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Nature Deficit Disorder: che cos’è e perché la pandemia lo ha accentuato

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Quanti di voi durante l’anno passato hanno sentito il bisogno e l’urgenza di riconnettersi con la natura? Il lockdown e le restrizioni tutt’ora in vigore hanno fortemente limitato la possibilità di stare all’aperto, aumentando quella che gli esperti hanno chiamato “sindrome del distacco dalla natura” o “Nature Deficit Disorder”. Per capire che cosa sia, ci affidiamo alla recente pubblicazione Educare al pensiero ecologico di Rosa Tiziana Bruno e ad un articolo del New York Times, in cui si conferma il legame fra contatto con la natura e benessere psico-fisico, soprattutto per quanto riguarda i bambini.

Nature Deficit Disorder: le teorie di Richard Louv

Il termine “Nature Deficit Disorder” fu coniato dal giornalista americano Richard Louv nel suo libro Last Child in the Woods. La sindrome del distacco dalla natura consiste nell’ “insieme dei segnali che caratterizzano la condizione umana in assenza di contatto con la natura”. Riportiamo ora una breve spiegazione contenuta nel libro Educare al pensiero ecologico, in cui la sociologa Rosa Tiziana Bruno delinea cause e conseguenze del Nature Deficit Disorder:

“Trascorrere costantemente poco tempo all’aria aperta e a contatto con la natura causa una serie di disfunzioni fisiologiche e comportamentali. Possono verificarsi una riduzione dell’uso dei sensi (l’olfatto, il tatto), difficoltà attentive e un aumento del rischio di disordini fisici e mentali (depressione, ADHD, obesità). Questo accade perché la separazione dalla natura mortifica un bisogno primario sensoriale e psicosomatico. (…) Alcuni fenomeni comuni come la stanchezza cronica, l’irrequietezza e l’insonnia sono, almeno in parte, riconducibili alla mancanza di contatto con gli elementi naturali”.

R. T. Bruno, Educare al pensiero ecologico

I benefici del contatto con la natura

Il Nature Deficit Disorder parte dalla premessa che la relazione con la natura gioca un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo. Il contatto con l’ambiente naturale funge da antidoto contro “la crescente e generalizzata epidemia del disagio”. Secondo le teorie di Louv, la relazione uomo-natura provoca influenze positive sulla capacità di apprendimento, sulle relazioni sociali e anche sulla formazione del senso etico.

Scientificamente parlando, spiega la dottoressa Bruno, ci sarebbe un vero e proprio giovamento corporeo quando si osserva un paesaggio naturale: La relazione con la natura aumenta la produzione di endorfine: esponendosi al sole o osservando dal vivo un paesaggio, non solo la tensione si dissolve, ma si prova una intensa e inesprimibile sensazione di benessere”. L’autrice del libro ci tiene a ribadire che la cosiddetta “sindrome del distacco dalla natura” non è ancora stata inserita nell’elenco delle patologie ufficialmente riconosciute. Tuttavia, sempre più ricerche confermano il legame fra la diminuzione del tempo trascorso in natura e l’aumento del disagio psico-fisico. Ciò è specialmente vero se osserviamo bambini e adolescenti.

New York Times: “Nature Deficit Disorder is really a thing”

Infatti, un articolo di giugno 2020 del New York Times intitolato “Nature Deficit Disorder Is Really a Thing”, riporta nuove evidenze accademiche su questo tema. Soprattutto per quanto riguarda i bambini, i benefici dati dal contatto con la natura sono evidenti. Una ricerca dell’ Instituto Salud Global di Barcellona ha dimostrato che aggiungere uno spazio verde ai cortili scolastici aumenta i comportamenti prosociali: i bambini aiutano, cooperano e condividono maggiormente. La mancanza di accesso a spazi verdi provoca invece l’effetto contrario. Ming Kuo, professoressa associata all’Università di Illinois, ha spiegato come l’accesso agli spazi verdi diminuisca l’aggressività e il disturbo da deficit di attenzione/iperattività; allo stesso tempo, il contatto con la natura rinforza il sistema immunitario.

Nell’articolo del New York Times viene infine menzionato uno studio in cui si rileva che anche solo guardando delle scene naturali è possibile ridurre lo stress e regolare il battito cardiaco. Tali ricerche analizzano anche gli effetti della pandemia: “per alcune persone è stata necessaria una pandemia e l’ordine di rimanere in casa per sentire la necessità di spendere più tempo all’aperto”. Gli esperti si augurano che la consapevolezza nata in questo periodo di lockdown e restrizioni anti-Covid possa perdurare anche quando torneremo alla “normalità”.

