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Antartide da…record: registrati per la prima volta 20°C

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“Incredibile e anormale”. Questa è la definizione fornita da un gruppo di scienziati brasiliani per descrivere quanto accaduto lo scorso 9 Febbraio in Antartide. Nell’isola di Seymour sono stati infatti toccati per la prima volta, da quando sono disponibili i dati, i 20,75 °C. Un record allarmante che non va in alcun modo sottovalutato.

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Il record che non serviva in un’Antartide già sotto stress

L’Antartide è il più grande deposito di ghiaccio esistente nel pianeta e si sta sciogliendo, è proprio il caso di dirlo, come neve al sole. Carlos Schaefer, a capo della delegazione di scienziati che lavora per l’organizzazione brasiliana Terrantar, in un’intervista rilasciata al Guardian, ha descritto uno scenario a dir poco preoccupante: “Stiamo assistendo ad un trend di aumento della temperatura nella maggior parti dei siti che stiamo monitorando ma non abbiamo mai visto una cosa del genere”.

Terrantar monitora l’impatto che il cambiamento climatico sta avendo in 23 diverse parti del continente. L’area che si sta scaldando più velocemente è quella occidentale dove l’aumento della temperatura oceanica sta mettendo a rischio la sopravvivenza degli enormi ghiacciai di Thwaites e Pine Island. Ad oggi questo non ha ancora effetti catastrofici in termini di aumento del livello dei mari ma, in caso di un ulteriore aumento della temperatura, potrebbe averne eccome.

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Le cause del triste record dell’Antartide

Le ragioni di queste anomalie sono individuabili in un cambiamento delle correnti oceaniche. Tra queste c’è anche il fenomeno climatico periodico meglio noto come El Niño. Schaefer ha infatti aggiunto che “stiamo assistendo a delle grosse oscillazioni in atmosfera, causate principalmente da delle grosse anomalie termiche che stanno subendo il permafrost, ovvero lo strato di ghiaccio sottostante la superficie, e gli oceani. Tutto ciò è strettamente intercollegato e riconducibile ai cambiamenti climatici”.

La regione più interessata è sicuramente quella della Penisola Antartica. Su un recente articolo del Guardian si legge infatti che “in un recente viaggio con Greenpeace, il Guardian ha visto ghiacciai che si sono ritirati per più di 100 metri nella Discovery Bay,oltre a larghi tratti di roccia nuda nella King George Island dove abbiamo assistito ad un massiccio scioglimento di neve in meno di una settimana”. Le colonie di Pigoscelidi Antartici, i pinguini che abitano la zona, si sono dimezzate nell’arco di pochissimo tempo.

Perché ci interessa

L’aumento del livello dei mari è forse una delle questioni più sottovalutate dall’opinione pubblica, soprattutto in un paese vulnerabile ad un simile scenario come lo è il nostro. La regione Antartica custodisce circa il 70% dell’acqua dolce dell’intero pianeta, sotto forma di neve e ghiaccio. Per intendersi, qualora si sciogliesse completamente, il livello dei mari si alzerebbe di circa 50 metri.

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Le previsioni fatte dagli scienziati ci dicono che entro la fine del secolo i mari si alzeranno di almeno 30 cm con la possibilità di arrivare fino a 1 metro e 10 rispetto al livello odierno, a seconda della velocità con cui la nostra società ridurrà le emissioni di CO2 in atmosfera. Anche nella sua versione più ottimistica un avvenimento di questo genere porterà enormi danni infrastrutturali al nostro paese. Intere città finirebbero sommerse, ed usare il condizionale è molto ottimistico, con tutte le terribili conseguenze del caso. Viene da sé che il record appena registrato in Antartide è ben più di un campanello d’allarme.

Non solo mitigazione, servono anche politiche di adattamento

Proprio in questo senso è urgente attuare delle politiche di prevenzione verso gli effetti dei cambiamenti climatici. Un’attività di cui nel nostro paese, al momento, non c’è neanche l’ombra. Per fare un esempio in Olanda, dove un’ampia fetta del territorio è sotto il livello del mare, hanno già da anni dei sistemi che sono in grado di salvare le città da eventi di questo tipo. Una chiara dimostrazione di come, con un minimo di pianificazione, alcuni effetti del cambiamento climatico possano essere contenuti.

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Se alle più che necessarie iniziative legate alla mitigazione dei cambiamenti climatici, in termini di riduzione delle emissioni, non verranno associate delle altrettanto importanti politiche di adattamento alle conseguenze che il riscaldamento globale avrà sulle nostre infrastrutture i risultati saranno catastrofici. Occorre agire, in fretta, in entrambe le direzioni, oppure, il rischio, è di fare l’ennesimo buco nell’acqua.

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di Luigi Cazzola
Feb 14, 2020
Nato nel 1991 a Fano, laureato in Lingue e Comunicazione. Marketer di professione e diverse esperienze all’estero alle spalle. Da ormai qualche anno ambientalista convinto, a Settembre 2018 arriva la svolta che stava aspettando. Viene selezionato per il “Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti”, dove può finalmente approfondire tematiche relative tanto al giornalismo quanto all’ambiente. Fermamente convinto che la lotta al cambiamento climatico sia la più importante battaglia della sua generazione, decide di mettere le competenze acquisite al servizio di tutti per accrescere la consapevolezza legata a questo tema e fornire consigli pratici per orientare le scelte dei singoli verso un approccio più green grazie ad un consumo più critico e consapevole. Per L’Ecopost si occupa di redazione di contenuti, sviluppo Front-End e comunicazione sui Social Media.

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