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Estinzione: a rischio orsi polari e squali

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La pesca distruttiva e insostenibile sta facendo crollare il numero di squali in molte barriere coralline e, se il riscaldamento climatico continuerà senza sosta, gli orsi polari andranno incontro ad estinzione certa entro la fine del secolo. Questo è quanto riportato in alcuni studi che mettono in luce lo stato di salute di due predatori essenziali per gli ecosistemi marini e terrestri.

Estinzione, cos’è?

Gli studiosi parlano di “annientamento biologico“, miliardi di popolazioni animali sono state perse negli ultimi decenni. L’annientamento della fauna selvatica in un così breve lasso di tempo è il risultato della sesta estinzione di massa ed è più grave di quanto si temesse.

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Gli scienziati incolpano la sovrappopolazione umana ed il consumo eccessivo di risorse. Avvertono che tutto ciò minaccia la nostra sopravvivenza, con poco tempo in cui agire.

Negli ultimi 100 anni si sono estinte quasi 200 specie di vertebrati, circa 2 specie all’anno. Pochi si rendono conto, tuttavia, che in “natura” per raggiungere questi numeri non sarebbe bastato un secolo, ma almeno 10.000 anni. La IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura) ogni anno stila una “red list“. La Lista Rossa IUCN è un indicatore critico della salute della biodiversità nel mondo. 

Molto più di un elenco di specie e del loro stato di salute, è un potente strumento per informare e catalizzare l’azione per la conservazione della biodiversità e il cambiamento delle politiche, fondamentale per proteggere le risorse naturali di cui abbiamo bisogno per sopravvivere. Fornisce informazioni sulla dimensione della popolazione, habitat ed ecologia, minacce e azioni di conservazione.

Le estinzioni sono drammatiche ed a lungo termine, poiché tali perdite sono irreversibili e possono avere effetti profondi che vanno dall’esaurimento delle risorse al deterioramento della funzione e dei servizi dell’ecosistema.

Estinzione squali

Un nuovo studio ha scoperto che le pratiche di pesca insostenibili hanno portato a un calo del numero di squali nelle barriere coralline di tutto il mondo, sconvolgendo l’equilibrio ecologico degli ecosistemi marini. In effetti, gli squali sono già ” funzionalmente estinti ” dal 20 percento delle barriere coralline studiate.

Decenni di sfruttamento eccessivo hanno devastato le popolazioni di squali, lasciando notevoli dubbi sul loro stato ecologico. Tuttavia, gran parte di ciò che si sa su questi ultimi è stato dedotto dai registri delle catture della pesca industriale, mentre sono disponibili molte meno informazioni sugli squali che vivono in habitat costieri. 

Gli squali sono parte integrante delle barriere coralline. Agiscono come specie indicatrici (bio indicatori) che forniscono informazioni sulla salute a tutto tondo degli ecosistemi in cui vivono.

Gli ecologi sono preoccupati che la scomparsa degli squali potrebbe potenzialmente innescare un fenomeno chiamato “mesopredator release“, in cui popolazioni di predatori di medie dimensioni aumentano rapidamente negli ecosistemi dopo la rimozione di grandi carnivori. Tali aumenti rapidi possono forzare improvvisi cambiamenti nella struttura degli ecosistemi.

La pesca incontrollata, le ghost net e la perdita degli habitat in cui vivono hanno portato ad un drastico calo delle popolazioni mondiali di squali.

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Tuttavia, permangono opportunità per la conservazione degli squali di barriera: santuari, aree chiuse, i limiti di cattura e l’assenza di reti da pesca. Le popolazioni di squali avranno una possibilità di recupero solo se verranno intraprese risposte concrete.

Lo studio pubblicato su Nature

Lo studio ha coinvolto oltre 100 scienziati, che hanno utilizzato una rete di telecamere subacquee in 58 paesi, coprendo 371 barriere coralline, per osservare gli squali nel loro habitat naturale nell’arco di quattro anni. Le 15.000 ore di riprese video hanno mostrato che gli squali erano spariti da quasi una barriera corallina su cinque.

“In un momento in cui i coralli stanno lottando per sopravvivere in un clima che cambia, la perdita di squali di barriera potrebbe avere conseguenze terribili a lungo termine per interi sistemi di barriera. Potrebbe portare gli squali all’estinzione.”

Ciò è quanto dichiara al The Guardian il dott. Mike Heithaus del Dipartimento di Scienze Biologiche della Florida International University, che ha finanziato lo studio.

Forse non è troppo tardi

Ma non è troppo tardi. I ricercatori hanno scoperto che alle Bahamas, negli Stati Uniti, in Australia, nella Polinesia francese ed alle Maldive gli sforzi di conservazione stanno funzionando e gli squali sono in abbondanza. 

Pratiche come il divieto di determinate attrezzature da pesca e la limitazione del numero di squali che possono essere catturati hanno funzionato in queste regioni.

