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Fotovoltaico galleggiante: la nuova frontiera dell’energia

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Ha preso romanticamente il soprannome di Blue Economy e non è altro che il nuovo sistema di rifornimento energetico che viene dal mare. Per poter raggiungere gli obiettivi del Green New Deal, infatti, l’Unione Europea sta investendo su nuove tecnologie per produrre energia pulita. Tra queste si distinguono il fotovoltaico offshore e le pale eoliche galleggianti, che permetterebbero di utilizzare l’enorme spazio marino per ottenere molta più energia green di quanta ne produciamo ora.

Dal fotovoltaico offshore al moto ondoso

Le nuove tecnologie sulle quali si vuole investire sono molte e talvolta anche interdipendenti. Il fotovoltaico offshore, per esempio, prevede di installare enormi complessi di pannelli solari galleggianti in mezzo al mare. Non dimentichiamoci però delle sue sorelle, le pale eoliche. Per queste sono state riservate due modalità costruttive: in condizioni di acqua bassa si utilizza la tecnologia a “fondazione fissa”. Ci si può invece muovere verso fondali marini più profondi mediante l’utilizzo di tecnologie a piattaforma galleggiante.

Il mare poi offre un’energia intrinseca, anch’essa sfruttabile. Si parla quindi, in questo caso, di impianti che trasformano l’energia cinetica del moto ondoso, delle maree e delle correnti, in energia elettrica. Talvolta si sfruttano, specialmente per le navi, anche i gradienti termici e salini delle differenti profondità. Questo tipo di energia è chiamata “talassotermica”.

I vantaggi energetici della Blue Economy

Secondo l’IEA (Agenzia Internazionale per l’Energia) l’energia potenzialmente ottenibile dalle fonti marine potrebbe eccedere abbondantemente il fabbisogno energetico mondiale. Una grande parte di questa energia proverrebbe dall’eolico offshore. Contando che l’Europa avrà bisogno di una capacità compresa tra i 230 e i 450 GW di offshore entro il 2050 per raggiungere gli obiettivi del Green Deal, dagli attuali 12 GW sarà necessario passare ad almeno 60 GW entro il 2030, e a 300 GW entro il 2050.

A supportare questo grande impegno entreranno in gioco anche le altre fonti di energia marina sopra nominate. Secondo la World Bank, la capacità potenziale di solare galleggiante che potrebbe venire installata a livello globale è di ben 400 GW. Questa somma corrisponde alla capacità di generazione di tutti i pannelli solari fotovoltaici installati nel mondo fino al 2017. Inoltre, i 100 GW provenienti da onde e maree potrebbero coprire il 10% della domanda di potenza dell’Unione Europea al 2050, evitando l’equivalente di 276 miliardi di tonnellate di emissioni annuali di CO2. Sostanzialmente, quindi, è ragionevole pensare che un’Europa a emissioni zero potrebbe non essere un obiettivo tanto irraggiungibile.

Fotovoltaico offshore: risparmio di suolo e posti di lavoro

Il fatto che i pannelli solari e le pale eoliche offshore siano enormi serbatoi di energia totalmente green non è il loro unico vantaggio. La prima grande conquista sarebbe il consumo-zero di suolo, anche rispetto agli impianti eolici e fotovoltaici terrestri. Queste tecnologie infatti darebbero respiro alle aree più densamente popolate e libererebbe enormi aree riservate ad altri settori altrettanto importanti come l’agricoltura. Per quanto riguarda le turbine eoliche, poi, queste sarebbero più efficienti in mare in quanto il vento più forte unitamente al movimento delle onde contribuirebbe a un incremento della potenza delle pale. Per i pannelli solari, invece, il vantaggio aggiunto dell’acqua e della maggiore ventilazione aiuterebbero a raffreddare le celle e a dissipare il calore sviluppato, migliorandone l’efficienza e la produttività. Si eviterebbero poi fenomeni di surriscaldamento e, quindi, guasti.

