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Germania: quale peso per i Verdi nel nuovo governo?

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Si è chiusa un’epoca in Germania. O meglio, si è chiusa un’epoca in Europa. Dopo 15 anni di cancelleria, Angela Merkel ha scelto di non ricandidarsi alle elezioni, svoltesi domenica 26 settembre, cedendo il passo ad Armin Laschet. All’indomani dello spoglio, possiamo dire che i tedeschi non sono stati troppo affascinati dal Delfino di Mutti Merkel, come la chiamano affettuosamente i suoi connazionali. Il vincitore, di misura, è infatti stato lo sfidante – e favorito – Olaf Scholz.

Tre candidati per la Germania

Prima di andare all’analisi del voto, è importante conoscere quali fossero i principali candidati alla cancelleria. Gli sfidanti con più possibilità di successo erano fondamentalmente tre. Ai già citati Laschet e Scholz va aggiunta la terza principale forza in Germania, quella del Partito dei Verdi. Annalena Baerbock, forte della sensibilità ambientale che ultimamente ha coinvolto anche la federazione tedesca, è il volto dei Grüne che, pur arrivando soltanto terza, ha raggiunto un risultato storico per il suo partito. Vediamo chi sono questi tre leader.

Olaf Scholz, un politico di professione

Burocrate notissimo in Germania, Scholz è Ministro delle Finanze e Vicecancelliere della federazione tedesca dal 2018. Pur appartenendo al Partito Socialdemocratico, dunque, ha prestato servizio nel governo della Cristiano-democratica Angela Merkel. I due partiti, in realtà, sarebbero collocati su due assi opposti dello scacchiere politico tedesco. Merkel però, com’è noto, è sempre stata un’abile stratega e tessitrice di alleanze, dunque riuscì a formare, nel marzo 2018 – dopo mesi di trattative in seguito alle elezioni federali del 2017 – la cosiddetta Große Koalition. La grande coalizione rappresentò un’alleanza tra CDU e SPD, ovvero i partiti di Merkel e Scholz. Su quelle fondamenta è stato innalzato il governo attualmente in vigore, il quale resterà in carica fino al giuramento del nuovo.

Nato a Osnabrück e residente a Potsdam, Scholz è attivo in politica dal 1998, in seguito agli studi in giurisprudenza e la specializzazione in diritto del lavoro. Fino al 2011 è stato deputato, dal 2002 al 2004 segretario generale del partito e dal 2007 al 2009 Ministro del Lavoro e degli affari sociali nell’esecutivo Merkel I. Nel 2018 ha agito come commissario ad interim per l’SPD, prima di abbandonare il ruolo in seguito all’elezione di Andrea Nahles e decidere di candidarsi a cancelliere.

Olaf Scholz rappresenta, di fatto, il volto sicuro e affabile della politica tedesca. Pur non provenendo dallo stesso partito della sua predecessora, egli è forse la figura che più le si avvicina agli occhi dei tedeschi. La provata esperienza politica di Scholz e l’ineluttabilità della sua incarnazione di uno status quo cui i cuoi concittadini sono innegabilmente legati sono probabilmente state le sue armi principali in una elezione che, nel momento in cui si scrive, lo vede come trionfatore.

Armin Laschet, un Delfino di scorta

Laschet nasce ad Aquisgrana nel 1961. È Ministro presidente – così si chiamano i governatori dei Land tedeschi – della Renania Settentrionale-Vestfalia, la più popolosa tra le circoscrizioni che compongono la federazione nonché la quarta per estensione. Dall’inizio dell’anno è anche presidente della CDU, il partito di Angela Merkel. Ha iniziato a rivestire questa carica lo scorso gennaio, in seguito alle dimissioni di Annegret Kramp-Kerrenbauer. In precedenza fu vicepresidente dell’Unione Cristiano-democratica di Germania. Tra il 1999 e il 2005 è stato un europarlamentare.

