Isola di Capri, inizi del ‘900. Famiglie di pastori, pochi abitanti, un solo medico inviato dallo Stato, ricordatosi miracolosamente di questo luogo nascosto e dominato dalla natura selvaggia. Già a pochi minuti dall’inizio del film, però, il regista Mario Martone distrugge il velo di Maya e la sua banalità. Infatti, sul palcoscenico della pur sempre meravigliosa isola amalfitana, compare prima un gruppo di hippie nudisti, totalmente in contrasto con lo stile di vita modesto degli isolani. Poi, l’orrore di un radicato e violento maschilismo da parte della famiglia di pastorelli capresi. Infine l’ombra della guerra che non risparmia nessuno nel mondo, nemmeno questa piccola, insignificante isola. La natura, nel frattempo, viene idealizzata, mistificata, sottovalutata, male interpretata dai vari personaggi del film, che formano uno spettro di umanità molto vario e spaventosamente attuale.
Lo sguardo di Lucia
Il regista ci accompagna tra la moltitudine di questi temi attraverso lo sguardo e, quindi, il punto di vista di Lucia, la protagonista. In questo modo Martone ha creato molta suspense e colpi di scena che rendono la pur lunga pellicola piacevole e scorrevole. Lucia è una ragazza di quasi vent’anni che vive con la madre, il padre malato e i fratelli, in una minuscola casetta su un’altura defilata dal mare. Il suo lavoro è pascolare le capre, oltre che aiutare la madre con le faccende di casa. Durante le sue peregrinazioni con il gregge, Lucia entra piano piano in contatto con un gruppo di artisti hippie provenienti dalle più disparate nazioni europee. Essi amano stare nudi, in gruppo, cantando, ballando, dipingendo e mettendo in scena strane esibizioni di arte contemporanea.
Inizialmente, agli occhi di Lucia e ai nostri, sembrano invadenti, boriosi, irrispettosi della tranquilla e rurale vita caprese. È quest’ultima infatti a dare l’impressione di essere “dal lato giusto” della storia: semplice e in armonia con la natura. Con il passare del tempo e non senza una buona dose di innocente curiosità da parte della pastorella, iniziamo a conoscere il gruppo di stranieri. Allo stesso modo entriamo anche nella casa di Lucia per scoprirne l’oscurità che si cela dietro a quella vita apparentemente semplice e innocente.
Capri-Revolution mostra le contraddizioni della società
Nel corso del film vengono evidenziate le enormi differenze tra due mondi opposti e che rispecchiano anche le problematiche della società attuale. Una società che come allora comprende da un lato una élite un po’ piena di sé, in auto-isolamento dalla “plebe”, che utilizza metodi di comunicazione molto astratti e incomprensibili ai più, quasi avesse un proprio linguaggio in codice. Dall’altro le persone con pochi mezzi, meno cultura e uno stile di vita più concreto. Nessuno dei due stili di vita, dal punto di vista ambientale e sociale, è totalmente corretto. Così come nessuna delle due parti commette errori madornali.
Gli “hippie” di Capri-revolution, per esempio, non mangiano carne, o “cadaveri”, come li chiamano loro, e questa è chiaramente una buona abitudine. Essi non sono però ben informati su come integrare le proteine, fondamentali per uno stile di vita sano. Questa carenza avrà conseguenze anche gravi su alcuni membri del gruppo. Oppure utilizzano soltanto la medicina naturale, ma in alcuni casi questa non basta, e impone di scendere a patti con una modernità ben più cruda e “reale” di come viene dipinta nel loro mondo idealizzato. Per non parlare delle deviazioni fanatiche di alcuni membri del gruppo, che portano con sé tutto tranne che un messaggio di pace ed ecologia.
Per quanto riguarda la famiglia di Lucia, questa, certo, vive in modo molto modesto. Mangiano prodotti (carne compresa) locali, pascolano le loro capre e dedicano del tempo alla spiritualità, non cedendo alle dinamiche della frenesia e dell’ingordigia borghese. Lucia però è maltrattata e comandata dai fratelli solo perché donna. Inoltre la carne viene consumata ad ogni pasto. Infine, quando arriva l’elettricità a Capri, essi ne sono felicissimi, senza giustamente considerarne le conseguenze ambientali e sociali.
