Se state cercando una guida pratica su come contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici attraverso il fai-da-te, “Minuti contati” non fa per voi. Se invece cercate un’illustrazione del quadro politico, sociale e sopratutto economico dello scacchiere internazionale alla luce del clima che sta cambiando, con questo libro fate centro. “Minuti contati – Crisi climatica e Green New Deal globale” ci serve per capire quanto sono importanti le decisioni di politici, economisti e attivisti per cambiare davvero le sorti dell’umanità.
Economia, la vera protagonista di “Minuti contati”
È vero, l’economia e la finanza sono due dei temi centrali del libro. Questo però non deve intimorire, in quanto la narrazione è strutturata in modo così semplice e scorrevole da non lasciare spazio alla noia. Assistiamo infatti a un’intervista condotta dallo scienziato ed economista C. J. Polychroniou rivolta nientemeno che a uno dei più grandi intellettuali viventi, Noam Chomsky e all’altrettanto importante economista e accademico Robert Pollin. Le domande sono semplici e dirette, così come le risposte, che riempiono le pagine di conoscenze, dati e riflessioni a dir poco concrete sulla situazione attuale. Per i pochi euro del libro sarebbe veramente un peccato non infondere le proprie meningi di tanta ricchezza.
Sia Chomsky sia Pollin sono grandi sostenitori del Green New Deal Globale. Pollin lo definisce un progetto globale per raggiungere gli obiettivi dell’IPCC, ma in modo tale da ampliare al contempo le opportunità di un lavoro dignitoso e migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e dei poveri di tutto il mondo. Secondo Noam Chomsky una qualche forma di Green New Deal è indispensabile per salvare il pianeta. Quando si parla di Green New Deal, però è ovvio che il denaro sia il fulcro dell’argomento in quanto consiste nel mezzo più importante che abbiamo per contenere la crisi climatica in poco tempo.
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Da dove arriveranno i soldi per il Green New Deal?
L’investimento iniziale per attuare il Green New Deal globale dovrebbe essere di 2,6 bilioni di dollari solo nel primo anno. Questa cifra probabilmente aumenterà sino ad arrivare a 4,5 bilioni all’anno tra il 2024 al 2050. Anche se sembrano cifre esagerate, i due intellettuali sottolineano come questo denaro rappresenti solo una minima parte del PIL globale e che i combustibili fossili richiedono investimenti e generano introiti decisamente maggiori. Come dice Pollin, nel 2019 il valore complessivo delle attività finanziarie globali è stato di 317 bilioni di dollari. I 2,4 bilioni che propongo di convogliare negli investimenti sull’energia pulita a partire dal 2021 corrispondono allo 0,7% di questa torta.
Qualcuno dovrà pagare
Comunque, qualcuno dovrà pagare. La soluzione che Pollin vede più fattibile è quella di una divisione equa degli investimenti tra i governi e i privati. Queste due realtà, lavorando insieme, potranno assicurare la stabilità dei prezzi del mercato, sulla scia dell’attuale liberismo economico. Questa strategia incoraggerà gli investitori privati nelle rinnovabili, creando concorrenza e incentivando la ricerca per prodotti sempre più nuovi e competitivi. A livello pratico, gli Stati potranno contribuire in diversi modi.
Uno di questi è sicuramente la carbon tax e tutte quelle le politiche atte a spillare all’industria del fossile parte del suo immenso bacino monetario. Molti dicono che la carbon tax sia solo un altro modo per impoverire le persone comuni, in quando l’innalzamento dei prezzi della benzina e del riscaldamento peseranno principalmente sulle famiglie. Pollin però propone che il 75% di questi introiti vengano restituiti ai cittadini, per esempio nella busta paga alla fine del mese. Il 25% invece sarà destinato a investimenti nelle rinnovabili.