Il 20 aprile 2021, a seguito dell’annuncio di Merkel di non candidarsi, la CDU-CSU scelse Laschet come suo candidato alla cancelleria. La proposta di un nome alternativo a quello della donna che ha guidato il Paese negli ultimi 15 anni è, de facto, l’inizio dell’era del dopo-Merkel. In seguito a una riunione durata circa 6 ore, i 46 membri della direzione del partito hanno optato per la sua candidatura. 31 dirigenti dell’Unione hanno preferito il nome di Laschet a quello di Markus Söder, governatore della Baviera. In lizza vi erano anche Norbert Röttgen e Friedrich Merz.

La campagna elettorale del Delfino di Angela Merkel – la quale forse preferiva la figura di Kremp-Kerrenbauer, in quanto donna e designata da tempo a proseguire in maniera naturale la sua politica – ha posto al centro il mantenimento della rotta impostata. Sfortunatamente per Laschet, però, i tedeschi non hanno scelto di concedergli la stessa fiducia di cui ha goduto Merkel. Il risultato elettorale non esclude già la CDU-CSU dai giochi, poiché la distanza con l’SPD è veramente poca. Entrambi i partiti, a seguito di alleanze stabili e durature, potrebbero trovare i numeri per governare.

Annalena Baerbock, la candidata dei Verdi di Germania

Annalena Baerbock, quarantenne di Hannover, è una dei due presidenti del partito dei Verdi di Germania. La stessa carica è ricoperta anche dal suo collega Robert Habeck. Dal 2013 è deputata presso il Bundestag, il parlamento federale di Berlino. Esperta di Diritto internazionale, Baerbock è stata eletta co-presidente del partito, sconfiggendo l’altra candidata donna, Anja Piel, nel 2018. Soltanto un anno dopo fu riconfermata per altri 24 mesi di mandato con un plebiscito del 97,1% di preferenze, il più alto risultato di sempre per una donna presidente del partito dei Grüne.

Baerbock partiva decisamente svantaggiata rispetto agli altri due candidati di punta, di cui abbiamo già scritto. Lo spoglio ha confermato quanto ci si aspettava, ovvero la sua terza posizione. Ciò non toglie che queste elezioni siano state per i Verdi tedeschi un grande successo. Il partito non aveva mai totalizzato il 15% di preferenze, com’è avvenuto quest’anno.

Ciò si deve non solo al momento che stiamo attraversando, nel quale la sensibilità ambientale è molto alta, bensì anche al fatto che tanto Baerbock quanto Habeck provengono dall’ala moderata dei Verdi. Non sono insomma due ambientalisti intransigenti come altri loro colleghi, non solo in Germania, bensì due fini politici, capaci di trattare e scendere a compromessi. Ciò non è l’ideale a livello ambientale, naturalmente, però per entrare nelle stanze dei bottoni occorre essere in grado di saper mediare. Al fine di riuscirci, qualcosa bisogna concedere. L’elettore si aspetta da un politico che esso – o essa – rimanga bilanciato ed equilibrato. In parlamento entrano politici pacati, non estremisti aggressivi.

Leggi anche: “Europee. I verdi sono il secondo partito della Germania”

Il risultato delle elezioni in Germania

Ora che abbiamo avuto modo di conoscere meglio gli attori protagonisti, esaminiamo che cosa sia di fatto successo in Germania. Nel momento in cui si scrive questo paragrafo lo spoglio è pressoché concluso, seppure potrebbero ancora verificarsi piccole modifiche nelle percentuali. In seguito alla notte che ha concluso la giornata elettorale, i tedeschi si sono svegliati con un vincitore: quello che si attendevano. Il socialdemocratico Olaf Scholz ha trionfato sui suoi due sfidanti ma non può ancora definirsi cancelliere. La Repubblica federale, risultati alla mano, entra in una nuova epoca. Naturalmente è quella del dopo Merkel, la fine di tre lustri nei quali la cancelliera è sempre stata la stessa, tanto che molti adolescenti e tutti i bambini, in Germania, hanno sempre visto in tv la stessa persona in rappresentanza del loro Paese.

Si tratta però anche dell’alba di un nuovo giorno in quanto difficilmente saranno i grandi partiti tradizionali a decidere quale strada dovrà intraprendere il Paese, poiché toccherà ai giovani leader dei Verdi e del partito dei Liberali di Christian Lindner, rispettivamente terza e quarta forza in Germania dopo la tornata elettorale. Queste due espressioni politiche dovranno trovare innanzitutto un accordo tra loro, prima di decidere se appoggiare l’una o l’altra parte.

