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È tempo di proteggere la foresta australiana

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«L’intensità, la portata, il numero, l’ampiezza geografica, la simultaneità degli incendi e la varietà di ambienti che stanno bruciando sono tutte fuori dall’ordinario. Siamo in stato di guerra.» Queste le parole di David Bowman, professore di pirogeografia all’Università della Tasmania, all’inizio di quest’anno. Le fiamme hanno inghiottito, solamente nell’ultimo anno e mezzo, più di 85 mila chilometri quadrati di foresta australiana, uccidendo e mettendo in pericolo la sopravvivenza delle specie che la abitavano. La situazione, dapprima fuori controllo, ora è monitorata costantemente. Ma il recupero e il ripristino della flora e della fauna danneggiate sembrano ancora un obiettivo lontano.

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La foresta australiana è in pericolo

A gennaio, tutto il mondo era incollato alla televisione, guardando le terribili immagini che provenivano dall’Australia. Si condividevano i video degli incendi e degli animali in fuga, cercando di trovare una soluzione. Poi, altre emergenze hanno catalizzato l’attenzione mediatica. Ma la distruzione di migliaia di ettari di foresta è continuata, arrestandosi solamente alcuni mesi dopo.

Per questo motivo, la biodiversità australiana è stata gravemente danneggiata dagli incendi divampati tra il 2019 e il 2020. Nessun altro disastro ha causato così tante conseguenze negative. Si calcola che 471 piante, 213 specie di invertebrati e 92 di vertebrati siano a rischio. In alcuni casi, il 100% degli animali è morto tra le fiamme.

Gli scienziati commentano come “l’intensità, la ferocia e la velocità delle fiamme non avevano risparmiato nulla. Il terreno della precedente foresta era una distesa di morte e distruzione. Canguri carbonizzati, wallaby, cervi, opossum e uccelli erano ovunque.”

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Flora, Fauna, Fuoco

Il ricercatore Andrew Peters ammette: “Ho guardato al microscopio all’interno di un topo morto e non potevo credere ai miei occhi. Migliaia di piccole particelle di fumo rivestivano i suoi polmoni.” L’animale, però, non era stato direttamente a contatto con il fuoco, visto che si trovava a più di 50 chilometri dall’incendio più vicino.

Non sono solo fiamme. Prima, una siccità imprevista e duratura ha indebolito la vegetazione, seccandola. Boschi millenari sono diventati vulnerabili. All’interno della ricerca condotta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), attenzione particolare è stata data alle mangrovie, che sono una parte importante della foresta primaria, dominando una porzione del territorio nazionale. Purtroppo, però, negli ultimi decenni sono diminuite, minacciando la diversità ecosistemica.

Tra il 2000 e il 2015, il decremento è stato visibile soprattutto nello Stato di Vittoria. A differenza degli alberi di eucalipto, le foreste pluviali non si sono adattate a tollerare il fuoco. Così, quando l’incendio divampa, si apre una breccia verso l’interno, permettendo a specie aliene di invaderne il territorio e a quelle autoctone di scappare.Immagini dei koala e dei canguri che scappano sono il simbolo di una nazione in ginocchio. Ma oltre a questi esemplari iconici del paesaggio australiano, non si devono dimenticare migliaia di altri vertebrati e invertebrati.

I fiumi, già in secca, hanno visto aumentare il livello di cenere e terreno bruciato, togliendo ossigeno ai pesci, che sono morti soffocati. Alcuni animali esistono solo nelle isole. “Siamo qui per fermare che diventino estinti.”, commenta Sarah Barrett, dal parco nazionale Stirling Range. Oltre a questa emergenza, deve fare i conti con infezioni importate e il cambiamento climatico.

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L’insostenibile stato di declino australiano

Il giornale inglese The Guardian è uno dei più attenti alle questioni ambientali. Per questo, la sua sezione oltreoceano ha seguito attentamente ciò che stava accadendo alla foresta australiana. Gli standard nazionali non sono sufficienti. La percezione da parte della popolazione è che debba essere il governo a spingere per nuove, e più stringenti regolamentazioni.

