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Il consumatore verde: le mie azioni fanno davvero la differenza?

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Tempo di lettura 7 minuti
consumatore verde
Credit: utente Pixabay darksouls1

Una domanda che affligge molti e la cui risposta negativa viene spesso utilizzata dai più diffidenti per giustificare la propria inazione climatica. Come faccio io, da solo, a contrastare un problema tanto grande quale il riscaldamento globale? La risposta sembra ovvia e può portare ad un diffuso senso di impotenza e di rifiuto. Tuttavia si tratta di un discorso molto complesso, che Jaap Tiebelke, giornalista ambientale del De Groene Amsterdammer, ha affrontato in maniera più che esaustiva nell’articolo di copertina dlell’Internazionale del 20 agosto. Ed è proprio partendo da qui che affrontiamo un tema tanto intricato quanto importante per chiunque voglia fare la propria parte in maniera consapevole.

I dati citati nell’articolo dell’Internazionale

Iniziamo con alcune considerazioni oggettive ed inequivocabili. Come riportato dal Guardian nella sua inchiesta “Carbon Majors”, ben il 35% delle emissioni di anidride carbonica immesse in atmosfera a partire dal 1965 sono riconducibili a 20 società energetiche operanti nel campo dell’oil&gas. Una fetta non indifferente che fa di questo settore il più inquinante in assoluto. Tuttavia da più di 30 anni continuiamo ad essere bombardati di pubblicità e consigli su come abbassare il nostro impatto ambientale, nonostante, evidentemente, la nostra ipotetica scelta di non usare più l’automobile non abbia, in termini assoluti, chissà quale effetto tangibile sulla crisi climatica. Il risultato? Il consumatore si sente in colpa ogni qual volta compie un’azione non sostenibile, le compagnie petrolifere continuano indisturbate le loro attività estrattive ed un diffuso senso di impotenza pervade la società tutta, complice anche l’inazione di una classe politica incapace di dare una risposta concreta all’imperversante piaga del riscaldamento globale.

Una situazione che, come precisa Tiebelke, è frutto di un’attenta e lungimirante manipolazione della realtà da parte delle compagnie petrolifere che, accaparrandosi i migliori professionisti nel campo della comunicazione, sono riusciti a ribaltare la percezione riguardo chi siano i colplevoli della crisi climatica. Il problema, oggi, è anche chi consuma, non solo chi produce. Eppure, già negli anni Settanta, il Club di Roma aveva avvertito tutto il mondo dei “Limiti dello sviluppo”, con un report diventato celebre nel panorama ambientalista . Ma ben presto il termine “limite” è stato sostituito da altre locuzioni, come ad esempio “sviluppo sostenibile” e “responsabilità sociale d’impresa”. Due concetti che a loro volta vengono manipolati con maestria e malizia dalle più potenti, ed inquinanti, aziende del mondo.

Come le multinazionali hanno creato il “consumatore green”

Uno degli aneddoti presenti nell’articolo dell’Internazionale che più fa riflettere riguarda una pubblicità che il giornalista olandese ha visto su Twittter. Si trattava di una lunga serie di consigli su come modificare i propri atteggiamenti in un’ottica di sostenibilità: “Potevo comprare un frigorifero più efficiente, lavare i vestiti a trenta gradi e farli asciugare al sole. Per preparare il caffè non dovevo usare più acqua del necessario”. Ma ora arriva il bello. Chi era l’inserzionista di questa pubblicità? Exxon Mobil, una delle peggiori aziende del mondo in termini di impatto ambientale, nota alla pubblica opinione per esser stata accusata, in maniera più che fondata, di aver ingannato i cittadini nel tentativo di ostacolare le politiche contro il cambiamento climatico.

Leggi anche: “Come aiutare l’ambiente: 15 consigli per uno stile di vita sostenibile”

C’è anche un altro esempio che vale la pena riportare, per ben capire come sia possibile che le aziende petrolifere continuino le proprie attività indisturbate e, verosimilmente, senza neanche un filo di senso di colpa, mentre noi cittadini, o almeno noi ecologisti, siamo lì a dannarci l’anima se una volta finita l’acqua della borraccia, siamo costretti a comprare una bottiglietta di plastica per dissetarci. Magari con un amico a fianco che non aspettava altro per puntarci il dito contro e dirci con aria soddisfatta: “Ma cosa fai? Proprio tu che fai una cosa del genere?”, gettandoci in un infinito vortice di colpevolezza. Già più volte in questo blog vi abbiamo invitato a calcolare la vostra impronta ecologica per capire quali aspetti della vostra vita potevate cambiare al fine di abbassarla. Ma chi ha inventato questo strumento che possiamo definire uno “dispensatore di colpe”? La Bp, ex British Petroleum. Un’azienda che occupa saldamente i primi posti della classifica stilata dal Guardian. Ed ecco che i colpevoli diventiamo noi.