La superficie dell’acqua, poi, riflette i raggi solari, comportandosi come una sorta di concentratore a specchio. In questo modo i moduli possono catturare anche la luce riflessa, aumentando ulteriormente la produzione. Nel contempo si riduce il rischio di ombre dovute a piante o palazzi, così come quello legato alla presenza di polvere, terra o sabbia.

Non è da sottovalutare inoltre la creazione di nuove occupazioni. Nel 2017 il settore dell’eolico ha fornito 356.700 posti di lavoro a tempo pieno nell’UE, su una stima di 1,45 milioni di persone che lavorano nel settore delle energie rinnovabili. Secondo Cambridge Econometrics nel Regno Unito, che solo dieci anni fa ha intrapreso con decisione la strada dell’eolico offshore, si stima che l’industria dell’eolico offshore nel 2032 impiegherà circa 60 mila lavoratori diretti e indiretti.

Il problema estetico e acustico, infine, è chiaramente superato. Gli impianti offshore sono molto lontani dalla terraferma, in quanto necessitano di una sostanziale profondità. Sono quindi quasi totalmente invisibili e non comprometteranno la valenza turistica delle nostre meravigliose coste.

Le problematiche dell’energia offshore

Il costo delle nuove tecnologie

Come in tutte le cose esistono due facce della stessa medaglia. Quello più oscuro delle rinnovabili offshore è, in primo luogo, l’alto costo iniziale degli impianti. Il Rapporto annuale “Global Landscape of Renewable Energy Finance” dell’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA) ha constatato che per raggiungere globalmente la neutralità climatica al 2050, gli investimenti nelle energie rinnovabili dovrebbero quasi triplicare ogni anno. In questo modo si raggiungerebbero gli 800 miliardi di dollari entro il 2050. L’Unione Europea ha poi deciso di triplicare al 2030 la capacità dell’eolico offshore e di aumentarla di altre 25 volte entro il 2050. Per farlo sono quindi necessari grossi investimenti.

I soldi, però, sembrano esserci. La Banca Europea per gli Investimenti (BEI) ha dato il via libera al programma della Banca del Clima. Questa metterà a disposizione 1.000 miliardi di euro, da spendere entro il 2030, per progetti incentrati su climabiodiversità sostenibilità. Inoltre, in teoria, tutte le attività di finanziamento saranno allineate all’Accordo di Parigi sul clima. Infatti dal 2022 non saranno più finanziati progetti che coinvolgono combustibili fossili. Soltanto le tecnologie a basse emissioni di carbonio avranno accesso ai finanziamenti. 

Ricordiamo inoltre che ogni investimento in energia pulita assicura un risparmio notevole di denaro e risorse sul lungo periodo. Leggi qui quanto si può risparmiare scegliendo l’energia green per la tua casa.

Il mare: un ecosistema fragile

Gli impianti energetici offshore possono, come tutti gli elementi artificiali ed estranei all’ambiente naturale, danneggiare l’ecosistema marino. Per esempio la conversione di energia dalle onde può modificare le dimensioni e la frequenza delle onde stesse, delle maree e delle correnti. La fase di installazione degli impianti può anche avere un impatto “locale” per l’ambiente marino in quanto è possibile che vengano liberate alcune particelle che possono influenzare il comportamento alimentare dei pesci. In più, uova, alghe e organismi che vivono sul fondo possono venire sepolti e repressi dalla deposizione degli impianti.

Leggi anche: “Ecosistema: che cos’è e perché è importante”

I nuovi dispositivi potranno poi diventare nuovi habitat per diverse specie marine. Se da un lato questo rappresenta un aspetto positivo, dall’altro diventa un onere tecnico, pagato in termini di manutenzione e quindi di efficienza degli impianti stessi. Alcuni convertitori sembrano inoltre essere molto rumorosi, soprattutto in condizioni di mare mosso, il che contribuirebbe al fenomeno dell’inquinamento acustico marino.

