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Turkmenistan: perdita di metano scoperta grazie a un satellite

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Quasi tutti sanno che Space X è un’azienda fondata da Elon Musk. In pochi però sono a conoscenza del fatto che questa abbia contribuito all’avvistamento di ingenti perdite di metano in Turkmenistan, che raggiungono i diecimila chilogrammi all’ora. Un fatto gravissimo, poiché il metano, oltre ad essere un gas serra, ha anche un potere riscaldante molto maggiore dell’anidride carbonica. L’avvenimento non può che indurre a chiederci quante altre perdite di gas siano occorse nel mondo prima dell’esistenza di questi satelliti, all’oscuro di tutti.

Perché il Turkmenistan perde metano

Il Turkmenistan ospita la quarta riserva di gas naturale più grande al mondo. Non stupisce che metà di quel gas sia destinato allo Stato più popoloso del pianeta: la Cina. Il passaggio avviene attraverso un gasdotto lungo all’incirca 7000 chilometri. Oltre a questa gigantesca infrastruttura, il Turkmenistan “vanta” molti altri gasdotti più piccoli, necessari allo smistamento del gas a partire dai bacini. Ebbene, quattro di questi gasdotti, che si trovavano in prossimità del giacimento di Galkynysh, il secondo più grande al mondo, probabilmente perdevano gas da valvole mal funzionanti. Le altre quattro aree nelle quali hanno identificato del gas sospetto sono i punti in cui avviene il fenomeno di gas flaring. Si tratta, riassumendo molto, di zone adibite alla combustione del metano che non può essere trasportato o lavorato.

Il misfatto lo ha rivelato un satellite inviato nello spazio da GHGSat, un’azienda canadese che monitora le emissioni di gas serra provenienti dal nostro Pianeta. Hugo, questo il nome del satellite, è stato mandato in orbita da un razzo di Space X il 24 gennaio di quest’anno. Non è però la prima volta che GHGSat rileva perdite di questo tipo in Turkmenistan. L’anno scorso, mentre la società stava effettuando misurazioni satellitari da un vulcano nella parte occidentale del paese, ha accidentalmente rivelato enormi quantità di metano provenienti dal giacimento di petrolio e gas di Korpezhe.

Senza contare quelle probabilmente mai osservate nel corso degli anni. Il Turkmenistan è infatti uno dei paesi che produce la maggiore quantità di perdite di metano nel mondo. Nel 2020 nell’Asia centrale le perdite si sono triplicate rispetto all’anno precedente, nonostante il calo a livello mondiale, anche a causa degli enormi giacimenti presenti in questa Nazione.

 Questo cratere del Turkmenistan è soprannominato “La porta dell’inferno” e sta bruciando ininterrottamente dal 1971, anno in cui alcuni geologi sovietici localizzarono una caverna piena di gas naturale. Le trivellazioni che dovevano estrarlo, però, ne causarono il crollo. Così, fu innescato un incendio per evitare la diffusione nell’atmosfera del metano e altri gas presenti nella caverna.

Come funzionano le rilevazioni

La tecnologia satellitare consiste in un sistema a infrarossi che è già in grado di individuare le emissioni da specifici luoghi quali giacimenti, condutture e miniere. Anche se, per ora, le perdite devono essere distanti almeno 25 metri per apparire come camini distinti nelle immagini satellitari.

GHGSat, che opera dal 2016, non è e non sarà l’unica azienda a operare in questo campo. Per esempio, anche i satelliti dell’Agenzia spaziale europea (ESA) possono rilevare le perdite di metano. Molti altri concorrenti si stanno affacciando a questa importante attività di rilevazione. Bluefield Technologies Inc., ad esempio, è stata la prima a identificare nel 2020 un’ enorme perdita di gas in Florida, utilizzando i dati acquisiti dall’ESA. Un rapporto di Bloomberg News ha successivamente identificato la probabile fonte, che si trovava, appunto, in Florida. La scoperta ha poi dato il via a un’indagine dell’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti su una possibile violazione del Clean Air Act.

Questa sana concorrenza spinge al miglioramento delle tecnologie. Se infatti i satelliti dell’Agenzia spaziale europea potevano rilevare le perdite di metano solo se esse consistono in almeno diecimila chilogrammi all’ora. Invece, a quelli della più moderna GHGSat, che orbitano a quote più basse, bastano 100 chili all’ora. L’immagine a pixel diffusa dall’azienda mostra le aree in cui il gas metano di recente rilevazione è presente in maggiore concentrazione.

