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In Madagascar si contano le vittime di un’alluvione

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Ieri vi abbiamo portato in Kenya, Somalia ed Eritrea per parlarvi dell’invasione delle locuste. Oggi andiamo invece in Madagascar dove, ancora una volta nel silenzio generale, un’alluvione ha duramente colpito il Nord-Ovest dell’isola, lasciando dietro di sé morti e danni ingenti.

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Una foto pubblicata dal governo del Madagascar

I numeri dell’alluvione in Madagascar

Per l’ennesima volta ci ritroviamo a dover comunicare il numero delle vittime. Questa volta sono 31 ma difficilmente vedremo foto profilo personalizzate su Facebook, né tanto meno dichiarazioni da parte di qualsiasi Primo Ministro del mondo occidentale. Le persone che hanno subito danni per via dell’alluvione che ha colpito il Madagascar sono circa 107.000, sparse in sei regioni del paese. Gli sfollati sono più di 16.000. Il governo locale ha dichiarato, il 24 gennaio scorso, lo Stato di Emergenza.

Alcuni dei distretti sono rimasti isolati per giorni e il calcolo dei danni deve ancora essere ultimato. “Una perturbazione che si è formata in Mozambico il 17 gennaio 2020 ha colpito il nord-ovest del Madagascar il 22 gennaio – si legge sul sito di ReliefWeb – e il numero di dispersi è sicuramente maggiore di quello dei morti. Sono stati riportati ingenti danni a diverse infrastrutture come scuole, strade e case”.

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In pericolo anche le coltivazioni

Che l’Africa sia un continente in cui, per la popolazione, non sia facile reperire cibo è risaputo ormai da diverso tempo. Ma negli tempi, con l’avanzare degli effetti degli effetti del cambiamento climatico, sta diventando una missione particolarmente ardua, se non impossibile. Periodi di grave siccità si succedono a piogge torrenziali e alluvioni, con tutti i danni del caso.

Ad essere colpiti in prima persona in questo caso sono stati i coltivatori di riso del Madagascar che hanno visto i propri raccolti sparire sotto i colpi dell’alluvione. La sicurezza alimentare del paese, almeno per i prossimi mesi, è dunque a rischio. Proprio come nei paesi affetti dalla piaga delle locuste. Proprio come nella maggior parte dei paesi dell’Africa sub-sahariana.

Australia e Brasile sì, Kenya e Madagascar no

Se per alcuni disastri ambientali, per lo meno da quando è entrata in scena Greta Thunberg, si inizia a vedere un minimo di risposta da parte dei media, quando si tratta di Africa tutto sembra tacere. Fino a quando a bruciare sono l’Australia o il Brasile se ne può discutere, per lo più indignandosi con i presunti responsabili. Ma quando ad essere colpite sono le zone più povere del mondo entra in gioco un’omertà generale che i più maliziosi potrebbero anche definire consapevole.

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Quest’estate, mentre l’Amazzonia guadagnava un ruolo di primo piano tra le preoccupazioni dell’opinione pubblica, l’Africa era devastata da incendi che coprivano un’area addirittura maggiore rispetto a quella rilevata in Sud America. Mentre l’Australia bruciava, e tutti condividevano via social foto di koala ustionati, lo stesso fenomeno atmosferico, causato dai cambiamenti climatici e responsabile di aver inasprito la potenza degli incendi del New South Wales, stava causando alluvioni di portata apocalittica nell’Africa Orientale lasciando dietro di sé morti e distruzione e, allo stesso tempo, mettendo le basi per il proliferare delle locuste che stanno divorando la parte orientale del continente.

Il silenzio dei media sull’alluvione del Madagascar

Risulta ormai evidente come la crisi climatica sia trattata in modo palesemente iniquo da parte dei media. Se infatti da un lato questo tipo di notizie vengono spesso relegate come appartenenti ad un segmento di nicchia, dall’altro c’è anche una disparità di trattamento “interna” tra disastri ambientali, in virtù dell’importanza del ruolo che il paese colpito ricopre nei giochi di potere internazionali.

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Va precisato come questo ragionamento sia valevole non solo per stragi e notizie negative ma anche per quelle positive come poteva essere, ad esempio, quella dello stanziamento da parte dell’UE di 1.000 miliardi di euro per far fronte alla crisi climatica; una news che alcune delle testate di caratura nazionale, specialmente quelle di stampo negazionista, non ha neanche riportato. Il giorno in cui notizie di questo tipo riempiranno le prime pagine dei giornali non sono vicini ma forse, grazie soprattutto ai movimenti ambientalisti che stanno guadagnando forza ogni giorno che passa, neanche troppo lontani. Speriamo solo che quel giorno non arrivi troppo tardi.

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di Luigi Cazzola
Gen 31, 2020
Nato nel 1991 a Fano, laureato in Lingue e Comunicazione. Marketer di professione e diverse esperienze all’estero alle spalle. Da ormai qualche anno ambientalista convinto, a Settembre 2018 arriva la svolta che stava aspettando. Viene selezionato per il “Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti”, dove può finalmente approfondire tematiche relative tanto al giornalismo quanto all’ambiente. Fermamente convinto che la lotta al cambiamento climatico sia la più importante battaglia della sua generazione, decide di mettere le competenze acquisite al servizio di tutti per accrescere la consapevolezza legata a questo tema e fornire consigli pratici per orientare le scelte dei singoli verso un approccio più green grazie ad un consumo più critico e consapevole. Per L’Ecopost si occupa di redazione di contenuti, sviluppo Front-End e comunicazione sui Social Media.

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