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Ocean Cleanup funziona! Raccolti i primi rifiuti dal Pacifico

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L’olandese Boyan Slat aveva 16 anni quando ebbe l’idea, ingenua e impulsiva, di ripulire l’oceano dalla plastica. Oggi, il suo sogno è diventato realtà. La macchina da lui ideata Ocean Cleanup ha infatti finalmente iniziato a collezionare la plastica presente nella cosiddetta “Grande macchia di rifiuti del Pacifico“.

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Un’isola fatta di plastica

Questo enorme accumulo di sporcizia ha una dimensione di tre volte la Francia e contiene 80 milioni di chilogrammi di plastica galleggiante. Si è formato a causa di un particolare sistema di correnti che, creando un vortice, hanno permesso a ogni tipo di detrito di accumularsi in un’aera relativamente ristretta dell’oceano. Forse questo è stato in parte un bene, poiché ha reso possibile alla Ocean Cleanup di operare.

Ocean Cleanup è in grado di intrappolare detriti di grandissime dimensioni, come pezzi di plastica da 1,8 tonnellate, ma anche quelli più piccoli come contenitori e reti da pesca. E’ però anche in grado di trattenere microplastiche di un millimetro di diametro. Il meccanismo è abbastanza semplice e “minimal”. Un tubo lungo 600 metri a forma di U galleggia sulla superficie del mare. Ad esso è agganciata una vera e propria barriera, profonda tre metri e in grado di intrappolare i rifiuti intanto che il tutto si muove, trasportato dalle onde e dal vento. All’estremità, un’ancora ha lo scopo di rallentare la macchina e permettere così a più rifiuti possibili di accumularsi. Il dispositivo è dotato di trasmettitori e sensori in modo da poter comunicare la sua posizione a una nave. Questa poi raccoglierà i rifiuti ogni circa quattro o cinque mesi. La prima raccolta avverrà questo dicembre e la plastica, una volta portata a terra, verrà per quanto possibile riciclata.

System 001/B – explained.
THE OCEAN CLEANUP

Un lungo percorso

Non senza inciampi e critiche, Slat sta ottimizzando la Ocean Cleanup dal 2012. L’anno scorso sembrava potesse finalmente entrare in funzione, ma un guasto ha costretto a un rinvio. La plastica raccolta infatti aveva iniziato a fuoriuscire dal meccanismo e, dopo otto settimane di lavoro, il team non era riuscito ad evitare che questa facesse ritorno nell’oceano. Ma, con la positività e la determinazione che caratterizzano un giovane imprenditore, Slat non si è fatto perdere d’animo. Aveva infatti definito questi episodi come “opportunità di imparare non programmate“.

L’annuncio stampa di Boyan Slat e il suo team

E lo sono state davvero. Ora la macchina funziona perfettamente ed è riuscita persino a guadagnarsi la fiducia degli ambientalisti preoccupati per la fauna marina. La rete della Ocean Cleanup, infatti, permette agli animali di notarla e nuotare al di sotto di essa senza intralci. Inoltre, una macchina il cui obiettivo è quello di ripulire il mare dalla plastica non potrà certo creare più danno della plastica stessa. Sono infatti circa 700 mila le tonnellate metriche di reti da pesca abbandonate o perse nel mare ogni anno. Per non parlare delle otto milioni di tonnellate di plastica che si riversano nell’acqua dalle spiagge.

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Un futuro (quasi) senza plastica in mare

Di fronte a questi numeri, l’obiettivo di Boyan Slat è soltanto che positivo: rimuovere il 50 percento della “Macchia del Pacifico” nei prossimi cinque anni e oltre il 90 percento della plastica dell’oceano entro il 2040. Tutto questo richiederà il lavoro di circa sessanta “Ocean Cleanup”. Visto il successo della prima, soprannominata infatti System 001/B, non si puo’ dubitare che il giovane Boyan Slat riesca a costruirne altre altrettanto efficaci. Sicuramente raccogliendo fondi, come ha fatto per il primo progetto, ma anche guadagnando qualcosa dalla vendita della plastica accumulata e riciclata. Ma, per quanti soldi possa raccogliere, la buona volontà e la mente di un giovane che non ha paura di lanciarsi in qualcosa di molto più grande di lui, saranno sicuramente il carburante principale, a dimostrazione, ancora una volta, che il nostro futuro risiede anche nei giovani amanti dell’ambiente.

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di Iris Andreoni
Ott 7, 2019
Nata a Milano nel 1991 ma bergamasca di adozione, è tornata nella sua città natale per conseguire la laurea specialistica in Lettere Moderne, un corso di studi che ha cambiato la sua vita e il suo punto di vista sul mondo. Ha infatti imparato ad approfondire e affrontare criticamente argomenti di varia natura e dare in questo modo priorità a ciò che nella vita è davvero importante. Il rispetto per l’ambiente è una di queste cose e, grazie ad alcuni libri e documentari, ma anche dopo due viaggi in Asia, Iris si interessa in modo particolare a questo ambito. Durante l’università scrive recensioni e interviste sul blog letterario Viaggio nello Scriptorium e, terminati gli studi, si appassiona al mondo del giornalismo, decidendo di sfruttare il grande potere della scrittura per comunicare al mondo i suoi interessi e le notizie più importanti. Collabora come redattrice con il giornale Bergamo Post e ha poi l’onore di frequentare il Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti organizzato da Legambiente. Qui conosce altri aspiranti giornalisti e insieme decidono di dare il loro contributo per informare l’Italia riguardo all’emergenza ambientale cui stiamo assistendo e di cui non molti sembrano essersi accorti. Per l’Ecopost Iris si occupa della redazione di contenuti e comunicazione sui Social Media.

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