Gli esseri umani hanno la tendenza naturale o, se vogliamo, inconscia, a convincere se stessi dell’inesistenza di ciò che non si vede. L’inquinamento dovuto al riscaldamento domestico è un nemico invisibile, che però apporta un grosso contributo all’acuirsi del riscaldamento globale. Molto più, per esempio, della tanto accusata plastica. Essa, seppur rappresenti a sua volta una grave minaccia all’ambiente, non contribuisce ai cambiamenti climatici quanto il riscaldare le nostre case durante l’inverno. La plastica, però, si vede e si tocca e per questo è molto più semplice utilizzarla come espediente per lavarci la coscienza. Dobbiamo ricordarci, però, che l’Idra della crisi climatica ha molte teste e una delle più resistenti è proprio quella del riscaldamento.
Riscaldamento domestico: i dati
Anche se sono attivi soltanto da metà ottobre sino ad aprile, le caldaie e i caminetti sono responsabili del 60% delle polveri sottili. Questo dato deriva anche dal fatto che, se tutte le altre fonti di inquinamento, prima tra tutte quella dei trasporti, hanno ridotto le loro emissioni, il settore del riscaldamento le ha invece incrementate. Secondo l’Ispra nel 2005 le caldaie erano responsabili dell’emissione di 14mila tonnellate di Pm10. Nel 2015 sono arrivate a superare quota 21mila tonnellate. In alcuni comuni questo aumento è stato ancora più significativo. Ad Aosta si è passati da 31 a 72 tonnellate all’anno di particolato emesso dai comignoli, il che significa un incremento del 129%.

Tra le informazioni che si trovano nei numerosi articoli e studi in merito all’attribuzione di queste emissioni, emerge il dato relativo al legno. La combustione di questa biomassa infatti emetterebbe moltissimo particolato (400 g/Gj di PM10 contro i 216 del carbone e i 3,6 del gasolio). È anche vero, però, che il caminetto a legna non è la fonte di riscaldamento più utilizzata dagli italiani. Il primato va invece al metano, che raggiunge l’altissima soglia del 71% (le biomasse vengono bruciate dal 14% delle abitazioni, il GPL dal 6%, l’energia elettrica viene utilizzata nel 5% dei casi e il gasolio nel 4%).
Il riscaldamento domestico da fonti rinnovabili
Il fatto quindi di scegliere il combustibile che è “meno peggio” rispetto agli altri non apporterebbe un cambiamento radicale, dato che, ripetiamo, le biomasse rappresentano già una minoranza rispetto alla maggior parte delle fonti di calore in Italia. Una vera svolta sarebbe invece data da un diffuso e rapido efficientamento energetico di tutte le abitazioni.
A cominciare dall’utilizzo di fonti rinnovabili o comunque realmente poco inquinanti. L’esempio più lampante è quello dei pannelli fotovoltaici che, sfruttando l’energia solare, possono portare elettricità e acqua ad alta temperature quasi gratuitamente alle abitazioni che ne usufruiscono. Di qui, poi, si può sfruttare l’acqua riscaldata in favore della regolazione termica della casa. Molto efficiente, da questo punto di vista, è il riscaldamento a pavimento, che sfrutta l’acqua calda immagazzinata nei tubi di scarico.
Le soluzioni ibride
I pannelli solari, però, sono legati al ciclo naturale dell’elemento apollineo, purtroppo non molto sgargiante durante i mesi invernali. Di qui la possibilità di combinare il fotovoltaico alla tecnologia pellet. Questa permette di utilizzare la fonte rinnovabile e naturale del legno in modo molto più efficiente rispetto alla semplice stufa “aperta”. Va tuttavia specificato che, sebbene un impianto di riscaldamento basato su questo elemento sia preferibile a quelli che fanno invece uso di legna da ardere, questa non è comunque una soluzione ottimale in termini di emissioni. Gli elogi che ricevette questo tipo di materiale quando fu inizialmente messo in commercio, sono infatti stati smentiti negli anni a venire. Il problema principale infatti, in termini di particolato, è la combustione, che andrebbe quindi evitata in tutte le sue forme.

Un altro strumento utile al riscaldamento domestico che sfrutta l’energia rinnovabile è la pompa di calore. Ne esistono di diversi tipi, a seconda di quale siano le caratteristiche della propria abitazione, tutti assolutamente preferibili da un punto di vista ecologico rispetto agli impianti tradizionali. Il Presidente di ARSE (Associazione Riscaldamento Senza Emissioni) aveva rivelato, in un’intervista alla Stampa che per produrre 100 unità di calore una caldaia deve bruciare da 105 (caldaie più efficienti) a 120 (caldaie vecchie) unità di energia chimica (combustibile). Una pompa di calore in soluzione geotermica per produrre le stesse 100 unità di calore preleva 70-80 unità di energia termica dall’acqua (o dal terreno) e solo 20 – 30 unità di energia elettrica.
Talvolta, però, manca lo spazio o i fondi sufficienti per questo tipo di tecnologie. Ebbene esistono anche alcune caldaie cosiddette a condensazione. Queste sono dispositivi caratterizzati da elevata efficienza energetica che permettono di limitare i consumi utilizzando il calore dei gas di scarico sotto forma di vapore acqueo. In questo modo assicurano una sostanziale riduzione dei costi e il recupero di una quota di energia pari al 17%. Eventualmente anche queste possono essere abbinate a una delle fonti di energia pulite di cui sopra.
Il cambiamento dipende anche da noi
Per quanto però possiamo essere virtuosi nella scelta del riscaldamento casalingo, la nostra responsabilità non finisce qui. Se infatti compriamo una stufa a pellet, ma questa resta accesa tutto il giorno oppure la posizioniamo in aree della casa poco frequentate, il nostro comportamento iniziale passa da virtuoso a estremamente dannoso. Le accortezze da tenere per qualunque dispositivo di riscaldamento domestico sono le seguenti:

- Attivarlo soltanto in alcuni momenti della giornata, evitando ovviamente l’accensione nei momenti in cui non vi è nessuno per un lungo arco di tempo.
- Scegliere di coprirsi un po’ di più piuttosto che alzare troppo il riscaldamento.
- Differenziare la temperatura nelle stanze della casa, abbassandola nei luoghi di passaggio come corridoi e anticamere.
- Utilizzare un Timer. Con l’accensione manuale talvolta si rischia di lasciare acceso il riscaldamento a vuoto per un tempo superiore a quello necessario.
- Limitare la dispersione di calore
- Chiudere imposte o tapparelle quando cala il sole.
- Non coprire i caloriferi con indumenti o tende troppo lunghe.
- Utilizzare infissi isolanti o a risparmio energetico
- Tenere sotto controllo la manutenzione della caldaia e spurgare regolarmente i radiatori dall’acqua in eccesso per una corretta circolazione della stessa.
- Usufruire degli incentivi per l’efficientamento energetico delle abitazioni. Il Decreto Rilancio attivo da luglio prevede infatti una detrazione del 110% per ogni intervento al fine di rendere più energicamente efficienti gli immobili. Nell’articolo che puoi leggere cliccando qui trovi tutte le informazioni a riguardo.