Quindi, cosa posso fare io?

La tesi sostenuta nell’articolo, e appoggiata apertamente anche da Fridays For Future, è che senza una massiccia azione politica che vada nella giusta direzione, il cambiamento climatico non si sconfigge. Gli unici che hanno davvero il potere per fermare le grandi aziende inquinanti sono i politici, e su questo non ci piove. Se una persona qualunque si mettesse contro la Shell, non produrrebbe alcun effetto. Se invece le classi dirigenti del mondo iniziassero a mettere i bastoni tra le ruote a queste aziende, ad esempio non elargendo più fondi pubblici ai settori inquinanti ed incentivando invece quelli virtuosi, la tanto attesa svolta ambientalista inizierebbe a farsi strada. Ed in questo senso abbiamo ragione di serbare un briciolo di ottimismo, grazie al Green New Deal Europeo che, lo ricordiamo, non sarebbe mai stato approvato senza la massiccia movimentazione popolare targata Fridays For Future ed Extinction Rebellion. Tuttavia ciò non può significare che noi cittadini possiamo infischiarcene ed aspettare che la situazione si risolva da sé. Inoltre va sottolineato come ci siano alcuni comportamenti che hanno un impatto decisamente maggiore rispetto ad altri nell’abbassamento del proprio impatto ambientale, un concetto su cui vale la pena soffermarsi.

Qui sotto potete vedere lo screenshot di una tabella raffigurata nell’articolo di Tiebelke in cui sono stati inseriti, in ordine di importanza, gli accorgimenti che ognuno di noi può adottare per fare la propria parte. Al primo posto abbiamo la voce “avere un figlio in meno”. Una soluzione apparentemente drastica che, però, ha dei solidi fondamenti scientifici. Innanzitutto una delle concause di questa situazione disastrosa è la sovrappopolazione del pianeta. Solo negli ultimi 60 anni gli esseri umani sulla terra sono quasi raddoppiati e, a questo ritmo di crescita, nel 2050 toccheremo la soglia dei 10 miliardi. Un peso che la terra, soprattutto con queste abitudini di consumo, non può sostenere. Inoltre, sorge spontanea un’altra domanda. Con il manifestarsi degli effetti del cambiamento climatico, quanto sarà godibile la vita dei nostri figli su questo pianeta? Abbiamo davvero il coraggio di lasciarli a combattere un problema che, senza una netta inversione di rotta, provocherà siccità, calo dei raccolti, inondazioni, innalzamento dei mari, bombe d’acqua a ripetizione e via dicendo? Ad ognuno la sua riposta.

consumatore verde tabella
La tabella dell’articolo “Il mito del consumatore verde”. Internazionale nr. 1372, p.38

Dall’automobile, alla raccolta differenziata, passando per una dieta vegana. Cos’è più importante?

Al secondo posto di questa graduatoria troviamo “Non avere l’auto”. E qui c’è poco da dire. In alcune circostanze possedere un’automobile può essere indispensabile ed è comprensibile che i soggetti con un reddito più basso non possano permettersi un mezzo di trasporto sostenibile. Tuttavia se pensiamo che l’Italia è il paese che in Europa ha il maggior numero di automobili per abitante, con 62,4 vetture ogni 100 persone, si può ipotizzare che un miglioramento in questo aspetto sia alla nostra portata.

A seguire abbiamo “Evitare un volo intercontinentale”. Lo diciamo spesso, ma lo ribadiamo, Un volo da Amsterdam a New York produce 1700 chili di anidride carbonica. Non proprio briciole.

Quarta posizione invece per “Usare energia da fonti rinnovabili”. E qui la soluzione è proprio alla portata di tutti. Sono ormai tantissimi i fornitori di energia green, con prezzi più che competitivi, a cui è possibile allacciarsi compilando un form online, oppure con una chiamata di una decina di minuti, così come esistono enormi incentivi per l’installazione di pannelli fotovoltaici. Non fare nessuna di queste due cose è una scelta altamente discutibile, quanto meno dal punto di vista ambientale.

