Il Nord Italia è l’area più inquinata d’Europa. Per l’ennesima volta un report sulla qualità dell’aria, questa volta targato Università di Utrecht, Global Health Institute di Barcellona e Tropical e Public Health Institute svizzero e pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet, inchioda l’insufficienza delle politiche ambientali che dovrebbero diminuire l’inquinamento in Pianura Padana.
Un primato ormai consolidato da anni, che ha inevitabilmente delle conseguenze sulla salute degli abitanti. Tra le prime 30 città segnalate dal documento, ben 19 sono italiane.
Le città più inquinate della Pianura Padana
Brescia, Bergamo, Vicenza, Saronno, Verona, Milano, Treviso, Padova, Como, Cremona, Busto Arsizio, Pavia, Novara, Venezia, Pordenone, Piacenza, Ferrara, Torino, Gallarate. Una lista già così lunghissima che, scendendo nella graduatoria, si allunga ulteriormente. Tutte queste località hanno registrato una presenza di particolato atmosferico PM 2.5 ben al di sopra della soglia critica stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Le conseguenze, oltre che essere drammatiche da un punto di vista ambientale e delle emissioni, hanno un impatto significativo anche sulla salute dei suoi abitanti. Un’alta presenza di agenti inquinanti può infatti generare diverse patologie ed aggravarne altre. Senza scendere troppo in dettagli medici, che non riguardano il focus di questo blog ma che potete approfondire in questo documento ufficiale, basti dire che un report del 2020 ha evidenziato come ogni anno in Italia si registrino oltre 45.000 morti premature legate, appunto, all’inquinamento dell’aria. Un ulteriore studio, condotto dalla scienziata dell’Università di Harvard Francesca Dominici, ha inoltre dimostrato che una situazione di questo tipo può aggravare l’incidenza sulla mortalità del virus Covid-19 del 15%. Un dato che racconta, almeno in parte, le cause della tragedia che sta investendo il Nord Italia in termini di vite perdute dall’inizio della pandemia.
Leggi anche Polveri sottili il Killerisilenzioso.: è record di morti
Le cause dell’inquinamento
Sebbene il traffico cittadino e l’intensa attività industriale della regione contribuiscano in maniera non indifferente al problema, i dati ci dicono che il 54% delle PM 2.5 presenti in atmosfera ha un’origine ben diversa: le cause principali dell’inquinamento in Pianura Padana sono da individuare negli allevamenti intensivi, nell’agricoltura e negli impianti di riscaldamento, nonostante un altro studio pubblicato dal CNR, abbia rivelato come la percezione dei cittadini sia ben distorta da questa realtà.
Il dito, infatti, viene spesso e volentieri erroneamente puntato contro il settore dei trasporti e quello delle industrie, che, ben lontani dal poter essere considerati sostenibili, costituiscono solo una porzione minoritaria del problema.
Le possibili soluzioni
Individuate le molteplici cause, è giunto il momento di parlare delle possibili soluzioni. Agire solamente su uno degli aspetti scatenanti, non porterebbe infatti pressoché alcun beneficio. Ed ecco che, probabilmente con decenni di ritardo, si inizia ad intravedere un minimo di intraprendenza politica per arginare il problema.
Dal Bonus al 110%, che mira a ridurre le emissioni del computo domestico, passando per un potenziamento dei trasporti pubblici, fin anche alle agevolazioni per l’installazione di filtri antiparticolato, qualcosa sta iniziando a muoversi, ma siamo ancora ben lontani dall’affrontare il problema con l’urgenza che merita.
Commentando i dati del report, infatti, i sindaci di Bergamo e Brescia, le due città maggiormente incriminate dal report, hanno smentito lo studio, affermando che “i dati si riferiscono al 2015 e sono quindi vecchi. In questi anni la situazione è notevolmente migliorata”. Sebbene sia vero che lo studio ha preso come riferimento delle rivelazioni di qualche anno fa, è altrettanto vero che il problema dello smog nel Nord Italia è più che evidente e contestare un report, redatto secondo gli stringenti paradigmi della pubblicazione scientifica, non è l’atteggiamento giusto. Banalmente, ammettere di avere un problema è il primo passo per trovare una soluzione. Negare di averne uno, può invece causare un effetto domino che ha già oggi, e continuerà a farlo in futuro, delle conseguenze tangibili sulla salute della popolazione.
Va sottolineato però come, nonostante i dati inchiodino il settore della produzione intensiva di carne e latticini, al momento non ci siano dei piani per la riduzione delle sue emissioni. Il bacino padano, come precisato da Greenpeace Italia, è una delle aree con la più alta concentrazione di sistemi di allevamento intensivi in Europa. Eppure di misure atte ad intervenire sul problema non ce ne sono, e non sembrano neanche essere in programma. Un’ulteriore dimostrazione di come nel nostro paese, e non solo, sottolineare che il nostro sistema di approvvigionamento alimentare vada cambiato in maniera sostanziale, in quanto largamente insostenibiliìe, sia ormai a tutti gli effetti un argomento tabù.
Con questi dati, attuare delle politiche mirate, giustificando eventuali decisioni impopolari grazie all’immensa quantità di dati che abbiamo oggi a disposizione, potrebbe sì generare un iniziale malcontento nella popolazione, ma allo stesso tempo aumenterebbe la consapevolezza dei cittadini sul problema e, sul lungo termine, finirebbe anche per salvare delle vite, con anche tutti i benefici ambientali, troppo spesso esclusi dalle equazioni politiche, che ne conseguirebbero.
Serve un cambio di paradigma
La percezione distorta dei cittadini sulle cause dell’inquinamento dell’aria, abbinata ad una parziale e tardiva applicazione di misure atte a mitigare il problema, va ad aggiungere un nuovo capitolo di una narrazione, che portiamo avanti sin dalle origini del blog, sull’insufficienza di comunicazione chiara e di qualità da parte delle istituzioni sui più svariati temi legati all’ambiente e al cambiamento climatico.
Il problema dell’inquinamento in Pianura Padana, e più in generale quello della qualità dell’aria, è altamente sottovalutato e troppo poco discusso. E a pagare il prezzo più alto, come spesso accade, siamo tutti noi.