Nature Deficit Disorder e lockdown

La sociologa Rosa Tiziana Bruno ha sperimentato sul campo quanto appena detto. Infatti, il suo libro si concentra prevalentemente sul disagio adolescenziale, tracciando una sorta di road-map per insegnanti e educatori. Durante il periodo di lockdown, non potendo effettuare i laboratori che solitamente svolge in classe e all’aperto, Rosa Tiziana Bruno ha chiesto agli alunni coinvolti di concentrarsi sull’unico elemento naturale accessibile a tutti durante la quarantena: il cielo.

“Dai diari visivi sono emersi i pensieri più variegati, ma ho notato alcune differenze. I bambini che vivono in appartamenti privi di significativi sbocchi esterni hanno espresso la propria inquietudine usando colori piuttosto cupi. Le scene da loro raffigurate esprimono sensazioni di isolamento, di timore e talvolta anche di confusione. Al contrario, i bambini a contatto con piante e animali, con un giardino o un terrazzo a disposizione, hanno usato colori caldi e riprodotto scene da cui emerge un senso di equilibrio e di fiducia nel futuro”.

R.T. Bruno, Educare al pensiero Ecologico

Il problema dell’iperconnessione tecnologica

Seguendo le teorie di Louv, l’autrice individua tre cause principali per il Nature Deficit Disorder: l’eccessivo controllo genitoriale, la scomparsa della natura dalle città e l’iperconnessione tecnologica. Per quanto riguarda quest’ultimo fattore, è stato addirittura coniato un nuovo termine, ovvero la “nomofobia” (no mobile phobia), che significa appunto “paura di restare disconnessi”. Le principali statistiche riportano che le giovani generazioni trascorrono quasi un terzo delle loro giornate davanti a uno schermo.

Invece, il tempo trascorso per giochi all’aperto sarebbe diminuito del 90% rispetto agli anni Settanta, così come emerge dalla ricerca di Stephen Moss dal titolo “Natural Childhood”. Rosa Tiziana Bruno traccia un’efficace sintesi del problema appena delineato: mentre aumentano le diagnosi di iperattività, depressione, ansia, scarsa attenzione viene dedicata ai luoghi dove i bambini trascorrono il proprio tempo. Compensare il tempo trascorso al chiuso con del tempo a contatto con la natura potrebbe giovare non poco, permettendo ai bambini di sviluppare le abilità tipiche dell’infanzia: esplorare, socializzare, inventare ed acquisire fiducia in se stessi.

Curare il Nature Deficit Disorder nel lungo termine

Vi invitiamo dunque ad approfondire le teorie della sociologa Bruno nell’intervista all’autrice pubblicata qualche mese fa e disponibile al seguente link. Oppure tramite l’acquisto del libro Educare al pensiero ecologico nella nostra sezione Libri sull’ambiente. La pandemia ha reso evidente un bisogno psico-fisico dell’uomo e sarebbe da sciocchi non indagare ulteriormente questa consapevolezza e sfruttarla a beneficio della società. Soprattutto per quanto riguarda i bambini, non possiamo ignorare i benefici che derivano dal contatto con la natura o, al contrario, non tener conto dei disagi che comporta il distacco da essa. Sperimentando e curiosando fra gli elementi naturali, le nuove generazioni saranno capaci di sviluppare un’ecosaggezza – così come la chiama Rosa Tiziana Bruno – e delle autentiche relazioni sostenibili.

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di Federica Bilancioni
Gen 11, 2021
Nata nel 1994 a Fano, si laurea in Storia all’Università di Bologna. Decide poi di iscriversi alla magistrale Global Cultures ed è grazie ad una materia specifica di questa magistrale che si appassiona alla tematica ambientale. Dal 2017 infatti, Federica fa ricerca sul cambiamento climatico e lo sviluppo sostenibile. Dopo l’Erasmus a Lund (Svezia), la sua vita si orienta ancora di più in questa direzione, organizzando conferenze e dibattiti sulle tematiche ecologiche. Nel 2019 si iscrive al Master di I livello Comparative Law Economics and Finance presso l’International University College di Torino. Negli anni universitari collabora con Limes Club Bologna e scrive articoli per limesonline e Affari Internazionali. Attualmente insegna lettere e collabora con L’Ecopost per aumentare la copertura di stampa sulla crisi ecologica e diffondere buone pratiche per mitigarla.

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