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Erosione Costiera in Italia: qual è la situazione attuale?

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Spoiler: la situazione delle nostre spiagge non è tra le migliori, e questo è dovuto a una serie di fattori. Alcune cose sono fatte bene e altre sono fatte molto molto male. Ma non partiamo dal finale. Iniziamo, invece, con alcuni dati.

Erosione costiera: di cosa si tratta

Quando parliamo di erosione costiera ci riferiamo a un processo che, in un dato intervallo di tempo e per cause sia naturali che antropiche, modifica la morfologia di un litorale, arretrandone la linea di costa. È un fenomeno che in Italia si conosce molto bene, perché riguarda il 46% delle coste sabbiose della nostra penisola. Le coste basse sabbiose (cioè quelle erodibili) coprono 3.770 chilometri (su circa 8.000 chilometri di litorale complessivo), e quelle attualmente in erosione ammontano a 1.750 chilometri.

A differenza di come potrebbe sembrare a prima vista, l’innalzamento del livello del mare ha contribuito in modo marginale a questo fenomeno. Le due cause principali sono di origine antropica, e sono: l’uso insostenibile del territorio costiero che ha fatto scomparire più del 90% dei sistemi dunari; e (sua diretta conseguenza) la riduzione dell’apporto solido dai fiumi, cioè di tutto quel materiale che concorre alla formazione e al mantenimento delle spiagge.

Tutto ciò dovrebbe preoccuparci ulteriormente, considerando che le previsioni sugli scenari futuri ci dicono che l’innalzamento del livello del mare diventerà la causa principale dell’erosione costiera. Lo è già in alcuni paesi dove questo processo e l’abbassamento del suolo costringono intere popolazioni a migrare all’interno e, talvolta, in altri Paesi.

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Cosa fa lo Stato?

Il Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR) non menziona il problema delle coste. Sebbene in futuro esso potrà essere ricompreso nella strategia che riguarda il rischio idrogeologico, è significativo che l’erosione costiera non venga menzionata nemmeno una volta. D’altro canto, l’Italia non dispone nemmeno di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Secondo Legambiente, è necessario che un piano venga approvato al più presto, e che ci sia una specifica attenzione per le aree costiere come hanno fatto gli altri grandi Paesi europei.

La spesa annuale per contrastare l’arretramento del livello di costa messa sul tavolo dallo Stato e, in parte, da Regioni e Comuni, è di circa 100 milioni di euro. La maggior parte degli interventi eseguiti fino ad ora sono opere rigide, come pennelli e barriere frangiflutti. Tali opere interessano almeno 1.300 km di costa. Negli ultimi decenni, però, le opinioni contrarie a questi tipi di opere stanno aumentando. Il progetto Eurosion della Commissione europea ha mostrato come un’approccio integrato e più attento alle caratteristiche del litorale sia migliore di sistemi di difesa rigidi. Probabilmente bisognerebbe aprire una riflessione seria sulla loro reale efficacia anche qui da noi.

Inoltre, la cifra erogata dagli enti pubblici per contrastare l’erosione costiera è maggiore rispetto a quanto lo Stato effettivamente incassa dalle concessioni balneari (100 milioni contro gli 83 di incassi effettivi nel 2019, unici dati disponibili). Ecco, le concessioni balneari sono un altro nodo problematico da considerare.

Troppe concessioni balneari

Nel nostro paese trovare una spiaggia libera è sempre più difficile. Secondo l’ultimo report di Legambiente, in Italia «oltre il 50% delle aree costiere sabbiose è sottratto alla libera e gratuita fruizione». La prima causa di tutto questo è l’aumento esponenziale delle concessioni balneari che nel 2021 sono arrivate a quota 12.166, registrando un incremento del +12,5% rispetto al 2018.


Tra le regioni record ci sono Liguria, Emilia-Romagna e Campania, con quasi il 70% dei lidi occupati da stabilimenti balneari. Altri decisi incrementi si registrano in Abruzzo, con un salto degli stabilimenti da 647 nel 2018 a 891 nel 2021, e nelle regioni del sud, a partire dalla Sicilia dove le concessioni sono passate da 438 nel 2018 a 620 nel 2021, con un aumento del +41,5%.

«Tra i comuni costieri, il record spetta a Gatteo (FC) che ha tutte le spiagge in concessione. Ma si toccano numeri incredibili anche a Pietrasanta (LU) con il 98,8% dei lidi in concessione, Camaiore (LU) 98,4%, Montignoso (MS) 97%, Laigueglia (SV) 92,5%, Rimini 90% e Cattolica 87%, Pescara 84%, Diano Marina (IM) con il 92,2% dove disponibili sono rimasti solo pochi metri in aree spesso degradate».

«Per non parlare dei canoni che si pagano per le concessioni – continua il report di Legambiente – Ovunque bassi e che in alcune località di turismo di lusso risultano vergognosi a fronte di guadagni milionari. Ad esempio per le 59 concessioni del Comune di Arzachena, in Sardegna, lo Stato nel 2020 ha incassato di 19mila euro l’anno. Una media di circa 322 euro ciascuna l’anno».

Buone pratiche per limitare l’erosione costiera

Non mancano però aspetti positivi sottolineati dal report. Negli ultimi anni si sono diffuse anche buone pratiche per la corretta gestione dei litorali grazie ad un approccio integrato, in particolare con una visione che consideri le continue interazioni tra le coste e le aree dell’entroterra. È il caso del comune di Bergeggi (SV), dove la spiaggia delle Sirene è rinata dopo l’intervento di ripascimento del 1992. O di quello di Vallecrosia (IM) che ha utilizzati 300 mila metri cubi di materiale preso dall’alveo del torrente Verbone, con l’ottimo risultato di rendere inutili i pennelli e creare una nuova spiaggia di 60-70 metri.

In Sardegna, invece, il comune di Posada (NU) ha intrapreso una scelta di pianificazione e gestione delle trasformazioni del territorio, in particolare a Monte Orvile, che si è dimostrata all’avanguardia per la messa in sicurezza del territorio dalla speculazione edilizia e da fenomeni di dissesto idrogeologico.

Altra buona pratica di gestione arriva da Gallipoli (LE), dove sono state utilizzate palizzate in castagno come struttura di difesa dall’erosione marina e accumulo del trasposto eolico per il ripascimento spontaneo del piede dunale. È previsto anche un imponente ripristino vegetazionale all’interno dei campi dunali.

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di Sebastiano Santoro
Ott 28, 2021

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