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Ski Dubai: il pericoloso nonsenso della neve artificiale

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La natura non fa altro che insegnarci questo: ogni cosa ha il suo tempo e il suo spazio e, se non rispettati, il servizio extra bisogna pagarlo a caro prezzo. Voi direte: sciare è la mia passione e i soldi per accedere a una pista di neve finta me li sono guadagnati. Il prezzo di cui parliamo, però, non è quantificabile in denaro. E l’impianto Ski Dubai ha un costo che non può essere ripagato col denaro.

La neve, una risorsa preziosa

La neve, come dice Adam Gopnik nel suo splendido libro “L’invenzione dell’inverno”, rende la realtà esteticamente sublime. È però anche una risorsa naturale preziosa, fondamentale per il ciclo della vita sulla terra. È infatti una riserva idrica importante per l’estate, quando si scioglie e rimpingua i fiumi. Quella che non si scioglie, nelle zone ombrose o durante estati fresche (ormai sempre più rare) garantisce la sopravvivenza dei ghiacciai. In inverno, inoltre, grazie al suo forte potere isolante, la neve protegge il suolo dal gelo e, quindi, dalla sterilità.

Sapere quindi che vi sono macchine in grado di produrre neve in luoghi già freddi, ma anche dove la temperatura raggiunge i 40 gradi, come negli Emirati Arabi, dovrebbe essere una buona notizia. Ebbene, non lo è affatto.

I cannoni spara-neve

Ormai siamo sempre più abituati a vedere ai lati delle piste i cannoni spara-neve, ma pochi sanno come funzionano. Quando l’acqua pressurizzata entra in contatto con l’aria compressa, entrambe già fredde per la temperatura esterna, si forma il primo cristallo di ghiaccio. Dopodiché viene aggiunta altra acqua fredda vaporizzata, la quale si addensa intorno al primo nucleo e forma il “fiocco” di neve.

Il consumo di energia per produrre una tonnellata di neve si aggira intorno ai 5,6 kWh. In una notte le macchine ne producono circa 50 tonnellate, consumando in questo lasso di tempo quello che un frigorifero di classe A consuma in un anno. Come se non bastasse, per coprire una pista lunga un chilometro, le tonnellate di neve necessarie sono 10 mila. Fra l’altro, la neve artificiale ha una densità molto maggiore rispetto a quella naturale (400-500 km/ m³ contro 200-300 km/ m³) e per questo ne serve molta di più.

ski dubai

Rincorrere fantasmi

Talvolta si attribuisce alla neve artificiale il merito di proteggere il suolo dal gelo, ma nei fatti questa ha un potere di isolamento molto basso rispetto alla neve naturale. Se pensate che questo sia meglio di niente, è proprio qui il punto. Continuiamo a rincorrere fantasmi, sperando di poter risolvere il problema del riscaldamento globale con la tecnologia. Invece, queste tecnologie sfruttano i combustibili fossili e prosciugano le nostre riserve di acqua. In questo modo la temperatura terrestre aumenta ancora di più e si crea un circolo vizioso infinito. Il suolo sta già soffrendo per il freddo e la mancata protezione della neve che un tempo era molto più abbondante. Perché peggiorare le cose continuando a tirare i lembi di una coperta ormai troppo piccola?

Lo sci primaverile

Ancora peggio è quando si cerca di aumentare la permanenza della neve sulle piste anche nei periodi più caldi, quando dovrebbero sbocciare i primi fiori sul terreno. Dovrebbero, perché a causa della neve artificiale questo non succede. Nei luoghi soggetti a innevamento artificiale è stato infatti riscontrato un ritardo dell’inizio dell’attività vegetativa fino a 20-25 giorni. La conseguenza è un deterioramento progressivo del manto erboso, l’alterazione dell’ecosistema e quindi della biodiversità del territorio.

Le piste della Ski Dubai

La goccia che farà (o ha già fatto) traboccare il vaso è però l’installazione delle macchine produci-neve in località dove questa non si formerebbe mai in natura, come gli Emirati Arabi. La Ski Dubai utilizza la All weather snow making, prodotta dalla compagnia israeliana IDE tecnologies. Questa macchina è una sorta di enorme freezer che produce 500 tonnellate di neve al giorno, più del doppio rispetto a un cannone spara-neve. Per farlo ha ovviamente bisogno di più energia, sia per la quantità di neve prodotta, sia per raffreddare l’acqua e l’aria, non potendo sfruttare la temperatura esterna.

