Diamo i numeri
Nel corso dello scorso anno, causa quarantena dovuta alla pandemia, l’emissione di CO2 si è attestata a 2,6 miliardi di tonnellate in meno sul 2019. Si tratta del calo più alto mai rilevato finora. Eppure i benefici restano temporanei. Consideriamo soltanto che, al fine di restare in carreggiata con le misure prese durante l’accordo di Parigi, lo sforzo da compiere, di 12 mesi in 12 mesi, dovrebbe essere ben maggiore. Per rispettare gli impegni presi nel 2015 nella capitale francese, da parte di un gran numero di Paesi, dovremmo tagliare complessivamente 2 miliardi di emissioni ogni anno.
Un lockdown ogni 2 anni per controllare la CO2
Nell’arco dei dieci anni – intervallo monitorato dalla conferenza di Parigi – appare davvero difficile riportare i livelli di CO2 entro i limiti di sicurezza. Durante la scorsa primavera, quando il COVID-19 ha messo in stand-by il mondo, abbiamo avuto modo di studiare da vicino il nostro impatto – come umanità – sul clima. A finire sotto i riflettori, inevitabilmente, è stata l’anidride carbonica (o CO2, come la chiamiamo per praticità in questo articolo), il gas serra che maggiormente contribuisce a surriscaldare il nostro pianeta. Nell’arco del 2020 le emissioni di questo nocivo gas sono diminuite del 7% su scala globale rispetto all’annata precedente, un crollo senza precedenti da quando abbiamo contezza e rilevazioni. I dati giungono da uno studio internazionale, coordinato dall’Università dell’Anglia orientale, il quale ha confrontato i livelli di emissione in anni e regioni geografiche diverse.
Il dato è più che positivo, naturalmente. Eppure non si può certo cantar vittoria. Gli effetti saranno, con ogni probabilità, soltanto temporanei e considerevolmente insufficienti. Come ci ricorda Nature Climate Change, le emissioni di CO2 devono essere tagliate in termini percentuali sensibilmente maggiori di quelli del 2019. Difficilmente la buona performance di un singolo anno – peraltro dovuta a cause di forza maggiore – potrà aiutarci molto. Occorre tenere l’inquinamento costantemente sotto controllo per vincere la battaglia; non certo per un solo anno solare. In soldoni, avremmo bisogno di un blocco come quello della scorsa primavera ogni 2 anni.Tale è la dimensione dell’insostenibilità della nostra specie per questo pianeta.
Salute e clima, un legame indissolubile
Ecco che dobbiamo rispolverare un pezzo pregiato dell’argenteria de L’EcoPost. Stiamo trattando il nostro pianeta in una maniera tale per cui ci rendiamo causa principale di quel che accade di male sulla sua superficie.
Se il domino mondiale del COVID-19 è dovuto allo spillover – il salto di specie – del virus da un pipistrello abitante delle foreste asiatiche ad un poco attento consumatore in un mercato di Wuhan, non dimentichiamoci che se quel chirottero era lì è perché alcuni cacciatori ce lo avevano portato, dopo che la strada al suo habitat era stata loro aperta da qualche bracconiere senza scrupolo interessato a catturare specie esotiche per poi rivenderle o qualche costruttore che desiderava aprire un lussuoso resort su terreni occupati dalla macchia boschiva. Tutto è collegato. Ogni cosa è illuminata dalla luce delle azioni del passato, direbbe Jonathan Safran Foer che mi concederà di parafrasare così il titolo di un suo noto lavoro.
La nostra salute dipende anche – in larga misura – dal clima. Sul fatto che il surriscaldamento globale abbia promosso condizioni favorevoli alla diffusione del Covid esistono già alcune prove. È ampiamente probabile che in futuro ce ne arriveranno anche delle altre, speriamo non a seguito di un’altra pandemia. La storia procede per cause ed effetti; se la crisi sanitaria è effetto di quella ambientale, inevitabilmente risolta la prima bisognerà occuparsi della seconda che ne è causa. Inquinamento e emissioni serra sono calati grazie alla quarantena, bene. Ora facciamo in modo che non si tratti soltanto di un episodio isolato; la battaglia per il clima va vinta whatever it takes, come direbbe qualcuno.
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Tonnellate su tonnellate di CO2 da tagliare
Il calo episodico delle emissioni di CO2 avvenuto lo scorso anno non causerà alcun declino protratto nel tempo delle emissioni di anidride carbonica. Esattamente quello di cui, invece, avremmo bisogno. Finché l’economia mondiale continuerà ad essere sostenuta principalmente da combustibili fossili, sarà difficile intraprendere questa rotta. La maggior parte del calo di CO2 nel 2020, infatti, si deve alle restrizioni nei trasporti terrestri ed aerei, tra i principali utilizzatori del fossile.
A detta degli stessi ricercatori della East Anglia Uni, per mantenere l’aumento delle temperature globali attorno a 1.5 gradi centigradi sui livelli preindustriali come stabilito a Parigi 2015, la riduzione delle emissioni di CO2 dovrebbe assestarsi sui 2 miliardi di tonnellate – almeno – all’anno per i prossimi 10 anni. Si tratta di una riduzione sensibilmente maggiore di quelle rilevate fino al 2019, quando la pandemia non era ancora che un brutto sogno, e molto più vicina a quanto riscontrato nel 2020, quando il coronavirus ci ha costretto a ridurre il nostro impatto sul pianeta rinchiudendoci in casa. Paradossalmente, dovremmo ringraziarlo questo COVID, per averci fatto capire come dobbiamo comportarci se davvero teniamo alla nostra casa comune.
Perché non far nostro lo stimolo che la pandemia ci ha involontariamente dato? Perché non riflettere, come comunità umana, a quale e quanto dannoso sia davvero il nostro impatto su questa Terra? Possiamo fare di necessità virtù, possiamo finalmente indirizzare la nostra società verso mete ecosostenibili. Oppure no. Oppure possiamo fare come, ad esempio, la Cina e riprendere ad inquinare più di quanto facevamo prima del virus, in virtù di una crescita del 6% (quella stimata da Pechino per la sua economia, nel 2021) anche in un periodo nel quale tutto il mondo soffre economicamente a causa del riverbero della crisi sanitaria. Se faremo così, se sacrificheremo il benessere nostro e del pianeta per staccare più dividendi nell’anno fiscale, forse ce la meriteremmo davvero un’estinzione di massa.
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