Il Bundestag attende, come l’intera Germania, di conoscere la formazione del suo prossimo governo. Elaborazione: FelixMittermeier da Pixabay.

Vincitori e vinti

Scholz, il quale ha diritto alla prima parola dopo aver raccolto il maggior numero di consensi, spera nella costituzione della coalizione cosiddetta semaforo, formata da SPD, Verdi e Liberali. Dall’altra parte Laschet predica umiltà, ricordando al suo avversario che con il 25% dei voti non si può reclamare la cancelleria. In realtà, è proprio il candidato della CDU che dovrebbe mantenersi umile, in quanto la sua carriera politica corre seriamente il rischio di essere finita con questa sconfitta. Il malcontento interno all’Unione è infatti considerevole e ha un unico bersaglio: il grande sconfitto. Laschet confida in un fallimento di Scholz per poter essere lui a intavolare una proposta di alleanza per Verdi e Liberali ma potrebbe essere l’unico a sperare di farcela. Come ha affermato Markus Söder:

“Per l’Unione è una sconfitta, chi perde così tanti voti non può dire che questo. Da secondi non si può pretendere ma soltanto fare un’offerta.”

Il ragionamento di Scholz si colloca molto vicino:

“Gli elettori hanno dato forza a tre partiti: SPD, Verdi e FDP. Questi hanno un mandato chiaro per costruire il prossimo governo.”

L’FDP è il partito liberale. Il candidato dei socialdemocratici ha ben chiaro un concetto: chiunque sia il cancelliere, sarà difficilissimo che esso possa avere i numeri che occorrono per comporre una maggioranza se non farà un’offerta degna ai Verdi. Il partito ambientalista, assieme a quello liberale ma in misura maggiore dato il maggior numero di consensi, sarà l’ago della bilancia nella costituzione del prossimo esecutivo. È possibile – pure probabile – che le trattative richiederanno alcuni mesi.

I numeri del voto in Germania

Snoccioliamo qualche numero per vedere, nel concreto, come siano andate le elezioni in Germania. I Socialdemocratici, partito di centro-sinistra – benché in Germania le collocazioni siano un pò lontane dai nostri tradizionali concetti di destra e sinistra – ha vinto, superando di poco il blocco di centro-destra formato dalla CDU-CSU. Nessuno di questi due storici partiti è riuscito a varcare la soglia del 30% di preferenze. Dal dopoguerra in avanti, non era mai successo. Preoccupante soprattutto è il risultato del partito di Angela Merkel, il quale ha perso il 9% dei consensi.

Al termine del conteggio nelle 299 circoscrizioni elettorali tedesche, i funzionari hanno reso noto che la SPD si è aggiudicata il 25,7% delle preferenze. Il blocco dell’Unione si è fermato al 24,1%. Storicamente, ogni partito vincitore aveva messo assieme almeno il 31% dei consensi. In questa tornata, nessuno ci si è avvicinato.

Chi entra in Parlamento

Al terzo posto si sono classificati, per così dire, i Verdi, con il 14,8% dei voti. Quarta posizione per i Liberali, i quali hanno totalizzato l’11,5% delle preferenze. Soddisfatta anche Die Linke, il partito di sinistra che, pur non avendo raggiunto lo sbarramento del 5%, necessario per entrare al Bundestag, riesce ad approdare in Parlamento grazie a una peculiare norma che garantisce l’ingresso alle formazioni politiche in grado di vincere in tre collegi uninominali, anche senza raggiungere la soglia.

Al termine delle elezioni federali siamo in grado di dire che i seggi nel Bundestag saranno ben 735. Nella legislatura precedente ammontavano a 709. Il sistema elettorale in Germania, estremamente complesso, consente l’allargamento del Parlamento dopo ogni tornata elettorale. Pensiamo a questo quando affermiamo che il leviatano della politica sia più snello, all’infuori dell’Italia.

