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Olio di palma: fa male a noi o all’ambiente?

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Tempo di lettura 4 minuti

“L’olio di palma fa male?” è una domanda che ci si pone spesso. State vagando tra gli scaffali del supermercato cercando qualcosa di nuovo per la colazione. Vi trovate con due confezioni in mano e dovete fare una scelta. Una sola riporta la scritta “senza olio di palma”. Sfido chiunque a non scegliere quella invece dell’altra. Poco importa se nemmeno “l’altro” ha al suo interno il fatidico ingrediente. Poco importa se il motivo per cui evitiamo l’olio di palma dovrebbe portarci a evitare anche altri grassi vegetali o animali, quasi sempre presenti nei prodotti industriali. Tutto questo importa poco se la lista degli ingredienti non viene letta da nessuno.

Percentuali

Informarsi su tutti gli ingredienti e non soltanto sul loro capro espiatorio è fondamentale. L’olio di palma è stato additato per il suo alto contenuto di acidi grassi saturi (50%) rispetto ad altri grassi vegetali usati a scopo alimentare come l’olio di oliva (circa 18%), l’olio di soia (16%), l’olio di semi di girasole (13%). Il burro, invece, che contiene una quantità di acidi grassi saturi simile a quella dell’olio di palma (50%), è passato in sordina, così come il tanto decantato olio di cocco, che mostra contenuti ancora superiori (65%).

Acidi grassi saturi

Ma vediamo qual è, nei fatti, il problema dei grassi saturi. Da un lato essi sono normali costituenti della frazione grassa degli alimenti, la cui assunzione è necessaria anche per permettere un’adeguata crescita; il 40% degli acidi grassi totali del latte materno sono infatti saturi. Per l’uomo adulto, però, consumarne eccessivamente comporta l’innalzamento dei marcatori di rischio cardiovascolari, in particolare del colesterolo.

L’olio di palma in piccole quantità non fa male

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha indicato i principali fattori di rischio per le malattie croniche come il tabacco, l’alcol, l’alimentazione scorretta e la sedentarietà, ha aggiunto tra questi anche il consumo di acidi grassi saturi, raccomandando che la loro quota calorica non superi il 10% di quella giornaliera.

Ciò significa che, in un fabbisogno di 2000kcal al giorno, i grassi saturi non devono superare i 22 grammi. Per intenderci, cinque biscotti industriali ne contengono circa 3,5 grammi. Non molti, quindi, considerando il limite posto dall’Oms. Come sempre, quindi, l’olio di palma non è pericoloso in sé per sé, ma lo diventa se consumato in grandi quantità, difficilmente raggiungibili con una dieta sana ed equilibrata.

olio di palma fa male

Limitare gli alimenti lavorati

È infatti sempre meglio limitare il consumo di prodotti industriali o lavorati poiché i grassi saturi oltre che nei biscotti, si trovano anchei nei formaggi (15%) e negli insaccati (10%). Sono invece contenuti in misura minore in quelli non lavorati come le uova, il latte intero e la carne fresca (2-3%). Ancora una volta, quindi, restare vicini alla natura si conferma la scelta migliore per la nostra salute.

Perché l’olio di palma?

A questo punto ci si può chiedere perché almeno l’olio di palma non sia stato sostituito, per esempio, con l’olio di oliva o di girasole? Un po’ perché, come abbiamo detto, con una dieta equilibrata è difficile superare le dosi massime di grassi saturi. I motivi, però, sono molti altri:

  • Dagli anni ’70 ha sostituito i grassi saturi idrogenati, ovvero acidi grassi saturi che, attraverso processi chimici di idrogenazione, sono stati resi solidi e quindi resistenti all’irrancidimento. Questi grassi cosiddetti “trans” sono ormai globalmente riconosciuti come molto dannosi per la salute a causa del loro altissimo rischio cardiovascolare. L’olio di palma, invece, è già molto denso tanto da diventare solido a temperatura ambiente, senza bisogno di modifiche.
  • Con la sua consistenza rende gli alimenti friabili e croccanti, oltre che più duraturi poiché resistente all’ossidazione.
  • Dopo la raffinazione diventa totalmente incolore, inodore e insapore, così da non alterare le preparazioni.
  • È molto versatile tanto da essere usato sia nel settore alimentare (fritture, margarine, prodotti da pasticceria e da forno) sia per produrre cosmetici, dentifrici, candele, lubrificanti, prodotti farmaceutici, pitture, pellicole fotografiche e persino dinamiti; dagli anni ’70 in poi è stato usato per la produzione di biodiesel.
  • La sua pianta ha un’elevata capacità produttiva tanto che, per una data quantità di olio, viene usata la metà del terreno necessario per altre colture come la soia.
  • È un olio molto economico e l’aumento della sua produzione ha contribuito all’abbassamento del prezzo.

