Ogni 20 febbraio, si celebra la Giornata mondiale della giustizia sociale. Voluta dall’Organizzazione Mondiale del Lavoro (ILO) già nel 2008, ha lo scopo di educare l’opinione pubblica su questioni preoccupanti, per mobilitare la volontà e le risorse per affrontare problemi globali. Quest’anno, si concentra l’attenzione sulla giustizia sociale nell’economia digitale, viste le conseguenze e i grandi cambiamenti avvenuti in questi mesi di pandemia. Tra nuove modalità lavorative e tentativi di rendere accessibili le piattaforme diversificate, le disuguaglianze esistenti si sono aggravate. Il peso della crisi si è abbattuto sulle fasce di popolazione più deboli.
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Divario digitale, meno giustizia sociale
Sono trascorsi ormai 13 anni dalla Dichiarazione sulla giustizia sociale per una globalizzazione giusta, che istituzionalizzava per l’ILO il lavoro dignitoso. Non solo, gli obiettivi strategici si dimostravano di ampio respiro, comprendendo l’occupazione, la protezione sociale, il dialogo sociale e dei diritti del lavoro. Oggi, si ribadisce un concetto chiave: il lavoro non è una merce e la povertà costituisce un pericolo per la prosperità di tutti. Partendo da questa affermazione, possiamo ben immaginare le sfide, che si presentano in questo 2021. L’attenzione all’economia digitale è cruciale, per discutere di regolarità del lavoro e di reddito, dei diritti e delle condizioni eque di impiego.
La giustizia sociale si occupa delle difficoltà che la società affronta nel mondo dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria, del lavoro, dell’economia, adottando strategie trasversali e intergenerazionali. Non si tratta solo di una questione di numeri, ma, soprattutto di persone. Le conseguenze della pandemia stanno esponendo a rischi le aziende, come la concorrenza sleale e gli attacchi informatici. Inoltre, l’adeguamento costante dei metodi lavorativi intacca soprattutto i settori più “tradizionali” e alcune parti vulnerabili della popolazione. Nel rapporto 2018, si sottolineava come la maggior parte delle migrazioni fossero legate direttamente o indirettamente alla ricerca di un lavoro dignitoso. 258 milioni erano i migranti internazionali e l’ILO stimava che circa 150 milione fossero lavoratori migranti.
Giustizia sociale e migranti ambientali
Oggi, a questi numeri, si devono aggiungere anche i migranti ambientali. Seppur non ancora riconosciuti a livello internazionale, pagano un prezzo altissimo. Serve, quindi, una nuova visione per l’economia, che «rispetti i confini planetari, che ristabilisca la giustizia e le relazioni sociali come base per il benessere dell’uomo e che, infine, riconosca quale scopo ultimo il benessere sostenibile e reale e non semplicemente la crescita dei consumi materiali». Non è sufficiente redigere delle linee guida per una transizione giusta, ma deve essere applicata una vera giustizia sociale.
Bisogna tenere a mente che una delle cause delle migrazioni è il clima. Il fenomeno è in costante crescita e le stime internazionali prevedono che, entro il 2050, il numero di persone in questa condizione potrebbe essere di 200 milioni. Ci sono dei fenomeni improvvisi, come alluvioni o uragani oppure processi, che necessitano di tempi più lunghi, come la desertificazione.
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Tutte le sfide, insieme
Il focus annuale può aiutare a districarsi tra i tanti temi che necessitano di una risposta sociale, economica e politica. Affermare la promozione dei diritti umani -anche per ridurre le disuguaglianze- deve essere intesa non solo come apertura ai mercati, ma anche come avanzamento delle capacità di ogni singolo cittadino. Escludere una delle due facce della medaglia, sottolinea la filosofa Martha Nussbaum, è imprudente, in un’epoca di rapida globalizzazione economica.
Quando a questa espansione dei mercati globali si succede una crisi, i nodi vengono al pettine e le disuguaglianze riaffiorano, esacerbate dalla situazione di instabilità e disagio. Insicurezza, povertà ed esclusione ostacolano l’integrazione e la piena partecipazione all’economia globale per i paesi in via di sviluppo o per le economie in transizione. Inoltre, l’impatto su giovani, migranti e anziani si è acuito, facendo aumentare quel lavoro di cura non retribuito, di cui, spesso, si occupano le donne e che le porta a dover accettare una dipendenza economica all’interno della propria famiglia.
Giustizia sociale, giustizia ambientale
In un’intervista all’Unesco, il professor Thiagarajan Jayaraman afferma schiettamente: «Un mondo pacifico e sicuro è una condizione preliminare per affrontare efficacemente il cambiamento climatico. Ma ciò non significa che la pace e la sicurezza sorgeranno perché si intraprende un’azione efficace per il clima.»
Non possiamo più permetterci di ragionare a compartimenti stagni, come se non si vedesse la correlazione tra fenomeni. Il legame tra giustizia sociale e giustizia ambientale non è immediato, ma scava radici profonde, tra l’immanente, quello che abbiamo oggi, e il permanente, ciò che rimarrà non solo durante la nostra vita, ma anche alle generazioni future.
Riequilibrare la nostra bilancia sociale e ambientale porterà al compimento di una rivoluzione verde e inclusiva, che sia stimolo per un’economia virtuosa e a misura di uomo e di donna. Non lasciare nessuno indietro e favorire uno sviluppo armonico saranno i cambi di paradigma per abbandonare la necessità di fuggire dalle proprie terre o di stravolgere le proprie abitudini.