Il complesso gioco delle alleanze

Com’è chiaro dal paragrafo precedente, nessuno ha i numeri per governare da solo. Per riuscire a formare un governo, sarà dunque indispensabile tessere alleanze. Il partito più corteggiato sarà quello dei Grüne e, a ruota, quello dei Liberali. Le maggioranze possibili sono svariate. L’obiettivo è riuscire a ottenere 368 dei 735 seggi. A quanto è stato detto, i primi due partiti non hanno intenzione di allearsi, sebbene otterrebbero immediatamente il numero dei seggi necessari, superandoli e arrivando a ben 402, più che sufficienti per una buona governabilità della Germania. Questo numero sarebbe superato in caso di un’alleanza di uno qualsiasi dei grandi partiti con Verdi e FDP. Un’alleanza tra il terzo, quarto e quinto partito di queste elezioni, invece, non avrebbe i numeri. Il partito di estrema destra, Alternative Für Deutschland, capace di raggiungere il 10% delle preferenze elettorali, si terrà fuori da qualsiasi trattativa.

Forti dei loro risultati, Verdi e Liberali hanno già cominciato i colloqui. L’obiettivo è, per entrambi, quello di entrare a far parte del prossimo governo federale. Come ha affermato Anton Hofreiter, capogruppo del partito ambientalista in Parlamento, a un’intervista dopo le elezioni con l’emittente ARD:

“Stanno cominciando dei colloqui in una cerchia molto piccola. Perché la cosa possa funzionare, vedremo quali punti in comune possiamo avere e quello di cui entrambe le parti hanno bisogno. È saggio parlare prima con i Liberali, poi vedremo dove questo ci porta.”

I verdi, tradizionalmente, preferiscono dialogare con l’SPD, trovandosi collocati in una sfera politica più sinistrorsa. Il partito liberale, invece, è più vicino all’Unione. Non ci è dato sapere quale ruolo svolgeranno queste ideologie di fondo – ormai piuttosto annacquate – nei colloqui propedeutici alla formazione del prossimo esecutivo. Quel che pare certo è che dovremo attendere mesi, prima che un nuovo governo possa finalmente vedere la luce.

Il non-successo dei Verdi e le dinamiche ambientaliste in Germania

Annalena Baerbock ha esultato al termine delle elezioni, mostrandosi entusiasta del miglior risultato di sempre, in termini di percentuale di consenso, del suo partito nel Paese. Si tratta di una strategia comunicativa molto nota anche in Italia, quella dell’abbiamo vinto tutti che segue una tornata elettorale nella quale, di fatto, è invece accaduto l’esatto contrario. La Costituzione tedesca, a ogni modo, non specifica che diventa cancelliere chi ottiene il maggior numero di preferenze, bensì chi riesca a dar luce a un governo capace di fare il suo lavoro.

Se quel 15% scarso di voti è un buon risultato, in termini di numeri puri, se andiamo a contestualizzarlo, ci rendiamo conto di come si tratti in realtà di una conquista deludente, di un non-successo. Non più di 3 mesi fa, in giugno, i Grüne erano accreditati dagli analisti politici tedeschi del 20% abbondante di preferenze. Secondo qualcuno avrebbero addirittura potuto raggiungere il 22%. Invece queste aspettative sono state considerevolmente ridimensionate.

È oltremodo probabile che questo ridimensionamento comporti anche un ridimensionamento dei sogni verdi di ecologisti e ambientalisti. La radicale rivoluzione green auspicata da tutto il movimento giovanile – e non solo – che segue Greta Thunberg – ed è fortissimo in Germania, dove numerosi giovani sono sensibili a questa battaglia – corre il serio rischio di finire enormemente depotenziata.

Alleanza possibile tra i piccoli di Germania a dispetto dell’ambiente

L’ingresso del Bundestag. Foto di Ingo Joseph da Pexels.