L’olio di palma fa male all’ambiente

La sua vastissima produzione ha però causato molti problemi ambientali e sociali:

  • Deforestazione: dal 1973 sull’isola Borneo (nel sud-est asiatico) sono stati tagliati 41 mila chilometri quadrati di foresta pluviale (un terzo del totale) per fare spazio alle piantagioni di palme da olio. Dal 2000 il disboscamento è salito al 47%.

Leggi anche: “Deforestazione Amazzonia: quando la natura non ha voce”

  • Dal 1999 al 2015 sono morti 150 mila oranghi a causa sia della caccia sia del disboscamento. Le piantagioni sono anche spesso usate dai bracconieri come facile via di accesso alla foresta e quindi agli animali.
  • La deforestazione provoca l’aumento di gas serra e quindi l’inquinamento dell’aria, poiché l’assenza di alberi blocca la fotosintesi. Le palme da olio sono troppo piccole e troppo poco rigogliose per assorbire l’enorme quantità di smog presente nell’aria.
  • I fumi delle foreste bruciate per far spazio alle piantagioni di palma da olio hanno causato migliaia di morti premature.
  • Molte volte i villaggi che si trovano sulle aree destinate alle piantagioni sono sgomberati e rasi al suolo, lasciando gli abitanti senza casa e dipendenti dai sussidi statali.
  • I lavoratori delle piantagioni, talvolta anche minori, sono spesso sfruttati e sottopagati.
olio di palma fa male

Olio di palma certificato

Per ovviare al problema la RSPO (Tavola rotonda sull’Olio di Palma Sostenibile) ha cominciato a certificare l’olio di palma sostenibile, cioè prodotto rispettando queste regole:

  • Non devono essere abbattute foreste primarie, aree con intense concentrazioni di biodiversità o ecosistemi delicati.
  • Deve essere minimizzata l’erosione e devono essere salvaguardate le fonti idriche
  • Deve essere garantito un salario minimo ai lavoratori
  • Le comunità locali devono dare il consenso per l’avvio dei lavori.

Un circolo vizioso

Ad oggi però solo un quinto delle piantagioni di palma da olio nel mondo è certificato. La causa risiede anche nel mancato intervento statale nei paesi produttori e, anche quando lo Stato interviene, si crea un circolo vizioso. I soldi messi a disposizione dai governi per la salvaguardia delle foreste provengono proprio dalle piantagioni di palma da olio, senza le quali l’economia del Paese crollerebbe. Per questo motivo sarebbe un’imprudenza vietare totalmente l’olio di palma, oltre il fatto che si incentiverebbe la coltivazione di altri tipi di piante ancora meno sostenibili.

Spesa consapevole

La soluzione sarebbe comunque quella di non abusare di questo ingrediente e i primi responsabili di questo siamo noi, senza nemmeno saperlo. Dovremmo quindi fare la spesa in modo più consapevole, tenendo presente che più acquistiamo ingredienti “unici”, naturali, non lavorati e non già composti tra loro, meglio è.

Se non sapete come fare, iniziate da quello che ha detto Franco Berrino, oncologo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: “immaginate di essere al supermercato con la vostra bisnonna. Tutto quello che lei non riconoscerebbe come cibo…non compratelo”. In questo modo, probabilmente, entrambe le confezioni di biscotti integrali che avete in mano rimarrebbero sullo scaffale.

Leggi anche: “Ridurre la plastica al supermercato: ecco come fare”

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di Iris Andreoni
Mar 27, 2019
Nata a Milano nel 1991 ma bergamasca di adozione, è tornata nella sua città natale per conseguire la laurea specialistica in Lettere Moderne, un corso di studi che ha cambiato la sua vita e il suo punto di vista sul mondo. Ha infatti imparato ad approfondire e affrontare criticamente argomenti di varia natura e dare in questo modo priorità a ciò che nella vita è davvero importante. Il rispetto per l’ambiente è una di queste cose e, grazie ad alcuni libri e documentari, ma anche dopo due viaggi in Asia, Iris si interessa in modo particolare a questo ambito. Durante l’università scrive recensioni e interviste sul blog letterario Viaggio nello Scriptorium e, terminati gli studi, si appassiona al mondo del giornalismo, decidendo di sfruttare il grande potere della scrittura per comunicare al mondo i suoi interessi e le notizie più importanti. Collabora come redattrice con il giornale Bergamo Post e ha poi l’onore di frequentare il Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti organizzato da Legambiente. Qui conosce altri aspiranti giornalisti e insieme decidono di dare il loro contributo per informare l’Italia riguardo all’emergenza ambientale cui stiamo assistendo e di cui non molti sembrano essersi accorti. Per l’Ecopost Iris si occupa della redazione di contenuti e comunicazione sui Social Media.

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