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Ecuador, nuova vittoria per gli indigeni Waorani

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In Ecuador il 17 giugno 2020 il giudice del tribunale di Pichincha (una provincia del Paese) si è pronunciato a favore dei diritti alla salute, alla vita e all’autodeterminazione degli Waorani; sono state concesse misure cautelari parziali che impongono al governo ecuadoregno di intraprendere azioni urgenti per contenere il virus nel territorio indigeno. 

La covid-19 in Ecuador

Il primo caso di coronavirus nel Paese è stato annunciato dal governo il 29 febbraio e la città di Guayaquil ne è diventata l’epicentro della diffusione in Ecuador; il paese non è riuscito a gestire nuovi contagi, portando il sistema sanitario al collasso.

Dopo il Brasile e il Perù, l’Ecuador è uno dei paesi con il più alto numero di casi da covid-19 in America Latina. Il presidente Lenín Moreno ha dichiarato l’emergenza sanitaria il 12 marzo; il tasso nazionale di infezione è aumentato drammaticamente a partire dal 17 dello stesso mese.

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Il numero sempre maggiore di morti ha portato il paese a dover utilizzare bare di cartone; vengono chiamate le “corona-bare”. Inoltre, molto spesso le famiglie sono costrette a tenere in casa i corpi dei propri cari, tra lo sconforto ed il dolore.

Un’altra grande preoccupazione riguarda l’ingresso del virus nella foresta amazzonica, specialmente in aree abitate da tribù indigene isolate. I nativi sono più vulnerabili alle malattie trasmesse dai virus, a causa della malnutrizione e la quasi totale assenza della sanità.

Una nuova vittoria in Ecuador

Poco più di un anno dopo la storica vittoria legale del Popolo Waorani contro le trivellazioni petrolifere nell’Amazzonia ecuadoriana, la nazione indigena ha nuovamente trionfato. Questa volta la causa era mirata a proteggere le proprie comunità dall’accelerazione del COVID-19 nel loro territorio.

Il 17 giugno 2020, il giudice Delicia de los Ángeles Garcés Abad, del tribunale provinciale di Pichincha, si è pronunciato a favore dei diritti dei Waorani alla salute, alla vita e all’autodeterminazione. La sentenza del tribunale impone al Ministero della Salute di coordinarsi con la leadership Waorani per condurre test COVID-19 con l’aiuto di personale medico.

Garantendo l’assistenza con forniture mediche presso i centri sanitari delle comunità locali; e, per fornire ai Waorani informazioni adeguate e culturalmente rilevanti per fronteggiare la pandemia.

La causa, presentata il 21 maggio 2020, è stata diretta contro il presidente dell’Ecuador Lenín Moreno e il vicepresidente Otto Sonnenholzner, rispettivamente rappresentante legale e delegato del Comitato nazionale per le emergenze, Ministero della sanità, Segreteria umana Diritti, Ministero dell’Ambiente e dell’Acqua e Procuratore Generale. Questi dovranno inviare un rapporto entro otto giorni, che descriva dettagliatamente il monitoraggio delle estrazioni illegali, disboscamento e traffico di droga nel territorio degli Waorani.

In una dichiarazione pubblica al momento della presentazione della causa, i Waorani hanno sottolineato che le loro azioni fossero volte in primo luogo a proteggere i loro anziani (o “Pekinani”), così come i loro parenti isolati all’interno del “Untouchable Zone” nel Parco Nazionale Yasuní.

Una delle principali richieste (senza risposta) degli Waorani è una moratoria immediata su tutte le attività estrattive nel loro territorio. Proprio a causa della della loro vicinanza alle “strade del petrolio”, e del continuo traffico di legname, le comunità sono entrate in contatto con la covid-19. Nonostante l’aumento dei rischi, le operazioni petrolifere e il disboscamento legale e illegale nel loro territorio sono continuate, aumentando il potenziale diffondersi del virus verso i popoli più isolati. 

I Waorani, che contano circa cinquemila soggetti, hanno registrato almeno 188 casi confermati di COVID-19. Si sono auto-organizzati con l’aiuto di università, coalizioni indigene e di civili per affrontare la crisi sanitaria nel loro territorio.

“Oggi la giustizia ecuadoriana si è pronunciata a favore della nostra richiesta di misure precauzionali di fronte all’inazione del governo durante questa pandemia. Il popolo Waorani e i nostri parenti isolati sono in grave pericolo poiché il virus continua a diffondersi rapidamente attraverso l’Amazzonia. Sfortunatamente, la risposta del governo è stata inadeguata e non si sono coordinati con la nostra leadership. Siamo lieti che il giudice abbia ordinato misure precauzionali, ma dobbiamo rimanere vigili. 

