26 febbraio: svolta green per il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) che cambia nome in Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile (Mims). La mobilità sostenibile diventa dunque prioritaria per il dicastero. L’annuncio arriva dallo stesso ministero a seguito dell’approvazione del Consiglio dei Ministri. Il nuovo nome era stato proposto dal ministro Enrico Giovannini con il decreto-legge sulla riorganizzazione dei ministeri. Il cambiamento rispecchia la volontà del Mims di allinearsi alle attuali politiche europee e ai principi del Next Generation Eu. Giovannini, portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo sostenibile che promuove in Italia l’Agenda 2030 dell’Onu per la sostenibilità, sembra essere la persona giusta per questo obiettivo, secondo il sottosegretario Erasmo D’Angelis.
Come indicato dal presidente Draghi, la ripresa economica del paese deve necessariamente incrociarsi con uno sviluppo sostenibile sia sul piano sociale che ambientale. Il binomio rinascita economica-sostenibilità è dunque elemento fondante anche del nuovo dicastero.
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Gli obiettivi del nuovo ministero della mobilità sostenibile
Dal nuovo nome trapelano le missioni del Mims. Fondamentale è rendere sostenibile ed ammodernare sia lo spostamento delle persone (mobilità) che le vie di comunicazione del Paese (infrastrutture) attraverso le risorse del Next Generation Eu. Infatti, sottolinea Giovannini:
“il rafforzamento e l’ammodernamento delle reti infrastrutturali e del settore della logistica, l’investimento in infrastrutture sociali e nelle diverse aree del sistema dei trasporti devono accompagnare e accelerare le trasformazioni in atto nel mondo delle imprese e dei consumatori nella direzione della sostenibilità.
Il Ministero aprirà un dialogo intenso con gli operatori economici e sociali per identificare le azioni più idonee per accelerare questo percorso, tenendo conto anche delle nuove opportunità derivanti dai recenti orientamenti del mondo finanziario e delle politiche europee in materia”.
Qual è la storia del Mims?
Non è la prima volta che il ministero con competenze sulle reti infrastrutturali e sui trasporti cambia nome. Negli anni infatti ha assunto diverse denominazioni:
- Ministero dei Lavori Pubblici del primo governo dell’Italia unita con a capo Cavour
- 1916: Ministero dei Trasporti Marittimi e Ferroviari,
- 1963: Ministero dei Trasporti e dell’Aviazione Civile,
- 1974: Ministero dei Trasporti,
- 1993: Ministero dei Trasporti e della Marina Mercantile,
- 1994: Ministero dei Trasporti e della Navigazione
- 2001: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, solo momentaneamente (dal 2006 al 2008 col governo Prodi II) scorporato in due ministeri (dei Trasporti e delle Infrastrutture) prima di essere riaccorpato nel 2008 dal governo Berlusconi IV.
Mobilità sostenibile non è la priorità: la critica di Conftrasporto
Critiche e preoccupazioni per questa svolta green arrivano da Conftrasporto. Secondo la confederazione infatti, è necessario prima di tutto un rilancio strutturale dell’autotrasporto. La politica economica italiana non ha una rete di trasporti adeguata e non è funzionale a dare competitività al nostro paese. Lo slancio ambientalista che permea il nuovo nome rischia dunque di mettere in ombra la risoluzione delle problematiche che da decenni affliggono il settore.
Mims, mobilità sostenibile e Recovery Plan
La tematica della mobilità sostenibile è al centro delle spinte che arriveranno dai significativi ed importanti investimenti del Recovery Fund. E’ fondamentale quindi che il Mims si allinei con la tabella di marcia del Recovery Plan, il cui piano italiano è in corso di aggiustamento proprio in questi giorni.
Infatti, sono 31,9 i miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), ovvero il Recovery Plan italiano, indirizzati alla macro area ‘’infrastrutture per una mobilità sostenibile’’.
Nel dettaglio, la maggior parte delle risorse (28,3 miliardi) sono destinate a ferrovie e strade, con un focus sul Mezzogiorno. Si punta a rafforzare le grandi linee di comunicazione del Paese (in primis ferroviarie), e a mettere in sicurezza viadotti e ponti stradali con sistemi di monitoraggio digitale. Gli altri 3,68 miliardi del Recovery Plan sono destinati all’intermobilità e alla logistica integrata, con investimenti per rendere i porti più competitivi e sostenibili.
Competenze e componenti del nuovo ministero
Il ventaglio delle competenze del ministero è davvero ampio:
- strade e autostrade e ferrovie,
- grandi infrastrutture strategiche,
- porti,
- aeroporti e interporti,
- dighe e opere idriche,
- edilizia scolastica,
- e-mobility con la conversione dei trasporti pubblici e privati in chiave green e l’automotive,
- rigenerazione di periferie urbane,
- edilizia e social housing,
- soluzioni da smart city,
- navigazione e altro.
Il ministro ha annunciato cinque gruppi di lavoro interni per ripensare le infrastrutture, il sistema dei trasporti, l’edilizia, le città sostenibili. Essi si dedicheranno a:
- progetti,
- confronto con la Commissione Ue,
- innovazioni normative,
- l’innovazione interna,
- nuovi sistemi informativi per monitorare la realizzazione delle opere,
- valutazione dell’impatto economico, sociale e ambientale.
Interessante è la nomina da parte di Giovannini di Carlo Carraro. Carraro è un grande esperto di effetti dei cambiamenti climatici, con un quadro chiaro e concreto dei rischi e delle opportunità. Docente di economia ambientale e già rettore della Ca’ Foscari di Venezia, da almeno 20 anni, valuta gli altissimi costi in vite umane ed economici e produttivi del mancato adattamento al clima. La sua competenza contribuirà a definire gli interventi necessari per ridurre gli impatti del clima sul nostro territorio. Siccità sempre più prolungate, dissesto idrogeologico, alluvioni devastanti richiedono necessariamente un restyling e adeguamento delle infrastrutture.
Un ministero che lascia sperare
Secondo D’Angelis, l’impresa del ministero di Giovannini è un salto politico, culturale, tecnologico e industriale gigantesco. Tuttavia, si dice ottimista sulla riuscita delle ambizioni del Mims. Afferma infatti che ”’l’Italia oggi è nelle condizioni di poter lanciare un ponte verso il futuro. Perché ne abbiamo le capacità e le competenze.”
Con la speranza che questo nuovo nome guidi davvero le azioni del ministero e non diventi un ennesimo caso di greenwashing, ci si augura che il Mims sia all’altezza delle sue ambizioni e dell’impellente, necessaria transizione green del nostro Paese.