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Il virus della disuguaglianza

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Il covid-19, ormai è assodato, si è diffuso anche a causa dello sfruttamento ambientale da parte dell’uomo, come spieghiamo in questo articolo. Lo stesso sfruttamento che ha generato anche una fortissima disuguaglianza sociale ed economica in tutto il mondo. A conferma di ciò, il coronavirus non ha mietuto vittime in egual misura. Alcune categorie di persone sono state più colpite di altre e alcuni paesi pagheranno il prezzo di questa pandemia per un tempo più lungo.

Disuguaglianza economica

La pandemia da coronavirus ha paralizzato economie e stati, mostrando come alcuni di essi siano più fragili ed esposti. Africa e America Latina, secondo le analisi, saranno i paesi che soffriranno più a lungo a causa della pandemia e non solo in termini di salute, ma principalmente in termini di calo, se non arresto e retrocessione, di sviluppo.

L’Africa dopo la pandemia da covid-19 dovrà fare i conti con un panorama ancora più complesso in cui la disuguaglianza sarà, se possibile, accentuata. La situazione di partenza era infatti già tragica, a causa delle sempre più evidenti discrepanze sociali dovute anche al riscaldamento globale. Come si legge sul Sole 24 Ore, le temperature più elevate hanno migliorato la crescita economica nei paesi più ricchi, mentre hanno influenzato negativamente la crescita dei paesi poveri. In particolare, in uno scenario di continue elevate emissioni e assenza di politica climatica, si prevede che entro il 2050 i soli cambiamenti di temperatura e precipitazioni nell’Africa orientale e occidentale ridurranno i tassi di crescita del Pil pro capite annui di oltre il 10%. 

Il Covid ha quindi anticipato la catastrofe. The Economist rivela statistiche agghiaccianti che mostrano come il continente abbia incontrato un blocco nello sviluppo. Una battuta d’arresto che si protrarrà a lungo e i cui effetti danneggeranno la popolazione in maniera diffusa. Le più grandi economie dell’Africa si stanno contraendo a causa del crollo del turismo, le sole Mauritius hanno registrato una decrescita del 12,9% del PIL, e della diminuzione della domanda di combustibili fossili. Persino le grosse economie strettamente legate all’esportazione di petrolio, come la Nigeria, stanno affrontando un arresto senza precedenti e, soprattutto, senza essere preparate.

Disuguaglianza sociale

A pagare le conseguenze di questa battuta d’arresto innestatasi su crisi ancora in corso, come nel caso del Sud Africa, sono e saranno proprio le fasce più a rischio: donne e bambini appartenenti alle frange più povere della popolazione. Human Rights Watch avverte che la chiusura delle scuole avrà effetti disastrosi incrementando le disuguaglianze.

I bambini impossibilitati ad andare a scuola rimangono a casa, spesso senza i mezzi necessari per usufruire della scarsamente disponibile didattica a distanza. Oppure iniziano a lavorare per racimolare qualche decimo di dollaro raccogliendo rifiuti. La chiusura delle scuole, poi, colpisce i bambini in maniera ineguale. Infatti le bambine sono spesso chiamate ad occuparsi di faccende domestiche e familiari, trovandosi a rinunciare in partenza allo studio autonomo. Per non parlare del rischio di incorrere in matrimoni non programmati per sgravare la famiglia dalla spesa di mantenimento.

Gender gap

Il gender gap avrà effetti duraturi poiché nelle famiglie vi è la tendenza a dare precedenza all’istruzione dei membri di sesso maschile. Questo fenomeno è nettamente in contrasto con gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite. Lo schema dell’ONU, infatti, trova una correlazione molto forte tra la sostenibilità ambientale e quella sociale. Questo ha fatto sì che si ponesse come obiettivo di sviluppo sostenibile anche la sutura del gender gap quale conseguenza degli effetti del cambiamento climatico. Effetti che invece il Covid ha decisamente accentuato.

disuguaglianza
Jaipur, India, 2019

Disuguaglianza digitale

Per non parlare, poi, del digital divide, il gap di accesso a internet, miete vittime laddove la povertà è più diffusa. Prima della pandemia le stime dell’UNESCO Institute of Statistics indicavano che in Africa almeno il 60% dei bambini in età compresa tra i 15 e 17 non frequentava le scuole. Inoltre, tra i 6 e gli 11 milioni di bambine non avrebbero avuto accesso ad alcun tipo di educazione. L’assenza prolungata dalle scuole viene ora calcolata in mesi, ma si tradurrà in una perdita di anni in termini di possibilità e sviluppo.

Una perdita che le statistiche impiegheranno poco tempo a restituire in termini numerici. Di fatto, però, è una dimensione da valutare in termini di vite possibili che verranno negate. La prospettiva non è solo quella di un inciampo nello sviluppo, ma di un vero e proprio ostacolo, una diga da cui i giovani cercheranno in ogni modo di esondare. La pandemia infatti non lascerà solo una cicatrice economica. Spingerà molti ad emigrare, affrontando le complessità di un flusso sempre più criminalizzato e periglioso per giungere altrove, nel Nord del mondo, e ritagliarsi un futuro diverso.