Gilberto Nenquimo, il presidente della nazione Waorani

Il leader di Waorani Nemonte Nenquimo, che l’anno scorso ha contribuito a guidare la storica vittoria del suo popolo contro le compagnie petrolifere, afferma:

“Abbiamo combattuto per migliaia di anni per difendere il nostro territorio e le nostre vite da molteplici minacce: conquistatori, battitori di gomma, taglialegna e poi le compagnie petrolifere. Ora, stiamo combattendo contro il virus covid-19 con la nostra antica saggezza e la nostra conoscenza delle piante medicinali. Ma lo Stato sta mettendo a rischio la vita dei nostri anziani (i saggi) e dei nostri parenti che vivono delle profondità della foresta. La nostra richiesta di moratoria sulle operazioni petrolifere non è stata rispettata. È ovvio che lo Stato sta dando la priorità all’estrazione di risorse sul nostro territorio piuttosto che salvarci la vita. Siamo felici di aver vinto queste misure precauzionali, ma c’è ancora molto da fare per proteggere la nostra gente. Lo Stato deve ascoltarci e rispettarci. “

La precedente battaglia (e vittoria)

Il 26 aprile 2019 il popolo Waorani ha vinto una sentenza storica nella corte ecuadoriana, proteggendo mezzo milione di acri dalle trivellazioni petrolifere nella foresta amazzonica. La decisione del tribunale annulla immediatamente il processo di consultazione con i Waorani intrapreso dal governo ecuadoriano nel 2012, sospendendo indefinitamente la vendita all’asta delle loro terre alle compagnie petrolifere.

“Il governo ha cercato di vendere le nostre terre alle compagnie petrolifere senza il nostro permesso. La nostra foresta pluviale è la nostra vita. Decidiamo noi cosa succederà nelle nostre terre. Non venderemo mai la nostra foresta alle compagnie petrolifere. Oggi i tribunali hanno riconosciuto che il popolo Waorani e tutti i popoli indigeni hanno diritti sui propri territori, che devono essere rispettati. Gli interessi del governo verso il petrolio non hanno più valore dei nostri diritti, delle nostre foreste, delle nostre vite”.

Ha dichiarato Nemonte Nenquimo, Presidente della Waorani Pastaza Organization e querelante nella causa. 

Rappresentati indigeni protestano per i propri diritti; grazie alle battaglie di questi ultimi la foresta amazzonica dell’Ecuador ha ancora delle speranze.

La decisione della corte rappresenta una grave battuta d’arresto per i piani del governo ecuadoriano di sviluppare risorse petrolifere attraverso l’Amazzonia centro-meridionale, e potrebbe segnare un momento spartiacque nel movimento indigeno per proteggere, in modo permanente, la foresta pluviale dalla trivellazione petrolifera e da altri progetti estrattivi.

La causa popolare Waorani ha evidenziato il netto divario tra la sete economica del governo ecuadoriano ed i diritti riconosciuti a livello internazionale delle popolazioni indigene

Amazon Frontlines ed il progetto “memoria”

“I nostri anziani stanno morendo e con loro migliaia di anni di conoscenza rischiano di scomparire. Le nostre storie hanno il potere di mantenere vive le nostre conoscenze per le generazioni future”

Queste le parole di Flor Tangoy, appartenente al gruppo dei Siona, le quali si uniscono a quelle di molti altri giovani indigeni che lottano per i diritti delle proprie comunità e, soprattutto, per la propria casa; l’Amazzonia. Molti di loro affiancano l’organizzazione no-profit Amazon Frontlines che tenta di aiutare gli indigeni dell’Ecuador a sopravvivere in un mondo in continuo cambiamento.

L’organizzazione no-profit che affianca in Ecuador gli indigeni Secoya, Waorani, Siona e Kofan.
Credits: amazon frontlines

Per centinaia di anni, gli anziani delle comunità indigene hanno condiviso le loro storie ed i loro ricordi con i propri figli, nipoti e vicini. Senza lingue scritte, le culture Secoya, Waorani, Siona e Kofan dipendono dalle storie e dai legami generazionali creati attraverso la tradizione orale.

La colonizzazione, la deforestazione e le dinamiche del mondo contemporaneo si insinuano sempre più nelle realtà indigene in Amazzonia, ed è sempre più difficile trasferire la memoria degli antenati di generazione in generazione.

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L’organizzazione Amazon Frontlines supporta i giovani indigeni nel raccontare le loro storie, mantenendo vivi i ricordi degli indigeni. Ora più che mai, queste ultime devono essere condivise con il mondo esterno, il cui modo di vivere distruttivo è la causa principale della perdita culturale di queste popolazioni.

L’organizzazione sta istruendo giovani indigeni ad utilizzare video, foto e altre tecniche di narrazione per trasmettere le conoscenze e le storie dei propri antenati all’interno delle comunità. Questo permetterà la creazione di film che consentiranno a coloro che vivono al di fuori dell’Amazzonia di capire le mutevoli realtà di questi preziosi popoli.

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di Beatrice Martini
Giu 25, 2020
Nata nel 1993 a Roma, laureanda in Scienze Biologiche. Grazie alla sua famiglia fin da piccola si appassiona alla natura e alla conservazione di quest’ultima decidendo di farne una missione nella vita. Questo la porta in giovane età ad affacciarsi al mondo della subacquea e della fotografia naturalistica, partecipando a corsi (Scuola di fotografia Emozioni Fotografiche) e workshop in tutta Italia, come il “Marine Wildlife 2018” con Canon presso Tethys Research Institute. Durante il liceo vince due premi letterari che la portano ad appassionarsi al giornalismo, specialmente quello ambientale. Affascinata dai lavori delle sue mentori, Ami Vitale e Cristina Mittermeier, punta a diventare anche lei una foto/videoreporter per la conservazione dell’ambiente. Crede fortemente nel potere della parola e delle immagini attraverso le quali spera, un giorno, di poter dare un contributo per la salvaguardia del Pianeta. Nel 2020, grazie a L’Ecopost, le viene data l’occasione di poter affacciarsi al giornalismo e alla denuncia ambientale.

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