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I mediatori: la chiave della società?
Tra gli estremi di questi due gruppi esiste una fiumana di altre persone, rappresentate, genericamente parlando, dalla media borghesia. Queste spesso possono davvero fare la differenza. Da un lato la classe media è stata in grado di scatenare una guerra mondiale, di dare l’avvio alla combustione fonti fossili per ricavare energia ottenibile in altro modo, e di rendere la rincorsa ai beni materiali un bisogno insaziabile. Dall’altro, alcune persone appartenenti a questa categoria, possono diventare il tramite positivo tra i due poli sopracitati i quali, forse, non sono poi così opposti.
In Capri-revolution i mediatori sono rappresentati dal medico del villaggio e da Seybu, leader del gruppo hippie. Il momento più interessante del film infatti è il dialogo tra questi due personaggi. Questi sono gli unici (oltre a Lucia) ad aver avuto il coraggio e l’umiltà di confrontarsi. In questo modo hanno compreso sia il punto di vista dell’altro, sia ciò che li accomuna, aprendo una strada verso la giustizia sociale (e ambientale), forse più tortuosa ma sicuramente più efficace.
Il dialogo rivelatore di Capri-revolution
Seybu: Tutte le attività umane vanno considerate alla luce dell'energia. Medico: l'energia è quella attraverso cui l'isola è stata appena illuminata. e a produrla è la scienza, lo studio, il progresso. Seybu accende una lampadina solo tramite il contatto di due cavi che passano attraverso un limone. Seybu: il problema non è l'elettricità in quanto tale, ma come viene prodotta e come la useremo nel futuro. l'elettricità ha a che fare con le forze condensatrici del centro della terra, con la gravitazione e il magnetismo. non potrei mai considerare l'elettricità come qualcosa di negativo. La questione dell'energia deve essere discussa e capita, perché c'è qualcosa di molto più ampio da imparare. Molto più di quanto possono insegnarci la fisica e il materialismo. Medico: Non penserà di migliorare il mondo con questi trucchi? Seybu: e lei, con i suoi idealismi, lo migliorerà? Gli uomini non sono al mondo con la vocazione di essere migliorati, ma semmai di diventare se stessi. Dovremmo riflettere su questo, specialmente ora che stiamo andando contro un muro. Abbiamo tutti gli strumenti per distruggerci e stiamo per usarli. Medico: questa guerra, dal momento che avviene, può essere utile. Seybu: una guerra utile? Medico: sì. La classe lavoratrice potrà piegarla a suo vantaggio se obbligherà il potere ad assumersi le proprie responsabilità. E' una guerra voluta dal capitale, perciò va portata a estreme conseguenze. Bisogna che salti tutto per rifondare nuovi equilibri. Seybu: sulla critica al capitale la seguo. La crescita economica, il capitale, non renderanno il mondo più produttivo. L'arte è il vero capitale e le persone devono prenderne coscienza. Medico: vuole prendermi in giro? Seybu: niente affatto. Il mio concetto non è un'utopia, è la realtà. L'agricoltura è una questione di arte. Si può fare agricoltura solo occupandosi del terreno e delle condizioni climatiche. Insomma, se si comprende lo spirito delle sostanze; le sostanze umane sono creatività e intenzione. Questi sono i veri valori economici, nient'altro. Non il denaro. Quella di cui parliamo non è vera crescita: progredisce come un tumore che distrugge ogni cosa. Non è produttiva, è un processo letale e fuori controllo. Ma noi possiamo controllarlo, dipende tutto da noi; è inutile prendersela con il potere se le cose vanno male. Bisogna accusare solo se stessi. La rivoluzione siamo noi.
Capri Revolution è un film del 2018 ed è stato presentato in concorso alla 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. È fruibile su Netflix, Youtube, Prime Video e Google Play.