Il riciclo dei pannelli solari, o più in generale quello di tecnologie ecocompatibili, è uno dei cavalli di battaglia dei detrattori della conversione ecologica. Si tratta per lo più di argomenti superati e che si basano su fondamenta poco solide. Oggi ancora di più, grazie ad una scoperta degli scienziati dello Skolkovo Institute of Science and Technology di Mosca che, in uno studio pubblicato sulla rivista ACS Sustainable Chemistry & Engineering, hanno spiegato come riconvertire il silicio utilizzato nei sistemi fotovoltaici per dargli nuova vita
Il silicio dei pannelli solari dismessi come nuova fonte di energia
Il ricercatore capo del progetto Stanislav Evlashin ha così commentato la scoperta: “I pannelli utilizzati vengono convertiti in nanoparticelle mediante sintesi idrotermale in ambiente acquoso. L’aspetto positivo di questo processo è che le dimensioni delle nanoparticelle possono essere controllate in un intervallo compreso tra 8 e 50 nm senza utilizzare molte apparecchiature”. Il processo da loro implementato permette così di riciclare in modo sicuro le particelle di silicio, in modo da creare nuove fonti di nanoparticelle di ossido di silicio.
Si tratta di un procedimento sicuramente innovativo che infierisce un altro colpo a chi continua a giustificare la mancata accelerata verso la transizione green con scuse quali, appunto, la non riciclabilità dei dispositivi in grado di produrre energia da fonti pulite e non inquinanti. Va però detto che questa scoperta non cambia totalmente le carte in tavola. Infatti già prima della realizzazione di questo esperimento era comunque possibile riciclare in buona parte i pannelli, anche nel nostro paese. COBAT è infatti un’azienda specializzata nel riciclaggio di questo tipo di rifiuti, così come ce ne sono altre che operano già da tempo nel settore che, così come tanti altri, sta vivendo una fase di grande sviluppo tecnologico che, nel giro di qualche anno, ci permetterà di risolvere definitivamente questo tipo di problematiche che, purtroppo, sono vittime della grande disinformazione che regna sul tema.
Il falso mito dell’insostenibilità dei pannelli solari e dei prodotti ecocompatibili
Anche parlando di questo argomento risulta evidente la grande imparzialità che governa la nostra società quando è il momento di giudicare un prodotto inquinante ed uno che, invece, ha un impatto positivo, al netto dei processi di produzione e di smaltimento, sull’ambiente.
Sebbene infatti esistono tutt’ora alcune minori criticità da risolvere, il bilancio degli effetti che un pannello fotovoltaico ha, in termini di sostenibilità, è altamente conveniente. Parliamo di sistemi che hanno una durata di almeno 25/30 anni e che, durante il loro ciclo di vita, hanno prodotto così tanta energia pulita da rendere le critiche mosse dai suoi detrattori semplicemente infondate. Il risparmio, in termini di emissioni, che comporta un’installazione del genere, non verrà infatti in alcun modo annullato dai potenziali problemi che potrebbero, forse, verificarsi nel momento in cui andrà smaltito. A maggior ragione ora, con questa ulteriore scoperta che, precisiamo, non è la prima in questo campo e non sarà l’ultima.
Quella del puntare il dito contro i prodotti ecocompatibili è una pratica largamente diffusa, non solo tra chi ha forti interessi nel rallentare la transizione ecologica, ma anche tra i cittadini. Spesso si incappa in conversazioni sulle possibili problematiche legate alla diffusione su larga scala di tecnologie verdi, perdendo però di vista due aspetti che giustificano, eccome, la necessità di investire massicciamente nel settore green.
Il primo di questi riguarda la convenienza in termini di emissioni. Il ciclo di vita di una macchina elettrica nel suo complesso, ad esempio, ha un impatto ambientale molto minore rispetto a quelle alimentate da combustibili fossili. Basti pensare ad alcuni degli argomenti maggiormente cavalcati dai più diffidenti, quali lo smaltimento della batteria o, più in generale quando si parla di energia solare, dei sistemi di accumulo. Già oggi ci sono aziende specializzate nel recupero o nel corretto smaltimento di questi “scarti”, rendendo quindi quelle affermazioni poco più che sterili polemiche.
Ma c’è anche un altro punto che vale la pena trattare. Le alternative non ecocompatibili, come ad esempio le automobili “tradizionali” o le centrali a carbone e a gas, solo per fare alcuni esempi, presentano esattamente lo stesso tipo di problematiche. Che fine fa un’automobile ormai obsoleta? E cosa ne sarà della centrale a gas o a carbone una volta che verrà dismessa? In tutte queste situazioni ci sarà un alto costo ambientale da pagare. Eppure il dito viene puntato viene puntato solo contro le alternative sostenibili.
Come siamo arrivati a questo punto?
Questa situazioni ai limiti dell’assurdo è frutto, come spesso in questi casi, di un’astuta strategia comunicativa delle grande multinazionali, oltre che di un’informazione piuttosto superficiale sull’argomento ad opera dei media, con una conseguente percezione alterata della realtà da parte dei cittadini. Già con le tecnologie che abbiamo a disposizione oggi le tesi degli scettici sono facilmente confutabili. Inoltre gli ingenti investimenti che continuano ad esser fatti nel campo dell’energia pulita permettono di avere un cauto ottimismo nella risoluzione di alcune problematiche che, è vero, ad oggi esistono, ma che comunque già così rappresentano un’alternativa decisamente migliore dal punto di vista ambientale rispetto al cosiddetto business as usual.
Siamo comunque nel bel mezzo di una vera propria battaglia tra due forze antitetiche che, però, vengono giudicate in modo assolutamente imparziale. Solo quando si arriverà a guardare alla realtà in maniera oggettiva e, perchè no, scientifica, la tanto agognata transizione ecologica troverà dinanzi a sè la strada spianata.