Infine le pale eoliche potrebbero intralciare il percorso di alcuni volatili o rappresentare un rischio di collisione, così come per le navi. Alla luce di questo, quindi, è necessaria una ricerca seria e approfondita su queste nuove tecnologie. Serve pertanto una particolare attenzione alle regole delineate dal programma UE sulla biodiversità (di cui parliamo qui). Fermo restando che i rischi sopra elencati non sono neanche lontanamente paragonabili ai danni ambientali e sociali che sino ad ora hanno causato le industrie del fossile.

A che punto è l’Italia con fotovoltaico e l’eolico offshore?

L’Italia, con oltre 7 mila km di costa possiede una grande potenzialità per uno sviluppo ecosostenibile dell’eolico e del fotovoltaico offshore. Per quest’ultimo, se considerassimo anche solo il 4% dell’area disponibile (circa 2000 kmq), potremo arrivare a una potenza di circa 13 GW, che è l’attuale potenza dell’eolico offshore installata nella Ue. L’elevata profondità dell’offshore e quindi la mancanza di una tecnologia pronta per tali sfide, spiega, almeno in parte, l’assenza di parchi eolici marini nel Mar Mediterraneo. L’associazione Owemes, però, sostiene che l’Italia abbia tutte le carte in regola per partecipare da protagonista allo sviluppo di tali tecnologie. Già coinvolti in alcuni progetti troviamo 133 partner nazionali, tra cui 29 università e centri di ricerca (Cnr, Ogs, Ingv, Infn, Enea, Szn, Ispra), distretti regionali e grandi industrie (Fincantieri, Saipem, E-Geos, Tecnomare).

fotovoltaico offshore
Fonte: www.saipem.com

Nel PNIEC (Piano nazionale integrato energia e clima) il governo italiano si è impegnato a dotare il paese di 1000 megawatt di capacità eolica offshore entro il 2030, contro i 21mila MW previsti per l’eolico su terra. Al momento, però, in Italia è stato approvato soltanto il progetto del parco eolico near-shore nei mari di Taranto. Grande speranza è quindi infusa nella società italiana Saipem che si sta impegnando nello sviluppo non solo dell’eolico, ma anche del fotovoltaico galleggiante.

Quest’ultimo progetto prevede enormi piattaforme di pannelli solari galleggianti caratterizzati da una buona flessibilità. Questa, insieme alla struttura flottante, conferiscono maggiore adattabilità e resistenza alle condizioni dell’acqua. Consentono inoltre l’installazione anche in zone esposte a venti e a moto ondoso come, appunto, il mare e gli oceani. I moduli flottanti sono poi sopraelevati rispetto al livello del mare, favorendo la ventilazione e il raffreddamento dei pannelli. Infine possono essere combinati per realizzare impianti di varie dimensioni, a seconda delle esigenze. 

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di Iris Andreoni
Nov 24, 2020
Nata a Milano nel 1991 ma bergamasca di adozione, è tornata nella sua città natale per conseguire la laurea specialistica in Lettere Moderne, un corso di studi che ha cambiato la sua vita e il suo punto di vista sul mondo. Ha infatti imparato ad approfondire e affrontare criticamente argomenti di varia natura e dare in questo modo priorità a ciò che nella vita è davvero importante. Il rispetto per l’ambiente è una di queste cose e, grazie ad alcuni libri e documentari, ma anche dopo due viaggi in Asia, Iris si interessa in modo particolare a questo ambito. Durante l’università scrive recensioni e interviste sul blog letterario Viaggio nello Scriptorium e, terminati gli studi, si appassiona al mondo del giornalismo, decidendo di sfruttare il grande potere della scrittura per comunicare al mondo i suoi interessi e le notizie più importanti. Collabora come redattrice con il giornale Bergamo Post e ha poi l’onore di frequentare il Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti organizzato da Legambiente. Qui conosce altri aspiranti giornalisti e insieme decidono di dare il loro contributo per informare l’Italia riguardo all’emergenza ambientale cui stiamo assistendo e di cui non molti sembrano essersi accorti. Per l’Ecopost Iris si occupa della redazione di contenuti e comunicazione sui Social Media.

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