Ascolta il podcast di introduzione all’articolo!
Il Parlamento francese ha deciso di aggiungere il reato di ecocidio, nel suo codice penale. La prima proposta risale all’anno scorso ed è stata formulata dalla Convenzione dei Cittadini per il Clima, un’assemblea che ha l’obiettivo di accelerare la lotta al cambiamento climatico e renderla condivisa e conosciuta. I lavori sono terminati a giugno e i primi provvedimenti sono stati già accolti. Potrebbe essere il primo passo verso un riconoscimento internazionale. Anche nel resto del mondo, si stanno muovendo i primi passi.
Ecocidio: definizione del reato
Proviamo a fare un esempio che possa aiutare il nostro ragionamento. Se una persona ne uccide un’altra, il capo di imputazione sarà di omicidio, in una delle sue varianti. Questo accade anche con tutte quelle azioni che sono punibili, secondo il nostro ordinamento. Ma cosa succede, se si distrugge la natura, in modo consapevole? Anche nella nostra giurisprudenza, esistono delle pene severe per chi inquina, provoca disastri ambientali oppure omette di bonificare un’area. Tutto questo è regolato dall’articolo 452 del codice penale, con multe anche molto salate o, addirittura, la reclusione.
Quando si causa un’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema o i danni sono molto ingenti, ecco che può essere d’aiuto introdurre il termine ecocidio. Esso prevede, appunto, un deturpamento ingente del territorio. Il problema, nell’utilizzo di questo nuovo tipo di reato, è che non esiste nelle norme nazionali e, tantomeno, in quelle internazionali.
Rimettere al centro la natura
Cambiare prospettiva, a livello legislativo, diventa necessario. Lo pensa anche Marie Toussaint, europarlamentare del gruppo dei Verdi, che ha proposto la creazione di un’Alleanza Parlamentare Internazionale per il Riconoscimento dell’Ecocidio. Vista la grande importanza che la natura riveste nella vita umana, il gruppo vuole promuovere il rispetto dell’ambiente e assimilarlo alle violazioni contro i diritti umani.
Intanto, la Francia ha intenzione di fare da apripista. Le multe possono arrivare a più di quattro milioni di euro e la reclusione dai tre ai dieci anni. Le nuove competenze ambientali all’interno della magistratura saranno perfezionate, per consentire ai tribunali di migliorare la gestione dei casi di inquinamento e delle rivendicazioni civili. Questo sarà possibile creando giurisdizioni ambientali speciali, come ha affermato il ministro della Giustizia Eric Dupont-Moretti.
Dalla Francia al mondo: l’estensione del reato di ecocidio a livello internazionale
Il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron ha esortato un impegno che si spinga oltre i confini del suo Paese. «La madre di tutte le battaglie è internazionale: garantire che questo termine sia sancito dal diritto internazionale, in modo che i leader siano responsabili dinanzi alla Corte penale internazionale» ha affermato, coinvolgendo i legali, che si occuperanno di rendere attuabili le proposte.
Non mancano altre voci, all’interno dell’Unione Europea. Anche il governo belga ha presentato un disegno di legge simile a quello dell’esagono e la deputata svedese Rebecka Le Moine ha più volte sottolineato la messa in pratica di tutti i principi, di cui tanto si discute a livello sovranazionale. Da Greta Thunberg a Papa Francesco, tanti sono i leader che vogliono fortemente una riforma in questo senso.

Non è così facile: la nozione di ecocidio nel diritto internazionale
Per poter perseguire un reato, specialmente da parte di un tribunale internazionale, i motivi devono essere sufficienti. Questo è uno scoglio da tenere ben in considerazione, quando si parla di ecocidio. Innanzitutto, è molto importante trovare il colpevole, l’individuo che vuole arrecare danni all’ambiente. Poi, si deve dimostrare l’intenzionalità di voler commettere un delitto. Già queste due prove sono molto difficili da trovare. Per fronteggiare le difficoltà appena citate, alcuni gruppi di attivisti stanno radunando avvocati esperti, per dirimere la questione. Il primo passo è trovare una definizione “chiara e giuridicamente solida”.
Anche la Fondazione Stop Ecocide ha lanciato un progetto simile, in concomitanza con il 75° anniversario dall’inizio dei processi per crimini di guerra, a Norimberga. Tenere in seria considerazione questo reato, anche in tempi di pace, sarebbe una grande novità. Intanto, il Tribunale Penale Internazionale ha confermato che darà priorità a crimini, che hanno come conseguenza la distruzione dell’ambiente, lo sfruttamento delle risorse naturali e l’espropriazione illegale della terra.
Leggi anche: “Land grabbing: l’accaparramento delle terre nel 2020”
Spiragli di luce per le associazioni che si battono per il riconoscimento dei diritti
Una riflessione interessante sul tema arriva proprio dal presidente della fondazione, Jojo Metha, durante un’intervista al Guardian. « Nella maggior parte dei casi l’ecocidio sarà probabilmente un crimine aziendale. Criminalizzare qualcosa alla Corte penale internazionale significa che le nazioni che l’hanno ratificata devono incorporarlo nella propria legislazione nazionale.»
Dalla pesca a strascico, agli incendi in Amazzonia, sino alle piccole isole del Pacifico, minacciate da catastrofi con cause antropiche: serve una definizione chiara, per poter perseguire chi deturpa l’ambiente. Crimini di questo genere non possono più rimanere impuniti.
Aspettando che i giuristi terminino il loro lavoro, noi possiamo, intanto, stare attenti a cosa succede intorno a noi, denunciando eventuali reati e conoscendo la legislazione che, per ora, possediamo.