Che la carne inquini è ormai una certezza. Ne abbiamo scritto in passato ed esistono infiniti articoli scientifici che convalidano questa tesi. Spesso il dibattito finisce per estremizzarsi ai due poli: chi ha fatto scelte radicali e non accetta neanche derivati animali in modo permanente, i vegani appunto, e chi non riesce proprio a rinunciare alla bistecca e ne va quasi orgoglioso (spesso ridicolizzando la prima categoria). Oggi vorremmo analizzare una terza via possibile. Sta infatti spopolando la moda delle cosiddette diete “part-time”: sempre più persone stanno modificando le proprie abitudini alimentari diventando, per esempio, vegetariani o vegani solo in alcuni momenti del giorno, della settimana o dell’anno. Potrebbe essere una soluzione valida per il clima?
La moda delle diete vegetariane o vegane part-time
Per cominciare, ricordiamo che la lettura più recente ed interessante su questo argomento è Possiamo salvare il mondo prima di cena di Jonathan Safran Foer. Nel libro, acquistabile nella nostra sezione Libri sull’ambiente, vengono riportati i principali studi degli ultimi decenni, fra cui il dibattito su quanto pesi la carne nell’inquinamento del pianeta. Il consenso scientifico è sempre più unanime e molti oramai attestano che cambiare abitudini alimentari sia “la più grande singola azione per ridurre il proprio impatto sul pianeta”. Il focus di questo articolo, però, è capire se l’adozione di una dieta vegana o vegetariana “part-time” possa incidere ugualmente sulla nostra impronta ecologica, senza rinunciare definitivamente alla carne e ai derivati animali.
Benefici per la salute e per l’ambiente
La moda delle diete part-time risulta originale perché alla privazione totale preferisce la limitazione volontaria. Per facilitare questo compito, molti movimenti si sono dati dei nomi che fissano una vera e propria routine. Il più famoso si chiama “VB6” (Vegan Before 6, che significa vegani prima delle 6), ed è stato fondato da Mark Bittman. La sua è stata una scelta principalmente dovuta alla salute. Il suo dottore infatti gli ha suggerito una dieta vegana per fargli perdere peso e ristabilire molti dei valori irregolari che avevano segnalato le analisi del sangue. Non accettando l’idea di privarsi della carne e degli altri derivati per sempre, Bittman si è dato la regola di limitarne il consumo ai pasti serali.
Perché proprio nei pasti serali? Non c’è nessuna motivazione scientifica, semplicemente – ha detto Bittman – “la sera ci si vuole divertire”. In sei settimane i risultati sono stati strabilianti per la sua salute. Il suo movimento ha inevitabilmente influenzato anche il dibattito ambientale e tutto il nuovo filone delle diete part-time. Il messaggio importante che Bittman lancia, per esempio nel video sottostante, è che non si tratta solo di evitare la carne, ma anche il cibo spazzatura o altamente processato.
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Vegetariani e vegani part-time. Oltre il consumo di carne
Anche l’esperimento fatto da Jess Ho e riportato sul Guardian prova ad espandere il concetto e a sottolineare come il dibattito non si possa limitare al consumo di carne. Essendo un critico gastronomico, Ho ha ammesso che il suo lavoro sembrava inizialmente un grosso ostacolo per l’adozione della dieta part-time. Ad esempio ha menzionato il fatto che anche nel vino e nel Campari, apparentemente a base vegetale, possono esserci tracce animali per dare la giusta colorazione. L’autore ha comunque deciso di accettare la sfida e ha scelto di adottare una dieta vegana per tre giorni a settimana, 9 pasti in tutto. E dato che il motivo principale fosse proprio di carattere ambientale, si è dato le seguenti regole:
1. No ad alimenti trasformati (per la grande energia richiesta in fase di produzione)
2. No a cereali che provengono da fonti “non etiche” (per esempio, l’assurdità della moda della quinoa che deve attraversare migliaia di chilometri per arrivare nel nostro piatto)
3. No al latte di mandorle (per la grande quantità di acqua richiesta in fase di produzione e tutti gli effetti collaterali, come lo sterminio di api)
4. No ai cibi fuori stagione
Ecco cosa ha scoperto Jess Ho durante il suo esperimento: “meno mangiavo la carne e meno ne desideravo”. La sua dieta part-time, prima limitata a tre giorni a settimana, è diventata di quattro giorni, poi di cinque, fino al punto che ora mangia carne e derivati animali solo quando è con gli amici o a pranzi di lavoro. Il critico gastronomico fa riferimento a due o tre piccoli effetti collaterali negativi. Come anticipato dall’introduzione a questo articolo, il più rilevante è che “la gente avrà una lunga lista di commenti da fare a riguardo e che riterranno che sia obbligatorio che tu li ascolti. Quanto è fastidioso!”.
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Il consenso scientifico
A livello accademico la teoria delle diete part-time sta ricevendo i primi consensi. L’Economist ha riportato lo studio della Johns Hopkins University sull’impatto ambientale delle sostituzioni alimentari. Oltre ad evidenziare effetti altamente positivi per la salute, i benefici per l’ambiente sono impressionanti: diventare completamente vegetariani taglierebbe il 30% delle emissioni individuali annuali legate al cibo, mentre adottare una dieta vegana part-time, ovvero per due terzi dei pasti, porterebbe ad una riduzione del 60% della propria impronta ecologica alimentare. Una cifra che sale all’85% con una dieta vegana adottata 365 giorni all’anno, per tutti i pasti. Risultati altrettanto incoraggianti sono stati riportati in un articolo di Internazionale.
Se tutti fossimo vegetariani o vegani part-time
Dunque, le diete part-time potrebbero essere una valida alternativa per tutti coloro che non riescono ad evitare in assoluto il consumo di carne o derivati animali, ma che vogliono ugualmente migliorare la propria salute e quella dell’ambiente. Mark Bittman ha dichiarato che Vegan Before 6 è nato per gioco, ma che la chiave del suo successo sta nella disciplina e, allo stesso tempo, nella possibilità di poter sgarrare. Se non riusciamo ad essere completamente vegani, possiamo certamente sforzarci di astenerci dalla carne qualche ora o qualche giorno a settimana. E soprattutto, possiamo certamente evitare di giudicare o ridicolizzare chi ha compiuto una scelta ancor più radicale, perché i benefici per l’ambiente sono anche a nostro favore.
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