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Green jobs in Italia: 1,6 milioni di posti entro il 2024

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1,6 milioni di posti green: sono i dati riportati dal Focus Censis Confcooperative “Dopo le macerie la ricostruzione, ecco l’Italia che ce la fa”. Il lavoro riporta quelli che sono i nuovi sbocchi occupazionali post-pandemici. Entro il 2024, più di 970 mila aziende richiederanno competenze elevate nella sostenibilità ambientale.

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Green jobs: cos’è il lavoro green?

La nozione di lavoro green è stata formulata dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite, più di dieci anni fa. I lavori sono verdi “quando contribuiscono a ridurre le conseguenze negative per l’ambiente, promuovendo lo sviluppo di imprese ed economie sostenibili da un punto di vista ambientale, economico e sociale”. Possono essere impieghi in settori già esistenti, oppure hanno il potenziale per crearne di nuovi, emergenti, come le rinnovabili o fonti energetiche alternative.

Secondo l’ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, sono molteplici i risultati che si possono raggiungere. Innanzitutto, è possibile migliorare l’efficienza energetica, riducendo il consumo di materie prime e limitando le emissioni di gas a effetto serra. In secondo luogo, è utile ricordare la diminuzione dei rifiuti e dell’inquinamento, così da proteggere e ripristinare gli ecosistemi e sostenere l’adattamento per gli effetti del cambiamento climatico.

Non tutti i lavori verdi sono uguali. Si differenziano, infatti, per procedimenti produttivi più o meno verdi, oppure per il mancato inquinamento di beni come l’acqua o il suolo.

Già nel 2008, il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) aveva sottolineato come la nozione di lavoro green fosse in ascesa nei Paesi sviluppati, ma che stentasse ad affermarsi negli Stati con grande crescita economica, come Cina e Brasile. Gli effetti del cambiamento climatico, già visibili in molte aree del mondo, dovevano far intendere un cambio di passo immediato e deciso.

A dodici anni di distanza, sappiamo che le cose non stanno andando molto meglio. Un punto, però, rimane fermo: i green jobs sono un’opportunità da cogliere al volo, per completare la transizione energetica che ci consentirà di sopravvivere e di poter rigenerare la biodiversità che abbiamo distrutto.

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Green jobs e pandemia: quali opportunità?

Il lockdown ha fermato molti lavori. Guy Ryder, Direttore Generale dell’ILO ha affermato che “per milioni di lavoratori, nessun reddito significa accesso negato al cibo, alla sicurezza e al futuro, Con l’evoluzione della pandemia e la crisi lavorativa, il bisogno di proteggere i più vulnerabili diventa ancora più urgente“.

La tragedia delle morti a causa della pandemia si somma alle prospettive poco rosee per il futuro. Ad aprile 2020, quasi due miliardi e mezzo di persone vivevano in Paesi totalmente o parzialmente chiusi. Il colpo peggiore è inferto alle piccole e medie imprese, che hanno poche possibilità di resilienza rispetto a lunghi mesi di inattività. Tra la popolazione, le donne hanno sofferto maggiormente.

Le soluzioni, però, esistono. Ci sono programmi di assistenza che permettono di riconvertire la propria attività e di introiettare nuove competenze. Con queste modalità, sarà più facile adattarsi e creare nuovi posti di lavoro, che siano ecocompatibili. La strada da percorrere è dunque la seguente: sfruttare la pandemia da Covid-19 a nostro favore e dare enfasi a idee sostenibili, a nuovi tipi di relazioni, di inclusione sociale e territoriale.

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Una guida ai green jobs

Si intitola “Green jobs training guidebook” ed è un progetto che nasce da ONU e ILO per insegnare a studenti e curiosi il mondo dei lavori verdi. Scritto nel 2017, vuole dare gli strumenti per misurare e costruire modelli sociali tali da sviluppare politiche climaticamente sostenibili. Lo scopo primario è quello di coinvolgere maggiormente le istituzioni, così da permettere agli Stati di acquisire l’abilità di sviluppare dei propri database statistici, modelli economici per pianificare e promuovere un cambiamento.

