Nell’oceano di brutte notizie che si infrangono ogni giorno sui lidi delle testate internazionali, è spuntata un’onda anomala che interessa l’Italia: quella delle rinnovabili. Secondo l’Analisi trimestrale del sistema energetico italiano condotta da ENEA, infatti, le rinnovabili in Italia hanno visto un’accelerazione, specialmente negli ultimi due anni. Un risultato certamente buono, non fosse che gran parte del “merito” è da attribuirsi a un evento non proprio felice: quello della pandemia.
Rinnovabili in Italia: i dati che fanno sperare
L’Indice ISPRED è stato elaborato da ENEA per misurare la transizione energetica italiana sulla base dell’andamento di prezzi, sicurezza e decarbonizzazione. Ed è proprio qui che scorgiamo la buona notizia. L’indice ha infatti segnato un aumento su base annua del 38%, anche grazie a un continuo abbassamento dei prezzi delle rinnovabili. Per quanto riguarda le importazioni di tecnologie low carbon dall’estero, anche qui vediamo un forte aumento (+27%, per un valore di 2,2 miliardi di euro), soprattutto per veicoli elettrici, ibridi e batterie. Queste ultime categorie, in particolare, sono passate dal coprire il 33% dell’import green nel 2019, al 56% nel 2020. Nel complesso, quindi, la quota di rinnovabili sui consumi finali è pari a circa il 20% (era 18% nel 2019). Questo dato consente all’Italia di superare il target Ue del 17% imposto per il 2020.
Di pari passo, assistiamo a una costante decarbonizzazione, che nel 2020 ha accelerato del 40%. La forte diminuzione della richiesta di petrolio e carbone ha spinto al minimo storico dal 1961 la quota di fossili nel mix energetico. Una quota che però rimane ancora molto alta, visto che si attesta al 72% nel 2020 (contro il 74% del 2019). La capacità eolica e solare è comunque in crescita, e si stima che passerà dal 16% attuale al 25% nel 2030.
Rinnovabili in Italia: ancora molto da fare
Tra burocrazia lenta e blocchi culturali
Purtroppo, molti lati oscuri caratterizzano questo significativo, ma apparente miglioramento nel settore delle rinnovabili in Italia. Innanzi tutto, il gas resta la prima fonte energetica della Nazione (37,4%). Le rinnovabili, in valore assoluto, hanno subito un aumento di appena l’1%. L’Italia sembra quindi non riuscire a spingere del tutto il piede sull’acceleratore quando si tratta di energia pulita. Il primo ostacolo è dato dalla monumentale torre burocratica italiana e dal continuo scarica barile di responsabilità fra Stato, Regioni ed enti locali.
In secondo luogo, sussiste un grande blocco culturale che impedisce a imprenditori e investitori di dare adito anche solo al pensiero di costruire centrali di energia pulita sul territorio. Un esempio è quello di Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club. Egli aveva censito 160 progetti di impianti per produrre biometano da rifiuti organici e scarti agricoli. Sono però stati tutti bloccati da comitati di cittadini “informati” e da sindaci riottosi ai nuovi progetti. Forse in nome di un paesaggio che andrà comunque distrutto dagli effetti ormai noti e sempre più vicini dei cambiamenti climatici.
Come riporta il Sole 24 Ore, in Italia ogni mese si realizzano impianti eolici da 6 megawatt e impianti fotovoltaici per 54 megawatt. Un risultato ancora lontano dalla cifra da raggiungere per soddisfare gli obiettivi Pniec (Piano Energia e Clima) entro il 2030: 83 megawatt per l’eolico e 250 megawatt per il fotovoltaico. Terna ha dovuto realizzare l’elettrodotto di alta tensione Adriatic Link al largo e sul fondo del mare, con un aumento dei costi che sarà pagato dai cittadini. Il tutto perché le autorità locali ne hanno impedito la costruzione sul suolo nazionale. Confindustria ha calcolato che questi rallentamenti sulle rinnovabili apportino una perdita al Paese di 600 milioni di euro all’anno.
Soldi e pandemia
Un terzo freno è dato dai prezzi delle energie rinnovabili, che restano più elevati rispetto al resto d’Europa. Il motivo è legato soprattutto al ruolo determinante che l’import di rinnovabili gioca per l’Italia, vista la mancanza di fonti domestiche. Il tutto nonostante la nostra Nazione abbia un altissimo potenziale in questo settore. La nostra geografia privilegiata, specialmente nell’Italia meridionale, permetterebbe infatti di sfruttare facilmente le principali fonti, come eolico, fotovoltaico e idroelettrico. Settori che aiuterebbero a colmare la ferita ancora pulsante che divide il Nord e il Sud, innescando in quest’ultima zona incalcolabili progressi nella sfera lavorativa, economica e sociale.
Un ultimo aspetto da considerare è l’effetto dei lockdown dal 2020 ad oggi. I consumi di combustibili fossili si sono drasticamente ridotti, dando quindi l’impressione di una decarbonizzazione de facto. Non dobbiamo dimenticare, però, che il trend potrebbe ribaltarsi nuovamente una volta terminata l’emergenza epidemiologica. In questo articolo approfondiamo la questione.
Per concludere lasciando un barlume di speranza e motivazione, è doveroso sottolineare come gli sforzi della politica italiana del post-pandemia siano maggiori rispetto agli anni passati. In cima alla lista delle priorità che si è posto il nuovo ministero della Transizione ecologica vi è proprio l’aggiornamento del Piano Energia e Clima ai nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni posti dall’Europa (-55% entro il 2030). E, per la prima volta, sembra esserci anche la fondamentale disponibilità economica per farlo. Basti pensare che il 37% dei 209 miliardi in arrivo dall’Europa andranno a finire proprio nell’appena confezionato nuovo ministero. Ora non resta che vedere se esiste una disponibilità anche politica, sociale e culturale per affrontare la transizione che ci è stata promessa.
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