Il problema del metano

L’implementazione di queste potenti tecnologie è molto importante in quanto il metano è un potentissimo gas serra. Purtroppo spesso è considerato uno dei combustibili più “green” poiché rappresenta una componente del tanto conclamato gas naturale. La combustione di metano, infatti, produce meno anidride carbonica rispetto a quella del petrolio e del carbone, a parità di energia prodotta. Inoltre questo gas resterebbe nell’atmosfera soltanto dodici anni, nulla in confronto ai cinquecento dell’anidride carbonica.

In primo luogo, però, dodici anni sono comunque sufficienti a creare squilibrio nell’atmosfera se ingenti quantità di gas vengono costantemente emessi senza attenderne lo smaltimento. Inoltre il metano ha un potere riscaldante è 25 volte maggiore rispetto a quello dell’anidride carbonica, in un arco di 100 anni. Per questo la quantità di metano rilasciata dai gasdotti del Turkmenistan ha lo stesso effetto che avrebbero 250 mila automobili con motore a scoppio costantemente accese.

Secondo i dati dell’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), nel 2020 le attività di estrazione, lavorazione e distribuzione di petrolio e gas di tutto il mondo hanno disperso nell’atmosfera 70 milioni di tonnellate di metano. Il loro impatto è equivalente a quello di tutte le emissioni di anidride carbonica prodotte nello stesso arco di tempo dall’intera Unione Europea. Anche se rispetto al 2019 le emissioni di metano mondiali sono diminuite del 10 per cento, secondo l’IEA ciò è dovuto semplicemente al blocco della produzione di gas naturale conseguito alla pandemia di covid. Per questo, non è escluso che nel 2021-2022 le emissioni di metano potrebbero tornare ai livelli precedenti o superarli.

Il Turkmenistan farà qualcosa?

Risolvere il problema non sembra essere semplice. Le segnalazioni al Turkmenistan da parte di GHGSat infatti non sono bastate. L’azienda si è trovata quindi costretta a chiedere l’intervento della diplomazia canadese per chiedere al governo Turkmeno di fermare le perdite. Al momento, però, non sembrano esserci state risposte soddisfacenti. Il motivo, come rivela il Post, è da ricercarsi nel sistema politico del Turkmenistan, che ufficialmente consiste in una Repubblica presidenziale, ma di fatto si può definire un regime autoritario, con ben pochi contatti con l’esterno.

Inoltre, alcune perdite sono probabilmente non disgiunte dal funzionamento della rete stessa. Pensiamo, per esempio, al metano di scarto di cui abbiamo accennato, che deve essere in qualche modo eliminato. Ammettere queste falle vorrebbe dire mettere in discussione il funzionamento e, probabilmente, l’esistenza stessa dei gasdotti, investendo, o perdendo, moltissimo denaro. In un momento in cui si stanno decidendo le sorti di un altro gasdotto nuovo di pacca, che sarà lungo 1800 chilometri e attraverserà, oltre al Turkmenistan, l’Afghanistan, il Pakistan e l’India, l’intervento sulle “piccole” perdite di vecchi gasdotti per la causa ambientale non sarà sicuramente in cima alla lista del governo Turkmeno.

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di Iris Andreoni
Feb 22, 2021
Nata a Milano nel 1991 ma bergamasca di adozione, è tornata nella sua città natale per conseguire la laurea specialistica in Lettere Moderne, un corso di studi che ha cambiato la sua vita e il suo punto di vista sul mondo. Ha infatti imparato ad approfondire e affrontare criticamente argomenti di varia natura e dare in questo modo priorità a ciò che nella vita è davvero importante. Il rispetto per l’ambiente è una di queste cose e, grazie ad alcuni libri e documentari, ma anche dopo due viaggi in Asia, Iris si interessa in modo particolare a questo ambito. Durante l’università scrive recensioni e interviste sul blog letterario Viaggio nello Scriptorium e, terminati gli studi, si appassiona al mondo del giornalismo, decidendo di sfruttare il grande potere della scrittura per comunicare al mondo i suoi interessi e le notizie più importanti. Collabora come redattrice con il giornale Bergamo Post e ha poi l’onore di frequentare il Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti organizzato da Legambiente. Qui conosce altri aspiranti giornalisti e insieme decidono di dare il loro contributo per informare l’Italia riguardo all’emergenza ambientale cui stiamo assistendo e di cui non molti sembrano essersi accorti. Per l’Ecopost Iris si occupa della redazione di contenuti e comunicazione sui Social Media.

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