La sua versione più piccola è di 11 metri di altezza, 30 tonnellate di peso e costa 1,2 milioni di euro. Il suo motore ha una potenza di 235 kw, pari a quella di 1565 frigoriferi. Ogni tonnellata di neve prodotta consuma 12 kwh, paragonabile al consumo di un litro di benzina. Pensate a quante tonnellate di “neve” servano per la Ski Dubai: cinque piste da 22500 metri quadrati situate in un felicissimo contenitore di ferro e cemento in mezzo al deserto.

La neve sulle Alpi

Prima di Dubai, questa macchina è stata acquistata dalla Svizzera per gli impianti di Zermatt e Pitzal. Più comprensibile, visto che uno dei mercati più fiorenti in queste zone è proprio quello dello sci. La bolletta per questa macchina “magica” la pagano gli sciatori e, finché il bilancio finanziario è in attivo, nessuno si preoccupa molto della perdita a livello termodinamico. Non esiste infatti nessuna magia, solo un insostenibile sfruttamento di acqua ed energia per soddisfare i “bisogni” di investitori e turisti.

Lo so, non è facile per una località sciistica rinunciare al turismo invernale, che talvolta è la principale fonte di posti di lavoro e di sostentamento. Ma ad oggi l’unico modo per provare a ristabilire i livelli di precipitazioni nevose di 50 anni fa è fermarsi e cambiare business. I segnali del fatto che abbiamo superato i limiti ci sono già stati inviati da molti anni e a questo bisognava e bisogna prepararsi, non correre a veloci e inutili ripari.

Alcuni dati

Come ha rilevato il Centro Geofisico Prealpino, le precipitazioni nevose sono nettamente diminuite a partire dagli anni ’80. Nella zona di Campo dei Fiori a Varese, situata a 1226 m di quota, la media dell’altezza della neve tra il 1967 e il 1987 era di 403 cm. Tra il 1988 e il 2017 si è dimezzata, arrivando a soli 201 cm. A Varese si è passati da 69 cm a soli 33 cm.

Uno studio presentato dal Cnrs nella città di Grenoble rivela che a Col de Porte, a 1.326 metri di altitudine, in cinquant’anni vi è stato un calo della coltre nevosa da 120 a 50 centimetri. All’Alpe d’Huez, che raggiunge i 3.300 metri, nel 2015 sono state aperte solo 30 piste su 130. Sempre secondo lo studio, entro un decennio, due al massimo, tutti le piste da sci al di sotto dei 1.800 metri saranno condannate.

Nel 2015 a Madonna di Campiglio per consentire l’apertura della stagione sciistica sono stati utilizzati 400 mila metri cubi di neve artificiale. A Bormio sono stati investiti 8,5 milioni di euro per un impianto di innevamento programmato. 190 cannoni fissi e 50 cannoni mobili che garantiscono l’innevamento sull’80% delle piste (40 km su 50 totali).

Non sembra anche a voi che la cosa sia un po’ sfuggita di mano? Che sia un controsenso? Che sia una forzatura gigantesca? Se c’è una soluzione, quella è solamente fare un passo indietro e sperare che la neve, un giorno, torni a far parte del ciclo della natura. La quale, se l’avessimo rispettata fin da subito, oggi permetterebbe a noi e alle future generazioni di goderci la neve vera, gratuita e priva di effetti collaterali, che cade sempre e solo dalle nuvole.

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di Iris Andreoni
Apr 8, 2019
Nata a Milano nel 1991 ma bergamasca di adozione, è tornata nella sua città natale per conseguire la laurea specialistica in Lettere Moderne, un corso di studi che ha cambiato la sua vita e il suo punto di vista sul mondo. Ha infatti imparato ad approfondire e affrontare criticamente argomenti di varia natura e dare in questo modo priorità a ciò che nella vita è davvero importante. Il rispetto per l’ambiente è una di queste cose e, grazie ad alcuni libri e documentari, ma anche dopo due viaggi in Asia, Iris si interessa in modo particolare a questo ambito. Durante l’università scrive recensioni e interviste sul blog letterario Viaggio nello Scriptorium e, terminati gli studi, si appassiona al mondo del giornalismo, decidendo di sfruttare il grande potere della scrittura per comunicare al mondo i suoi interessi e le notizie più importanti. Collabora come redattrice con il giornale Bergamo Post e ha poi l’onore di frequentare il Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti organizzato da Legambiente. Qui conosce altri aspiranti giornalisti e insieme decidono di dare il loro contributo per informare l’Italia riguardo all’emergenza ambientale cui stiamo assistendo e di cui non molti sembrano essersi accorti. Per l’Ecopost Iris si occupa della redazione di contenuti e comunicazione sui Social Media.

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