D’altra parte, però, sullo scacchiere politico tedesco, questo risultato dei Verdi potrebbe incentivare moltissimo le trattative con l’FDP. Il partito liberale, infatti, non vedeva di buon occhio la colossale riforma verde che Baerbock e il suo partito avevano reso l’ossatura portante del proprio programma per la cancelleria. Volker Wissing, segretario generale per l’FPD non ha mai nascosto la sua preoccupazione verso la cosiddetta rivoluzione verde che la tenace leader verde propugnava a ogni comizio. I liberali la vedevano infatti come un incubo di tasse, punizioni fiscali e costi scaricati, senza troppe preoccupazioni, sulle spalle di quel ceto medio che rappresenta lo scheletro della Germania contemporanea.

Gli ambientalisti non possono certo vedere di buon occhio questo indebolimento dei Verdi sulle proiezioni estive, eppure, dal punto di vista politico, se si toglie di mezzo l’ambizioso programma ambientale, Grüne e FDP sono due partiti vicinissimi tra loro. Ambedue sono neoliberali in campo economico, nonché tendenzialmente favorevoli all’austerity e al mercato libero. Alla luce di ciò, non dovrebbe dunque essere troppo difficile intavolare una bozza di programma, messi da parte i bollori rivoluzionari.

Verdi e liberali assieme formano un blocco concreto, in grado di dettare tempi e modi a entrambi i partiti maggiori (valgono infatti il 26% circa dei seggi al Bundestag). I retroscena vogliono una CDU dispostissima a collaborare, in quanto vedrebbe in questa alleanza la sua opportunità di scalzare la SPD dal governo. Olaf Scholz, però, non è nuovo ai giochi di palazzo e pare in grado di poter tendere una mano per prendersi il posto di cancelliere, cedendo qualcosa a Verdi e Liberali.

Giochi di potere, elettori confusi e il pianeta a pagarne le conseguenze

Le trame di potere sono le stesse in ogni Paese, non aspettiamoci che il caso Germania sia diverso. Già nel 2017, dopo le ultime elezioni vinte da Merkel, fu necessario un lungo lavoro diplomatico per giungere alla formazione di un esecutivo. È più che probabile che capiterà lo stesso anche nelle prossime settimane. I risultati del voto dipingono un quadro ben chiaro, che stupisce poco. Gli elettori tedeschi – ma potremmo allargare il campione – desiderano cambiamenti sociali e ambientali. Però non troppo. Se i Verdi rappresentano una forza potenzialmente dirompente nei confronti dello status quo; SPD e CDU-CSU sono esattamente l’opposto, ovvero tre partiti tendenzialmente conservatori, sebbene occupino due lati lontani dello spettro politico tedesco.

Il benessere della Germania, locomotiva d’Europa secondo una metafora spesso abusata, viene percepito in pericolo dai tedeschi. Essi naturalmente sanno bene quanta importanza rivesta l’ambiente ma, probabilmente, danno priorità al loro tenore di vita e alle abitudini consolidate e sedimentate nei decenni, dunque sono poco propensi a correre il rischio di sacrificare parte di questo per il bene dell’ambiente.

Gli elettori, incerti e preoccupati, hanno forse sparpagliato il loro voto come il giocatore d’azzardo che distribuisce la sua puntata su vari tavoli di roulette, sperando di azzeccare almeno una combinazione giusta. Non è però detto che sarà Olaf Scholz a fare il croupier. Comunque vadano le trattative politiche, la presenza dei Verdi al governo potrebbe essere un importante segnale per l’ambiente. È lecito però temere il fatto che, a contatto con il potere, la battaglia per il pianeta spunti le sue armi e l’ambiente finisca per pagarne le conseguenze. Non è sufficiente avere persone sensibili al tema che occupano poltrone importanti, serve che da quelle stesse poltrone guidino battaglie e interrogazioni per il bene del nostro ecosistema in sofferenza.

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di Mattia Mezzetti
Ott 4, 2021
Fanese, classe ’91, inquinatore. Dal momento che ammettere di avere un problema è il primo passo per risolverlo, non si fa certo problemi ad ammettere che la propria impronta di carbonio sia, come quella della gran parte degli esseri umani su questo pianeta, troppo elevata. Mentre nel suo piccolo cerca di prestare sempre maggior attenzione alla questione delle questioni, quella ambientale, ritiene fondamentale sensibilizzare trattando il più possibile questa tematica.

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