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Da “Green New Deal” a “Gas New Deal”: l’UE ci ricasca

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Mentre nelle prime pagine dei giornali, italiani e non solo, impazzano da ogni dove notizie sul Coronavirus, l’UE ha preso una decisione di gran lunga più pericolosa. Vi ricordate del Green New Deal sbandierato ai 4 venti dall’attuale Parlamento Europeo? Beh, ora possiamo anche chiamarlo “Gas New Deal”.

gas

117 miliardi di fondi per il gas fossile. 29 vengono dall’UE

A rivelare questa cifra è il Global Energy Monitor. Si tratta di una rete di ricercatori che fornisce informazioni di vario tipo riguardanti progetti legati all’energia fossile a realtà di primo livello come la Banca Mondiale, l’UNEP, Bloomberg e tante altre. Una cifra enorme che mette a rischio gli obiettivi intermedi di tagli delle emissioni lungo la strada per un’ Unione Europea “carbon neutral” nel 2050. Se da un lato buona parte di questa cifra verrà finanziata da banche e fondi privati, ben 29 miliardi arriveranno proprio dall’Unione Europea.

Sottolineiamo nuovamente che il gas è una fonte di energia fossile. Quindi un potenziamento delle infrastrutture ad esso legate non è affatto di aiuto nell’ottica di una transizione ecologica. La “giustificazione” di questa decisione è legata alla volontà di abbandonare la dipendenza dal carbone. Peccato che, qualora venisse rimpiazzato con il gas, anche solo parlare di benefici ambientali sarebbe a dir poco eccessivo.

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Il veto dei Verdi

Immediata la presa di posizione da parte degli Eruopean Greens che hanno proposto un veto sull’approvazione del programma Connecting European Facilities (CEF). Al suo interno sono stati approvati i finanziamenti a 151 nuove infrastrutture. Ben 32 di queste riguardano progetti relativi al gas.

Durante la discussione della proposta di veto, Marie Touissant, deputato dei Verdi Europei, si è così rivolta al Parlamento: “Il Pianeta sta morendo. Rapporto dopo rapporto, gli esperti ci ripetono che bisogna rinunciare ai fossili per arginare la crisi climatica. Ma in totale contraddizione con le buone intenzione proclamate, l’Europa sta per dichiarare “prioritari” dei progetti energetici di cui più di un terzo è basato sui combustibili fossili. Siamo in 103, oggi, a chiedervi di rivedere questo elenco. Questi progetti non hanno senso per la scienza, sono un errore economico e soprattutto politico. La scienza ci diche che l’84% delle risorse fossili oggi conosciute non deve essere utilizzato. Continuare ad investire in progetti fossili molto costosi ostacola la possibilità di investire dove serve davvero. C’è qualcosa che non va se l’Unione Europea vuole investire 29 miliardi di euro in progetti che uccidono il clima”.

I progetti sostenuti

A godere di questi finanziamenti c’è, neanche a dirlo, anche l’Italia. Un fatto in totale contraddizione con la scienza e, soprattutto, le parole di una classe politica sempre più ipocrita che mira solo a guadagnare i voti di qualche ambientalista male informato. Tra queste opere, oltre alla già criticata TAP, troviamo il gasdotto EastMed Cipro-Salento e il Malta-Gela, oltre agli impianti elettrici di Andrea Palladio, Brindisi Sud, Marghera Levante, Presenzano Edison e Torrevaldaliga Nord che verranno utilizzati per convertire il gas in energia elettrica. Queste infrastrutture, oltre ad essere molto costose, sono progettate per durare decenni e il rischio di diventarne dipendenti per questo lasso di tempo è più che concreto.

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C’è dunque una forte contraddizione tra ciò che viene detto e ciò che, invece, viene concretamente sostenuto con quello che realmente conta: i finanziamenti. Sono diverse inoltre le associazione che hanno definito “inutile” un così ingente potenziamento delle infrastrutture legate al gas fossile. La capacità di trasporto di gas delle strutture attuali all’interno dell’Unione Europea è infatti già 1,8 volte superiore al combustibile che viene effettivamente trasportato. Inoltre, proprio le stesse proiezioni della Commissione UE, ci dicono che per centrare gli obiettivi climatici del 2030 è richiesto un taglio dell’utilizzo del gas fossile del 29% rispetto ai numeri attuali. Un taglio, non un aumento.

Tra i paesi che investiranno maggiormente in questo scempio troviamo anche Regno Unito, Germania e Grecia, oltre ad alcune nazioni dell’Europa orientale come Romania e Polonia che, non paghe della progettazione di nuove centrali a carbone, stanno ben pensando di inserire nel proprio mix energetico anche una bella fetta di gas fossile. Così, per non farsi mancare niente.

Da Green New Deal a Gas New Deal in meno di un mese

Ed ecco che, nel giro di poco meno di un mese, siamo passati dall’esultare per l’approvazione di un Green New Deal che sembrava serio e credibile, al dover fare i conti con la cruda realtà. Una classe politica ancora troppo influenzata dalle lobby dei combustibili fossili che, ancora una volta, sono riuscite a distribuire i “favori” giusti per ottenere ciò che desideravano. Una posticipazione dell’attuazione di politiche credibili in ambito climatico. L’ennesima montagna di soldi che viene, è proprio il caso di dirlo, bruciata.

Mark Z. Jacobson, docente di ingegneria civile e ambientale alla Stanford University, ha voluto sottolineare come “per l’Europa esista un’alternativa. Il continente può funzionare interamente e in tutti i settori energetici con energie pulite e rinnovabili: energia elettrica e termica da vento, acqua e sole. Una tale transizione ridurrà il fabbisogno energetico e i costi, così come l’inquinamento atmosferico, i problemi di salute e le emissioni”.

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Insomma, rischiando di ripeterci, è ormai evidente come a mancare non siano i soldi, ma la volontà da parte dei politici di prendere una posizione decisa. Ne è ulteriore dimostrazione l’attuale emergenza del Coronavirus. In un brevissimo lasso di tempo le istituzioni, sia a livello nazionale che internazionale, sono riuscite a fare gruppo per far fronte a quella che può essere considerata a tutti gli effetti una crisi, investendo denaro ed impegno per arginare i problemi e trovare soluzioni di lungo termine. Se la stessa prontezza e la stessa lungimiranza venissero incanalate nella lotta alla crisi climatica, molti dei problemi che la compongono potrebbero essere risolti con relativa facilità. E allora, cosa stiamo aspettando?

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di Luigi Cazzola
Feb 26, 2020
Nato nel 1991 a Fano, laureato in Lingue e Comunicazione. Marketer di professione e diverse esperienze all’estero alle spalle. Da ormai qualche anno ambientalista convinto, a Settembre 2018 arriva la svolta che stava aspettando. Viene selezionato per il “Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti”, dove può finalmente approfondire tematiche relative tanto al giornalismo quanto all’ambiente. Fermamente convinto che la lotta al cambiamento climatico sia la più importante battaglia della sua generazione, decide di mettere le competenze acquisite al servizio di tutti per accrescere la consapevolezza legata a questo tema e fornire consigli pratici per orientare le scelte dei singoli verso un approccio più green grazie ad un consumo più critico e consapevole. Per L’Ecopost si occupa di redazione di contenuti, sviluppo Front-End e comunicazione sui Social Media.

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