qualcosa di “una violenza straordinaria”.
L’Indonesia conta i danni dell’alluvione
La situazione della capitale indonesiana è sotto la lente d’ingrandimento già da diverso tempo, tanto da spingere il proprio Presidente Joko Widodo ad annunciare, pochi mesi fa, che a partire dal 2024 costruirà una nuova capitale nella regione del Kalimantan. Jakarta, oltre ad avere una posizione geografica che la rende particolarmente vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici, sta anche lentamente sprofondando. Con la prospettiva di un innalzamento del livello dei mari, la città ha dunque un destino già in parte segnato. I quartieri colpiti dall’ultimo disastro ambientale sono 182. Il numero di persone sfollate è di circa 400.000. I danni causati ai cittadini sono incalcolabili.
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Sebbene si possa dire che, in generale, la regione in questione sia da sempre soggetta ad alluvioni, soprattutto nel periodo dei monsoni, l’inasprimento della crisi climatica ha contribuito, e continuerà a farlo in maniera sempre più incisiva, a un aumento nell’intensità e nella frequenza di eventi di questo tipo. A tutte queste problematiche vanno aggiunti i problemi legati all’eccessivo sviluppo della città che è ormai diventata una megalopoli da 30 milioni di abitanti.
Gli abitanti dell’Indonesia che combattono l’alluvione
In un articolo pubblicato nei primi giorni del nuovo anno, il Guardian ha raccolto una serie di testimonianze degli abitanti colpiti dalla catastrofe. Gugun Muhammad, un operatore sociale, ha affermato che “quest’alluvione è la peggiore dell’ultimo decennio”. Le persone sono state costrette a spostarsi con le barche. I cittadini che hanno provato a tornare nelle proprie case, rimasti per giorni senza cibo ed acqua, hanno trovato le strade ancora colme di fango e detriti. Le abitazioni distrutte sono circa 2.000. Il tempo necessario affinché la situazione torni alla normalità è difficile da prevedere, complice la continuazione della stagione delle piogge che potrebbe protrarsi fino ad aprile.
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Una causa comune: il dipolo dell’Oceano Indiano
Ciò che sta accadendo in Indonesia altro non è che il frutto di decenni di inazione verso le cause del cambiamento climatico. Proprio come lo sono i roghi australiani, di cui vi abbiamo precedentemente parlato, e le inondazioni che stanno devastando il corno d’Africa, dove almeno 250 persone hanno perso la vita e altre 2,5 milioni hanno visto le proprie case e strade completamente sommerse dall’acqua. La responsabilità di tutto ciò è attribuibile ad uno dei massimi sistemi climatici del pianeta. Il Dipolo dell’Oceano Indiano (IOD) è infatti quest’anno in fase “positiva” ed ha raggiunto livelli che non si verificavano da circa sei decenni.
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Questo evento eccezionale ha portato a livelli estremi la siccità australiana e, allo stesso tempo, ha reso possibile l’accumulo di potentissime piogge record sulla regione del Corno d’Africa. Dopo avere anche influenzato il monsone che ha colpito proprio l’Indonesia, rendendolo particolarmente potente, ora l’IOD è tornato neutrale ma la frequenza con cui questo avvenimento potrà riverificarsi è destinata ad aumentare di pari passo con l’inasprimento della crisi climatica. Il tempo scorre. Gli abitanti delle regioni più vulnerabili del pianeta stanno iniziando a pagare il conto e il loro futuro è, almeno in parte, già segnato.