Ovviamente, poi, una larga parte del denaro necessario alla transizione potrebbe provenire dai fondi ora destinati all’industria militare la quale, si spera, diventerà sempre più obsoleta. Larga parte dei soldi, poi, potranno provenire dai prestiti delle grandi banche statali in favore dei progetti sulle rinnovabili. Infatti, questo grande progetto di investimento quale è il Green New Deal sarà completamente ammortizzato nel tempo. In particolare, si tradurrà in costi energetici più bassi per i consumatori di tutto il mondo. Oltre ovviamente a creare milioni di nuovi posti di lavoro e incrementare così la capacità di acquisto della popolazione.
“Minuti contati” e l’idealismo pratico
A modo loro, sia Chomsky che Pollin sostengono che l’idealismo nel senso puro del termine non porti lontano. O meglio, entrambi sono d’accordo che gli ideali siano fondamentali, ma solo come punto di partenza per interventi più concreti, che sono l’unica vera chiave per salvare il pianeta nei pochissimi anni che ci sono concessi. D’altra parte il titolo parla chiaro: abbiamo i minuti contati e bisogna trovare soluzioni veloci e fattibili.
Il pragmatismo di Chomsky
Il passato di Chomsky è caratterizzato dall’attivismo politico nel panorama della sinistra più radicale e talvolta anarchica, che lo ha visto, per esempio, in prima linea nella protesta contro la guerra del Vietnam e la pena di morte. Ciò non toglie, però, che la visione di Chomsky sulla disobbedienza civile come metodo per combattere la crisi climatica sia molto più trattenuta rispetto a quello che ci potremmo aspettare da lui.
Per molti anni ho praticato la disobbedienza civile e ritengo che sia una buona tattica, a volte. Ma non va adottata solo per dimostrare al mondo di avere a cuore il problema. […] Bisogna valutare le conseguenze. Una determinata azione è progettata in modo da stimolare la riflessione, il convincimento e la partecipazione degli altri? O è più probabile che essa si inimichi le persone, le indispettisca e le induca ad appoggiare proprio quello che combattiamo?
In “Minuti contati”, Chomsky arriva persino ad “accogliere” l’accusa di alcuni detrattori di sinistra riguardo al fatto che il Green New Deal non sarebbe un progetto per salvare il pianeta, ma per salvare il capitalismo. Dice infatti che, qualora dovesse funzionare, il Green New Deal potrebbe sì salvare il capitalismo, ma annullerebbe le tendenze suicide del capitalismo reale e condurrebbe a una forma sostenibile di organizzazione sociale. E comunque aggiunge: Personalmente, spero che esso si spinga molto più oltre.
Il realismo di Pollin
Anche Pollin non sembra vedere altra via d’uscita se non quella di intrufolarsi tra le mura del nemico con lo scopo di abbatterlo dall’interno. Secondo lui non abbiamo il tempo per invertire la rotta del capitalismo e risolvere in questo modo la crisi climatica. Realisticamente e cinicamente parlando, questa “rivoluzione” porterebbe più danni alla popolazione e all’ambiente di quanto si creda. Pollin è totalmente in accordo con chi crede che il capitalismo sia un sistema economico ingiusto, malato e che per ora non tiene affatto conto dei danni ambientali che comporta. Egli però afferma che, se il PIL globale dovesse contrarsi significativamente, i fondi per le rinnovabili subirebbero una battuta di arresto, così come i posti di lavoro promessi alle persone ora occupate nel settore del fossile.
Io non posso certo commentare negativamente le opinioni di due pilastri dell’economia e della politica mondiale, peraltro tutte basate su dati scientifici. Gli argomenti trattati in “Minuti contati”, inoltre, coprono uno spettro troppo ampio perché chi sta dall’altra parte delle pagine costruisca grazie ad esse una propria opinione esaustiva su di essi. Si parla infatti di tanto altro, oltre all’economia: diritti umani, disoccupazione, attivismo (Extinction Rebellion e Greta Thunberg), agricoltura, deforestazione, migranti climatici. Sicuramente, però, un’infarinatura di questi temi potrà giovare tutti per contrastare i cambiamenti climatici attraverso un più deciso voto politico.