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Spreco alimentare: quanto cibo buttiamo nella spazzatura?

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Il 5 Febbraio 2014 viene celebrata la prima “Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare”, ideata dall’Università di Bologna in collaborazione con il progetto Spreco Zero e il Ministero dell’Ambiente. Oggi sono passati 6 anni da quel giorno ma il problema dello spreco di cibo continua ad essere un problema dai numeri preoccupanti.

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I dati sullo spreco alimentare

Come sempre, per ben capire la portata di un problema, partiamo dai dati. Il documento che ad oggi risulta essere il più autorevole su questo tema, almeno per quanto riguarda una visione globale, è un report della FAO del 2011. La maggior parte degli studi fatti in seguito sono serviti a dare un quadro più chiaro e specifico dell’origine e delle conseguenze del problema. Tra questi, in particolare, c’è uno studio dell’UNEP che ha convertito i dati, precedentemente calcolati dalla FAO sotto forma di chilogrammi di cibo, in calorie, riuscendo a fornire un punto di vista più concreto. Secondo l’UNEP ogni anno viene sprecato circa il 25% delle calorie prodotte su scala globale. Si tratta di 1,3 miliardi di tonnellate di cibo sprecato in tutto il mondo. Un dato che, con una popolazione mondiale proiettata verso i 10 miliardi al 2050, è sicuramente insostenibile. In Europa, ad esempio, lo spreco alimentare pro capite è di 180 chilogrammi di cibo ogni anno.

Le problematiche ambientali legate allo spreco alimentare

Passiamo ora al tema che più ci interessa, ovvero l’impatto ambientale dello spreco alimentare. La produzione di cibo è responsabile di una fetta di emissioni che varia dal 15% al 25%, a seconda del report che si sceglie di analizzare. Per intendersi, il settore dei trasporti si aggira intorno al 13%. Ridurre dunque il quantitativo di emissioni generate dal settore del cibo è fondamentale e, soprattutto, è inammissibile che una fetta non trascurabile delle emissioni globali vengano generate per poi finire direttamente nella spazzatura.

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Le emissioni di gas serra generate da questo settore devono già portare il fardello dell’eccessiva produzione di alimenti di origine animale che sta caratterizzando la nostra epoca con tutte le relative problematiche di cui vi abbiamo parlato in un altro articolo. Se a questo aggiungiamo l’impatto ambientale dello spreco alimentare si inizia decisamente ad esagerare. Produrre cibo richiede risorse e, quindi, genera emissioni. Sono tantissimi gli step intermedi che ci portano all’acquisto del prodotto finito, soprattutto per quanto riguarda la grande distribuzione. Per ognuna di queste fasi ci sarà un diverso impatto ambientale che può essere costituito dal consumo di suolo, consumo di acqua, trasporto, impacchettamento e via dicendo. Nel momento in cui sprechiamo del cibo tutte queste emissioni saranno state generate a vuoto.

Un paradosso insostenibile

Ogni anno in Italia lo spreco alimentare contribuisce alla produzione di 14,3 milioni di tonnellate di CO2. Per assorbire una tale quantità di emissioni servirebbe raddoppiare la superficie boschiva della Lombardia. Solo per lo spreco alimentare. I dati, come sempre, non sono opinabili. Il problema esiste, è più grande di quanto si pensi e la combinazione di questi due fattori è vergognosa per qualsivoglia società voglia definirsi civile. Correndo il rischio di sembrare buonisti vogliamo darvi un ultimo dato: ancora oggi circa 822 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di denutrizione. E noi buttiamo il cibo nella spazzatura.

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Lo spreco alimentare in Italia

É notizia di poche ore fa la presentazione del report sullo status dello spreco alimentare in Italia redatto dall’organizzazione Spreco Zero. E ci sono delle buone notizie. In un solo anno, nel nostro paese, la quantità di cibo sprecato si è ridotta di circa il 25% passando così da un valore economico di 15 miliardi di euro a 10. Una diminuzione netta che, comunque, è ancora lontana dal raggiungere numeri accettabili.

Il dato più preoccupante resta tuttavia lo stesso e riguarda l’origine di questi sprechi. Se infatti è vero che tantissimo cibo viene perso nella filiera di produzione/distribuzione (circa 3 miliardi di euro il costo di questo perdite), la maggior parte dello spreco alimentare avviene in ambito domestico. Stiamo parlando di 6,6 miliardi di euro su 10. Questo significa che due terzi del cibo che finisce nella spazzatura lo fa per causa nostra.  Troppo spesso, ancora, compriamo più del necessario oppure cuciniamo quantitativi troppo grandi che, inevitabilmente, finiranno nel bidone dell’organico.

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I principali colpevoli siamo dunque noi e per risolvere questo problema dobbiamo agire per prima cosa su noi stessi, evitando di comprare prodotti freschi in grandi quantità e cercando di acquistarli, in quantità ridotta, circa una volta a settimana. Diminuendo poco a poco non ci vorrà molto prima di capire quale sia la quantità più adatta al proprio nucleo familiare.

TooGoodToGo: l’app che riduce lo spreco

Per chi invece volesse in prima persona “salvare” del cibo che altrimenti verrebbe sprecato, c’è TooGoodToGo. Già vi abbiamo parlato di questa app in un precedente articolo. Si tratta di un marketplace all’interno del quale qualsiasi attore della filiera agroalimentare, dal supermercato al ristorante, può registrarsi e inserire delle “magic box” all’interno delle quali sarà possibile trovare del cibo venduto a prezzo di sconto che, se non consumato urgentemente, finirebbe poi nella spazzatura. Il servizio è già attivo ed efficiente in tutti i maggiori centri. Per verificare se qualche commerciante abbia aderito nella vostra zona vi basterà registrarvi nell’app con il vostro smartphone. In questo caso particolare, dunque, la soluzione è più semplice rispetto ad altre volte. Non c’è più la scusa delle lobby del fossile. I responsabili di due terzi del cibo che viene buttato siamo noi. E solo noi, tutti, possiamo risolvere il problema.  

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di Luigi Cazzola
Feb 5, 2020
Nato nel 1991 a Fano, laureato in Lingue e Comunicazione. Marketer di professione e diverse esperienze all’estero alle spalle. Da ormai qualche anno ambientalista convinto, a Settembre 2018 arriva la svolta che stava aspettando. Viene selezionato per il “Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti”, dove può finalmente approfondire tematiche relative tanto al giornalismo quanto all’ambiente. Fermamente convinto che la lotta al cambiamento climatico sia la più importante battaglia della sua generazione, decide di mettere le competenze acquisite al servizio di tutti per accrescere la consapevolezza legata a questo tema e fornire consigli pratici per orientare le scelte dei singoli verso un approccio più green grazie ad un consumo più critico e consapevole. Per L’Ecopost si occupa di redazione di contenuti, sviluppo Front-End e comunicazione sui Social Media.

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