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Enormi teli anti-fusione sui ghiacciai alpini

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L’enorme telo disposto sulla superficie del Rhone, il più antico dei ghiacciai alpini, il quale è situato in Svizzera, rappresenta l’enorme contraddizione nella quale ormai l’umanità si auto-costringe a vivere. Il fatto cioè che la tecnologia può costituire la soluzione alla crisi climatica, indotta proprio da quella stessa tecnologia.

Come funzionano i teli sui ghiacciai alpini

Questo tipo di tecnologia è stata già utilizzata nel corso degli anni su vari ghiacciai alpini e, non lo neghiamo, ha ridotto di molto lo scioglimento dei ghiacciai. Per esempio, il telo disposto sul Presena, appartenente al gruppo della Presanella, in Trentino-Alto Adige, ha ridotto lo scioglimento del ghiaccio del 52%. Questo avviene perché i teli sono di un materiale e di un colore (bianco molto acceso) che riflettono la luce e impediscono alla neve e al ghiaccio sottostanti di raggiungere temperature troppo elevate.

Questa temporanea vittoria, però, non deve illuderci che abbiamo tra le mani la soluzione al cambiamento climatico. Molte associazioni ambientaliste, Legambiente in testa, sono scettici a riguardo. Vanda Bonardo, responsabile Alpi per Legambiente e presidente del Comitato internazionale per la protezione delle Alpi (Cipra) ha rivelato all’ANSA che i teli sono solo un palliativo o un accanimento terapeutico, ma non sono la soluzione. Anzi, sottolinea, rappresentano un rimedio solo temporaneo che trasmette però all’opinione pubblica una illusione errata, che i ghiacciai così si possano salvare“.

Telo sul ghiacciaio Presena

I media esultano per i ghiacciai alpini preservati

Lo dimostra l’articolo trionfante di Repubblica in merito ai teli sul Presena. Uno dei giornali più importanti e più letti in Italia, infatti, non solo esultava per i teli che preservavano i ghiacciai nei mesi estivi, ma elogiava anche gli sparaneve; i quali sono una contraddittoria soluzione per proteggere i ghiacciai durante l’inverno. Senza naturalmente sapere che i cannoni sparaneve sono una delle tecnologie più dannose per il clima.

In primo luogo, la neve artificiale ha un potere isolante molto inferiore a quella naturale. Per crearla è richiesta una enorme quantità di energia. Come abbiamo ampiamente trattato in questo articolo riguardo alla neve artificiale dell Ski Dubai, per produrre una tonnellata di neve si consumano circa 5,6 kWh. In una notte le macchine ne producono circa 50 tonnellate, consumando in questo lasso di tempo quello che un frigorifero di classe A consuma in un anno. Come se non bastasse, per coprire una pista lunga un chilometro, le tonnellate di neve necessarie sono 10 mila. Come ho accennato prima, poi, la neve artificiale ha una densità molto maggiore rispetto a quella naturale (400-500 km/ m³ contro 200-300 km/ m³) e per questo ne serve molta di più.

L’evidenza della contraddizione

Tornando ai teli, sarebbe interessante sapere di che materiale sono fatti e come verranno smaltiti. Si tratta infatti di enormi quantità di stoffa (sul Presenta si è arrivati a coprire 100 mila metri quadrati di ghiaccio). Non è poi da escludere che al suo interno sia contenuto anche del materiale plastico, proprio per il suo potere riflettente. La produzione del telo, quindi, sarebbe possibile soltanto tramite l’estrazione di petrolio e, quindi, alimenterebbe essa stessa il riscaldamento che sta sciogliendo i ghiacciai. La contraddizione, qui, è abbastanza evidente.

Non bastano quindi i dati allarmanti relativi allo scioglimento dei ghiacciai, alpini e non. Solo negli ultimi 100 anni i ghiacciai delle Alpi si sono infatti dimezzati. Di questo volume perso, il 70 per cento si è registrato solo negli ultimi 30 anni. Come ha affermato Renato Colucci, glaciologo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), tutti i ghiacciai che si trovano al di sotto dei 3500 metri di altitudine scompariranno nei prossimi 30 anni. Il che significa che quasi tutti i ghiacciai alpini non vedranno l’alba del 1 gennaio 2051.

L’unica vera e permanente soluzione è quella di tagliare le emissioni e cambiare il nostro stile di vita.

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di Iris Andreoni
Lug 27, 2020
Nata a Milano nel 1991 ma bergamasca di adozione, è tornata nella sua città natale per conseguire la laurea specialistica in Lettere Moderne, un corso di studi che ha cambiato la sua vita e il suo punto di vista sul mondo. Ha infatti imparato ad approfondire e affrontare criticamente argomenti di varia natura e dare in questo modo priorità a ciò che nella vita è davvero importante. Il rispetto per l’ambiente è una di queste cose e, grazie ad alcuni libri e documentari, ma anche dopo due viaggi in Asia, Iris si interessa in modo particolare a questo ambito. Durante l’università scrive recensioni e interviste sul blog letterario Viaggio nello Scriptorium e, terminati gli studi, si appassiona al mondo del giornalismo, decidendo di sfruttare il grande potere della scrittura per comunicare al mondo i suoi interessi e le notizie più importanti. Collabora come redattrice con il giornale Bergamo Post e ha poi l’onore di frequentare il Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti organizzato da Legambiente. Qui conosce altri aspiranti giornalisti e insieme decidono di dare il loro contributo per informare l’Italia riguardo all’emergenza ambientale cui stiamo assistendo e di cui non molti sembrano essersi accorti. Per l’Ecopost Iris si occupa della redazione di contenuti e comunicazione sui Social Media.

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