“Ridurre la mortalità a causa della pesca è la chiave per proteggere le popolazioni degli squali esistenti, ricostruire le popolazioni in cui sono diminuite ed evitarne così l’estinzione. Abbiamo scoperto che ci sono diverse opzioni di gestione per ricostruire efficacemente le popolazioni di squali. Tra queste, la messa al bando delle reti da imbrocco, la definizione dei limiti di cattura e la creazione di grandi aree protette o santuari. Dobbiamo davvero muoverci in modo sostanziale verso la conservazione e il recupero nel prossimo decennio, altrimenti saremo in guai seri”. 

Non esiste una soluzione unica per tutti. I paesi devono capire come affrontare al meglio i numeri in diminuzione nei loro territori, comprendendo quali fattori specifici dell’area (o combinazioni di fattori) siano responsabili del declino degli squali, per evitare la futura estinzione di uno dei predatori più importanti in natura.

Estinzione orsi polari

Secondo uno studio pubblicato sul magazine Nature Climate Change, la riduzione dei ghiacci costringerà gli orsi polari (Ursus maritimus) a terra per un periodo prolungato, privandoli della capacità di cacciare cibo e costringendoli a sopravvivere con il grasso accumulato.

Gli orsi polari saranno così costretti a digiunare per periodi più lunghi di quelli attuali mettendo a rischio la loro sopravvivenza, spiega la ricerca secondo la quale a essere maggiormente in pericolo sono i cuccioli, mentre le femmine adulte sarebbero le ultime a perire.

Il sempre più rapido scioglimento dei ghiacci provoca agli orsi polari serie difficoltà nel reperire le risorse necessarie a sopravvivere. La loro estinzione potrebbe avvenire entro il 2100.

Lo studio prende in esame 13 sottopopolazioni (l’80% della totale popolazione di orsi) e calcola l’energia necessaria a questi ultimi per sopravvivere. I dati vengono poi incrociati con le proiezioni al 2100 sui ghiacci, nel caso in cui il riscaldamento climatico procedesse ai livelli attuali.

Il risultato dello studio

Il risultato è che il lasso temporale per cui gli orsi potrebbero essere costretti a digiunare supera quello per cui sono in grado di restare senza cibo. In altre parole morirebbero di fame. Poiché non solo dovrebbero digiunare di più ma si troverebbero ad affrontare non pochi problemi nel reperire cibo quando possibile.

Nei periodi in cui vi è minor probabilità di reperire il cibo, gli orsi si muovono il meno possibile per risparmiare energia. Ma la riduzione dei ghiacci e il calo della popolazione crea problemi anche su questo fronte; allungando i tempi per trovare un compagno, costringendoli a muoversi di più ed a bruciare energia preziosa per la sopravvivenza.

Il destino degli orsi polari è da tempo al centro del dibattito sul cambiamento climatico causato dall’uomo, con gli ambientalisti da un lato e chi nega il problema riscaldamento dall’altro. Gli scienziati replicano mettendo in evidenza come nei precedenti periodi di temperature elevate gli orsi avevano accesso a fonti alternative, che ora non hanno più.

L’estinzione: un fenomeno dalla velocità mai vista

L’impatto antropico sempre maggiore che esercitiamo sul Pianeta terra, direttamente o indirettamente, sta mettendo a dura prova la gran parte delle specie che vivono al nostro fianco. I predatori all’apice delle catene trofiche sono solo un piccole esempio.

Lo sfruttamento incontrollato dei territori, l’inquinamento dei cieli, della terra e degli oceani, sta portando il fenomeno dell’estinzione ad una velocità mai vista. E’ la prima volta nella storia del Pianeta che una singola specie causa l’estinzione di altre e la distruzione del proprio habitat.

E’ necessario che le politiche mondiali inizino a prendere seriamente la crisi ambientale, in tutte le sue forme, prima che sia troppo tardi.

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di Beatrice Martini
Ago 4, 2020
Nata nel 1993 a Roma, laureanda in Scienze Biologiche. Grazie alla sua famiglia fin da piccola si appassiona alla natura e alla conservazione di quest’ultima decidendo di farne una missione nella vita. Questo la porta in giovane età ad affacciarsi al mondo della subacquea e della fotografia naturalistica, partecipando a corsi (Scuola di fotografia Emozioni Fotografiche) e workshop in tutta Italia, come il “Marine Wildlife 2018” con Canon presso Tethys Research Institute. Durante il liceo vince due premi letterari che la portano ad appassionarsi al giornalismo, specialmente quello ambientale. Affascinata dai lavori delle sue mentori, Ami Vitale e Cristina Mittermeier, punta a diventare anche lei una foto/videoreporter per la conservazione dell’ambiente. Crede fortemente nel potere della parola e delle immagini attraverso le quali spera, un giorno, di poter dare un contributo per la salvaguardia del Pianeta. Nel 2020, grazie a L’Ecopost, le viene data l’occasione di poter affacciarsi al giornalismo e alla denuncia ambientale.

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