Per riuscire a risolvere la crisi sociale e ambientale allo stesso tempo, bisogna contribuire alla transizione verso un’economia verde, che non aumenti solo il benessere delle persone, stimolando l’equità sociale, ma che riduca anche i rischi ambientali e la scarsità ecologica. L’umanità continua a utilizzare le risorse del pianeta come se fossero infinite. L’impatto devastante su suolo, acqua, fauna e flora dimostra che non possiamo continuare con questa modalità “business as usual”. Gli eventi meteorologici sempre più estremi dimostrano come le conseguenze sul breve, medio e lungo termine debbano essere rivalutate. I costi reali della noncuranza sono altissimi.

Gli Stati si differenziano per gli approcci e le strategie utilizzate in ambito di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico. Alcuni adottano misure a basse emissioni, altri sperimentano l’efficientamento tecnologico, così da progredire e, allo stesso tempo, poter impegnare le risorse in altri ambiti. Questo spostamento di budget deve essere assecondato da altre forme di aiuto e sostegno, framework precisi di policy e strumenti finanziari governativi e internazionali.

L’opportunità per l’Italia: il focus Censis Confcooperative

Non è un caso che il colore della speranza sia il verde. Secondo lo studio, in Italia l’acquisizione di competenze green è importante per il 75% delle imprese. Un terzo tra le 700 mila intervistate che hanno investito in questo senso ha la sua sede al sud. Per quasi la metà, vi è la volontà di introdurre piani di sostenibilità e supporto nella propria strategia aziendale. In un anno, dal 2018 al 2019, sono aumentate del 13,3% le attività che sostengono azioni ambientalmente compatibili.

La sterzata verso il segno positivo è sicuramente dato dalle start up, che a settembre hanno superato le 12mila unità. Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, le regioni del Nord Ovest guidano l’innovazione, con il 34,5% delle proposte, seguite dal Mezzogiorno, attestandosi al 24,5%.

Maurizio Gardini, presidente Confcooperative, durante la presentazione del report, incalza: «Vogliamo chiedere al governo che vadano rapidamente a terra i provvedimenti già adottati per le imprese, per la capitalizzazione, per il rafforzamento patrimoniale. Una sburocratizzazione che consenta di snellire le varie attività, in primis il codice degli appalti.»

Previsioni rosee…o meglio, verdi!

Le proposte ci sono, gli strumenti anche. Non possiamo più prescindere dal constatare che necessitiamo di un approccio olistico in tutte le azioni che intraprendiamo. Lo sforzo sarà impegnativo, all’inizio. Ma comprendere il significato di “sostenibilità” a 360° è indice di una rinnovata saggezza: un’ecosaggezza. Esistono aziende diventate fiore all’occhiello di sostenibilità, orgoglio italiano da diffondere e far conoscere.

La lezione impartita dalla pandemia è chiara. Ma un modo di rivalutare e iniziare qualcosa di nuovo deve essere la spinta verso un futuro all’insegna del colore verde.

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di Natalie Sclippa
Ott 12, 2020
Nata in Friuli-Venezia Giulia nell'estate del '98, sono laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche e ora sto proseguendo i miei studi in Criminologia. Curiosità, determinazione ed entusiasmo fanno parte del mio vocabolario minimo. Cerco di coniugare la mia passione per la scrittura con l'attenzione verso ciò che mi circonda. Affascinata dal perfetto equilibrio terrestre, mi dedico alla comprensione degli effetti antropici sulla natura. Amante del diritto e delle lingue, mi impegno per dare risalto alle battaglie in cui credo, lavorando, al contempo, per smussare gli spigoli del mio carattere. Il mio motto? Non esiste giustizia ambientale senza giustizia sociale.

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