Uno studio del Centro per la Biodiversità e per le Scienze della Conservazione dello scorso settembre ha portato alla luce dei dati sconvolgenti. La legge per contrastare l’estinzione risale al 1999. Nonostante ciò, il monitoraggio costante a livello satellitare, ha visto la correlazione tra la distruzione del manto boschivo e il rischio di morte di molte specie autoctone.

Nelle conclusioni si mettono in discussione le azioni legislative del Paese per proteggere l’intero habitat naturale. Senza nuove regole, gli sforzi di adattamento e mitigazioni saranno vani.

La traiettoria deve essere aggiustata. I ritardi nell’osservazione e catalogazione delle specie sono evidenti. Molto spesso, i piani non sono adeguatamente aggiornati. Questo comporta il fallimento nella protezione dell’intero territorio studiato.

La resilienza della foresta australiana

Nonostante la devastazione, la natura ha ripreso possesso delle aree danneggiate. Già a metà 2020, si potevano notare dai satelliti i primi segni di riforestazione.

Il portale The Conversation ha seguito gli eventi catastrofici e studiato le conseguenze sull’ambiente, gli animale e la popolazione indigena, constatando che con l’accelerazione del cambiamento climatico, gli effetti sono più gravi. Così, il paesaggio potrebbe non riprendersi mai del tutto.

Alcune telecamere posizionate nella foresta australiana per filmare alcune specie rare si sono sciolte durante l’incendio. Animali terrorizzati tentavano di mettersi in salvo. Il giornale ha anche stilato un elenco di varietà di uccelli, mammiferi, pesci, insetti e piante in pericolo.

Il ministero per l’agricoltura, risorse idriche e ambiente del governo australiano ha creato una task force di esperti per ricominciare la piantumazione e riprendere la vita nelle regioni bruciate.

Ci sono racconti di resistenza e rinascita che iniziano con un evento negativo. Sicuramente, gli incendi che hanno distrutto la foresta australiana ne sono un esempio. È tempo di impegnarsi per il ripristino e risanamento del territorio.

Ora è tempo di scegliere il futuro che vogliamo!

Si inizia riconoscendo il problema e localizzandolo. Il Global Forest Watch (GFW) è una piattaforma online che fornisce dati e strumenti per il monitoraggio delle foreste, in modo che ognuno possa entrare in possesso di informazioni in tempo reale su dove e come siamo in atto dei cambiamenti.

La foresta australiana è monitorata costantemente dal Global Forest Watch. Qui, si posso avere i dati sui mutamenti negli ultimi anni. (schermata dal sito)

Ma non basta, bisogna progettare il futuro. Più vasta è l’area interessata, più difficile sarà la ricolonizzazione. Per le specie che hanno un tasso di riproduzione basso è ancora più difficile ripopolare. Piccoli mammiferi, che possono sopravvivere sul breve periodo, si ritroverebbero in condizioni pessime nei mesi successivi.

L’introduzione di piante o animali alieni avrebbe un impatto devastante nei confronti di quelli nativi. Il lasso temporale da considerare è, comunque, considerevole. Gli acquazzoni di febbraio, che hanno rallentato il fuoco, hanno causato un danno più grande rispetto ai roghi. Chi non moriva asfissiato, annegava o veniva intossicato.

L’estate nera, come è stata ribattezzata dai media e dagli scienziati, non è ancora terminata. Una risposta collettiva e forte deve arrivare: dalle istituzioni, dai cittadini, dalla comunità internazionale. Continuare a pensare di non essere intaccati da questi fenomeni è anacronistico e sbagliato.

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di Natalie Sclippa
Ago 5, 2020
Nata in Friuli-Venezia Giulia nell'estate del '98, sono laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche e ora sto proseguendo i miei studi in Criminologia. Curiosità, determinazione ed entusiasmo fanno parte del mio vocabolario minimo. Cerco di coniugare la mia passione per la scrittura con l'attenzione verso ciò che mi circonda. Affascinata dal perfetto equilibrio terrestre, mi dedico alla comprensione degli effetti antropici sulla natura. Amante del diritto e delle lingue, mi impegno per dare risalto alle battaglie in cui credo, lavorando, al contempo, per smussare gli spigoli del mio carattere. Il mio motto? Non esiste giustizia ambientale senza giustizia sociale.

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