A seguire abbiamo “Passare dall’auto elettrica a non usare l’auto”. Vedo già i detrattori della mobilità sostenibile esultare, ma ci sono un paio di considerazioni da fare. Guidare un’auto elettrica è più ecologico? Assolutamente sì! Non guidare affatto è più sostenibile che guidarne una elettrica? Anche in questo caso, la risposta è sì.

Infine l’ultimo comportamento che possiamo adottare per avere un impatto significativo è l’adozione di una dieta vegana. Una scelta apparentemente drastica, che però lascia qualche spiraglio. Esistono diverse teorie in merito e, sebbene sia ormai stato evidenziato come il consumo di alimenti di origine animale ai ritmi odierni non sia sostenibile, esistono comunque degli escamotage che possiamo adottare. Ve ne abbiamo parlato nell’articolo dedicato alle diete vegane o vegetariane part-time, ma, per chi volesse, ne parla molto meglio Jonathan Safran Foer nel suo “Possiamo salvare il mondo prima di cena. Perchè il clima siamo noi”, che abbiamo recensito qualche tempo fa.

Leggi anche: “Vegani e vegetariani part-time. La dieta che tutti potremmo adottare”

Allo stesso modo fa riflettere come alcuni dei comportamenti dal minor impatto positivo sul cambiamento climatico, come la raccolta differenziata, l’utilizzo di lampadine al LED ed il lavaggio a freddo dei vestiti, siano quelle più diffuse. Insomma, se vai in giro a raccogliere plastica ma raggiungi il punto di ritrovo in auto, oppure una volta tornato a casa consumi alimenti di origine animale sia a pranzo che a cena, alla fine della giornata avrai avuto un impatto decisamente negativo sul pianeta in cui vivi. Con ciò non si vuole dare addosso a chi mette a disposizione il proprio tempo per compiere un’azione che comunque ha degli effetti positivi, ma, molto semplicemente, si vuole precisare che ci sono comportamenti molto più utili di altri e, ovviamente, viceversa. Qualsiasi cosa venga fatta in favore dell’ambiente va elogiata, ma non sentiamoci in pace con noi stessi solo perchè abbiamo cambiato le lampadine della nostra casa, o facciamo una lavatrice a 30°C invece che a 40°C. Si può e si deve fare di più.

Perchè scegliere comunque di essere un consumatore sostenibile

Ci sono inoltre altri aspetti da non sottovalutare. Ad esempio, sebbene sia un’ipotesi estrema, cosa accadrebbe se nel giro di un anno tutti i consumatori sottoscrivessero un contratto con Sorgenia, Iberdrola od altre aziende che forniscono esclusivamente energia green? O se tutti installassimo una pompa di calore e non avessimo più bisogno del gas fossile? Riuscirebbe un’azienda come Eni a mantenere il proprio vantaggio sul mercato?

Sono domande che probabilmente rimarranno senza risposta, che però la dicono lunga sul potenziale impatto sull’economia dei consumatori. D’altronde, sebbene le compagnie altamente inquinanti ricevono ingenti somme, oltre che innumerevoli permessi e trattamenti di favore, dal settore pubblico, resta pur vero che alle grandi aziende petrolifere, piuttosto che ai produttori di carne e latticini provenienti da allevamenti intensivi, una parte dei profitti gliela conferiamo noi. Sicuramente alcuni non hanno scelta, ma c’è anche sicuramente chi ce l’ha e fa comunque quella sbagliata.

Resta poi una riflessione puramente etica. Se l’unico modo per affrontare la crisi climatica è l’azione politica, come possiamo invocare un cambiamento radicale della società senza essere i primi a sostenerlo con le nostre azioni? La coerenza tra pensiero e fatti è un’arma molto potente, che non va sottovalutata, e senza la quale la tanto attesa svolta politica tarderà ad arrivare.


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di Luigi Cazzola
Set 10, 2020
Nato nel 1991 a Fano, laureato in Lingue e Comunicazione. Marketer di professione e diverse esperienze all’estero alle spalle. Da ormai qualche anno ambientalista convinto, a Settembre 2018 arriva la svolta che stava aspettando. Viene selezionato per il “Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti”, dove può finalmente approfondire tematiche relative tanto al giornalismo quanto all’ambiente. Fermamente convinto che la lotta al cambiamento climatico sia la più importante battaglia della sua generazione, decide di mettere le competenze acquisite al servizio di tutti per accrescere la consapevolezza legata a questo tema e fornire consigli pratici per orientare le scelte dei singoli verso un approccio più green grazie ad un consumo più critico e consapevole. Per L’Ecopost si occupa di redazione di contenuti, sviluppo Front-End e comunicazione sui Social Media.

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