I nostri partner - EERT

VISITA IL LORO SITO

La pandemia è stata innescata dal clima più caldo

Home » Cambiamento Climatico » La pandemia è stata innescata dal clima più caldo
Tempo di lettura 3 minuti

Che la pandemia sia stata causata anche dallo sfruttamento ambientale da parte dell’uomo ormai è stato scientificamente assodato. A corroborare questa tesi sono sopraggiunti i ricercatori del dipartimento di zoologia dell’Università di Cambridge. Dallo studio condotto nella prestigiosa università si evince come il mutamento degli habitat dovuto ai cambiamenti climatici abbia innescato la diffusione del Covid-19 per mezzo di animali selvatici quali i pipistrelli. Vediamo in che modo.

Pandemia: se la crescita delle foreste ci tradisce

Un dato decisamente meno noto riguardante l’origine della pandemia è quello relativo alla crescita degli alberi. Recentemente, anche grazie a massicce campagne di piantumazione verde da parte di famosi marchi, la crescita forestale è vista da molti come un fattore estremamente positivo per la salvaguardia dell’ambiente. Talvolta, però, non è così, o almeno non se la crescita non è molto ben controllata.

Nello studio si legge che le temperature più alte, l’aumento della luce solare e quello dell’anidride carbonica nell’aria hanno stimolato la crescita di piante in luoghi prima quasi desertici. Più precisamente, gli habitat di alcune zone della Cina meridionale, dello Yunnan e delle regioni adiacenti in Myanmar e Laos si sono trasformati da arbusti tropicali a savana tropicale e poi a boschi decidui. Questo ha creato un ambiente adatto per la proliferazione di molte specie di pipistrelli, che vivono prevalentemente nelle foreste.

Da qui, poi, la storia è nota. I pipistrelli di tutto il mondo sono portatori di oltre 3000 specie di coronavirus. Ognuno, quindi, può portare con sé più di due virus. Uno di questi, il ben conosciuto Covid-19, era ospite di uno di quei pipistrelli appena trasferiti nella zona grazie alla nuova ricchezza della vegetazione. Ha poi raggiunto un innocente pangolino, il quale a sua volta è stato strappato dal suo habitat per finire in un mercato di animali selvatici di Wuhan. Il passaggio dall’animale all’uomo, in questo ambiente che pullulava di organismi attraverso cui proliferare, gli esseri umani appunto, è stato per il virus molto semplice.

La vegetazione della regione dello Yunnan, in Cina

Una scoperta importante

Questa constatazione è risultata dalla creazione, da parte dei ricercatori inglesi, di una mappa della vegetazione mondiale dei primi del ‘900 e nei tempi recenti. Per farlo hanno utilizzato i dati relativi alle temperature, alle precipitazioni e alla copertura nuvolosa. Successivamente hanno analizzato la presenza dei pipistrelli in varie zone del mondo, per verificarne la coincidenza. Così è risultato chiaro che alcune specie si sono spostate proprio in concomitanza con il cambiamento della vegetazione, dovuta a sua volta all’aumento di temperatura.

Robert M. Beyer, lo scienziato a capo del team di ricerca, ha affermato quanto segue. Poiché il cambiamento climatico ha alterato gli habitat, le specie hanno lasciato alcune aree e si sono trasferite in altre, portando con loro i loro virus. Questo non solo ha alterato le regioni in cui sono presenti i virus, ma molto probabilmente ha permesso nuove interazioni tra animali e virus, causando la trasmissione o l’evoluzione di virus più dannosi. Sostanzialmente, con la proliferazione delle specie di pipistrelli, anche i virus si sono moltiplicati, mutando natura e diventando talvolta più resistenti e aggressivi.

Cambiamenti climatici e pandemia: l’inquinamento

Oltre il 60% delle malattie infettive emergenti in tutto il mondo è riconducibile alle zoonosi, e in particolare alla fauna selvatica. Già solo questo fatto dovrebbe portarci a rivalutare la cura dell’ambiente a 360 gradi, fosse anche solo per un egoistico istinto di conservazione. Un altro fattore che dovrebbe stimolare i politici del mondo ad agire contro i cambiamenti climatici è la connessione tra inquinamento ed effetti del Covid.

Nelle aree in cui si è maggiormente diffusa l’epidemia le concentrazioni di inquinanti atmosferici superano ampiamente i limiti massimi. L’esposizione cronica agli inquinanti atmosferici è stata associata alla sovraespressione polmonare, nota per essere il recettore principale per il Covid-19. Anche il numero di ricoveri in terapia intensiva e il tasso di mortalità sono risultati strettamente correlati alla quantità di particolato atmosferico nelle regioni italiane. Nelle regioni particolarmente inquinate, la mortalità era due volte superiore rispetto alle altre.

È il momento di agire

Inoltre, come abbiamo approfondito qui, sembra che il particolato atmosferico funzioni da carrier, ovvero da vettore per molti contaminanti chimici e biologici, come i virus. In più, le particelle inquinanti costituiscono un substrato che permette al virus di rimanere nell’aria in condizioni vitali per più tempo. Alla luce di questi fatti e dello studio da lui condotto con l’Università di Cambridge, Andrea Manica ha esortato i responsabili politici a riconoscere il ruolo del riscaldamento globale nei focolai delle malattie virali. Li ha poi incoraggiati ad affrontare la crisi climatica nell’ambito dei programmi di ripresa economica post Covid-19.

Manica ha ricordato che la pandemia di Covid-19 ha causato enormi danni sociali ed economici. I governi devono cogliere l’opportunità di ridurre i rischi per la salute derivanti dalle malattie infettive, adottando misure decisive per mitigare i cambiamenti climatici. Camilo Mora, terzo autore dello studio, ha aggiunto che il fatto che il cambiamento climatico possa accelerare la trasmissione di agenti patogeni dalla fauna selvatica all’uomo dovrebbe essere un campanello d’allarme urgente per ridurre le emissioni globali.

I nostri partner - VAIA

VISITA IL LORO SITO

di Iris Andreoni
Feb 10, 2021
Nata a Milano nel 1991 ma bergamasca di adozione, è tornata nella sua città natale per conseguire la laurea specialistica in Lettere Moderne, un corso di studi che ha cambiato la sua vita e il suo punto di vista sul mondo. Ha infatti imparato ad approfondire e affrontare criticamente argomenti di varia natura e dare in questo modo priorità a ciò che nella vita è davvero importante. Il rispetto per l’ambiente è una di queste cose e, grazie ad alcuni libri e documentari, ma anche dopo due viaggi in Asia, Iris si interessa in modo particolare a questo ambito. Durante l’università scrive recensioni e interviste sul blog letterario Viaggio nello Scriptorium e, terminati gli studi, si appassiona al mondo del giornalismo, decidendo di sfruttare il grande potere della scrittura per comunicare al mondo i suoi interessi e le notizie più importanti. Collabora come redattrice con il giornale Bergamo Post e ha poi l’onore di frequentare il Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti organizzato da Legambiente. Qui conosce altri aspiranti giornalisti e insieme decidono di dare il loro contributo per informare l’Italia riguardo all’emergenza ambientale cui stiamo assistendo e di cui non molti sembrano essersi accorti. Per l’Ecopost Iris si occupa della redazione di contenuti e comunicazione sui Social Media.

Leggi anche: