L’Amazzonia brasiliana ha rilasciato nell’atmosfera il 20% in più di anidride carbonica di quanta ne ha assorbita negli ultimi dieci anni. E’ quanto emerge da uno sconcertante rapporto pubblicato sulla rivista Nature Climate Change. Da alleato fondamentale alla lotta al riscaldamento climatico, la foresta amazzonica sta diventando un emettitore netto del gas a effetto serra. Affrontare la crisi climatica sarà molto più difficile.

L’importanza della Foresta Amazzonica
La Foresta Amazzonica, la più estesa e importante foresta pluviale del pianeta, è soprannominata il “polmone verde” della Terra per molteplici ragioni. Si spazia dalla produzione di ossigeno alla meravigliosa biodiversità, passando per lo stoccaggio di anidride carbonica che riesce a “sequestrare”, grazie all’enorme numero di alberi presenti. Poiché il principale dei gas a effetto serra è proprio la CO2, la Foresta Amazzonica gioca un ruolo significativo nella lotta al riscaldamento globale. Essa infatti elimina dall’atmosfera una parte significativa del composto inquinante prodotto dalle attività umane.
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I risultati dell’indagine
L’indagine è stata condotta da un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Centro per l’osservazione e la modellazione della Terra (Università dell’Oklahoma, Stati Uniti) in collaborazione con diversi istituti. Gli scienziati sono giunti alle loro conclusioni basandosi su rilevazioni satellitari, grazie alla quali sono stati estrapolati diversi dati preoccupanti.
I dati esaminati riguardano solo il Brasile, che detiene circa il 60% della foresta pluviale amazzonica.
Lo studio ha esaminato il volume di CO2 assorbito e immagazzinato dalla foresta, rispetto alle quantità rilasciate di nuovo nell’atmosfera dopo che è stata bruciata o distrutta.
Dal 2010 al 2019, il bacino amazzonico del Brasile ha emesso 16,6 miliardi di tonnellate di CO2, mentre ne ha assorbite solo 13,9 miliardi. Abbiamo dunque la conferma che il nostro polmone verde non riesce più a compensare l’emissione dei gas che avvelenano il mondo.
“Ce lo aspettavamo, ma è la prima volta che abbiamo dei dati certi. Mostrano che il ruolo dell’Amazzonia brasiliana si è ribaltato: ora è un vero emettitore di gas”.
A dichiararlo è Jean-Pierre Wigneron, uno scienziato dell’Istituto Nazionale di Ricerca Agronomica francese (INRA) e co-autore della ricerca. Gli scienziati non sanno ancora quanto durerà questo processo ma la paura è che diventi irreversibile.
I ricercatori hanno inoltre dimostrato che, durante il decennio preso in esame, a emettere più CO2 non è stata la totale distruzione della Foresta Amazzonica. La responsabilità è del suo degrado, cioè quella serie di interventi come la frammentazione della foresta, il taglio selettivo degli alberi e gli incendi che danneggiano ma non abbattono le piante. Le emissioni del degrado, che si verifica soprattutto ai margini della foresta vergine, sono state il triplo di quelle legate alla totale distruzione della foresta.

La responsabilità di Bolsonaro sulla devastazione della foresta amazzonica
L’INRA, che ha partecipato allo studio, ha scritto in una nota che il governo brasiliano ha una responsabilità diretta sul pessimo stato della foresta amazzonica.
“Il Brasile ha visto un forte calo nell’applicazione delle politiche di protezione ambientale dopo il cambio di governo nel 2019”, ha detto l’INRA in un comunicato.
Basti pensare che a fine aprile, il giorno dopo aver promesso di aumentare la spesa per contrastare la deforestazione, il presidente Jair Bolsonaro ha annunciato un taglio del 24% dei fondi destinati al ministero dell’Ambiente.
Lo studio ha anche mostrato che la deforestazione – attraverso incendi e disboscamento – è aumentata di quasi quattro volte nel 2019 rispetto ai due anni precedenti. Si è passati infatti dal radere al suolo circa 1 milione di ettari a 3,9 milioni di ettari.
E tra il 2019 e il 2020, secondo un altro studio di Global Forest Watch, la deforestazione è aumentata del 25%. Il Brasile, non a caso, è stabilmente al primo posto nella triste classifica dei Paesi con il più alto tasso di deforestazione.
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Quali conseguenze?
Gli ecosistemi terrestri sono un alleato fondamentale nella lotta per ridurre le emissioni di CO2, che hanno superato i 40 miliardi di tonnellate nel 2019.
Nonostante le emissioni di anidride carbonica siano aumentate del 50% negli ultimi cinquanta anni, le piante e il suolo hanno costantemente assorbito circa il 30% dei gas. Anche gli oceani hanno fatto la loro parte, contribuendo ad assorbire il 20% delle emissioni.
Il bacino amazzonico contiene circa la metà delle foreste pluviali tropicali del mondo, che sono più efficaci nell’assorbire e immagazzinare il carbonio rispetto ad altri tipi di vegetazione.
Il cambiamento climatico si profila come una seria minaccia. Infatti, oltre una certa soglia di riscaldamento globale, potremmo vedere la foresta pluviale del continente trasformarsi in una savana molto più arida.
Questo avrebbe conseguenze devastanti non solo per la regione, che ospita una percentuale significativa della fauna mondiale, ma anche a livello globale.
La situazione potrebbe essere nuovamente invertita, se si adotteranno misure incisive a tutela del “polmone della Terra”, ma tutto dipenderà dalla volontà di attuarle.