La disuguaglianza in America Latina

Luis Alberto Moreno, ex presidente della Inter-American Development Bank nel mandato 2000-2005, in un lungo articolo apparso su Foreign Affairs ha dipinto un’immagine realistica delle prospettive dell’America Latina particolarmente colpite dalla pandemia. Il primo elemento che emerge dall’analisi riguarda proprio la struttura iniqua della società dell’America Latina. Qui il virus è stato portato e diffuso dalle classi medio-alte che hanno contratto il virus durante le loro permanenze all’estero e non hanno rispettato le norme preventive consigliate al loro rientro.

Dalle case delle famiglie più abbienti, il virus si è diffuso usando come portatori gli impiegati, la working class. Da qui in poco tempo ha raggiunto anche gli strati più bassi della popolazione, diffondendosi a macchia d’olio e trovando dei bacini di contagio immensi nelle zone più indigenti. Il pattern di Guayaquil nei primi mesi del 2020 si è dipanato subito come un modello di disuguaglianza. I malati abbienti hanno usufruito subito dei costosi servizi di sanità privata, mentre le classi medio basse e le fasce più povere di popolazione hanno dovuto rivolgersi al sistema pubblico. Il quale, prevedibilmente, è arrivato presto alla saturazione, lasciando per giorni i corpi dei deceduti a imputridire ai margini delle strade della capitale economica dell’Ecuador.

Un futuro poco roseo

Secondo quanto descritto da Moreno “Tutti i progressi fatti dalla regione per risolvere la povertà degli ultimi 20 anni rischiano di venire disfatti”. La disuguaglianza non svaniranno al rientrare dell’emergenza. Anzi, si manifesteranno in maniera ancora più prepotente ed invalidante, soprattutto considerando la drammatica tendenza populista dei governi in corso di mandato attualmente presenti. Il telelavoro, lo smart working, in America Latina è impossibile. Il digital divide infatti mutila l’accesso ad internet di circa il 50% della popolazione totale, secondo quanto registrato dalla Banca Mondiale. Le criticità dell’America Latina emergeranno in una crisi invalidante che, ricalcando il modello della crisi degli anni 90, costringerà gli stati a fare ancora più affidamento sugli Stati Uniti.

Disuguaglianza ambientale

Il covid 19 ha arrestato le attività del mondo intero senza esclusioni. Comunque, gli effetti dei collassi economici e sociali, terreno fertile per regimi politici totalitari ed instabili, avranno un’eco più duratura in Africa, America Latina e nei paesi più poveri dell’Asia. Si prospetta un panorama complesso, fratturato e soprattutto drasticamente connesso alle criticità sempre più evidenti direttamente derivate dal cambiamento climatico. È vero, nella prima metà del 2020 si è registrato un lieve calo globale delle emissioni di gas CO2eqiv pari al 8%. Il cambiamento climatico però non ha subito un rallentamento, o perlomeno un rallentamento sufficiente a scongiurare il pericolo.

Nel 2020 i disastri naturali hanno colpito i paesi sviluppati, quelli in via di sviluppo e i meno sviluppati, ma con un’incidenza maggiore, e arrecando danni esponenzialmente più gravi, in quelli compresi nelle ultime due categorie, agendo quindi su sistemi e meccanismi già gravemente compromessi da condizioni di povertà diffusa e sistemica. L’arresto allo sviluppo e l’incalzante avanzata delle manifestazioni del cambiamento climatico peseranno sul volume complessivo della povertà estrema che interesserà ben 49 milioni di persone.

Indigenza, precarietà e assenza di prospettive. Questo il futuro di milioni di persone in un ambiente sempre più ostile, soggetto ad alluvioni, desertificazione e scarsità di risorse essenziali. Un futuro che inevitabilmente spingerà sempre più persone a scegliere di migrare. I migranti climatici sono coloro che scelgono di lasciare il luogo di origine a causa dell’ostilità del clima e dei disastri naturali. Secondo quanto riportato dall’ IDMC sono circa 25 milioni di persone l’anno. Questo numero è condannato ad aumentare, soprattutto viste le previsioni del Centro di Monitoraggio per Le Migrazioni Interne (IDMC) che prospettano una quantità sempre crescente di terremoti, tsunami e alluvioni.

Leggi anche: Nuovi migranti climatici da Somalia e Bangladesh

Un tragico futuro

L’incontro inevitabile tra le contrazioni economiche dovute alla pandemia, l’arresto o la riduzione degli aiuti e la stasi delle politiche di sviluppo limiteranno drammaticamente gli interventi nei Paesi Meno Sviluppati che dovranno fare i conti con una crescente disuguaglianza sociale, traducibile in aumento della povertà, delle marginalizzazioni delle minoranze e della discriminazione di genere, e una carenza di piani d’azione necessari e cruciali. Il coronavirus ha colpito in maniera iniqua, indebolendo ulteriormente chi già partiva svantaggiato ai blocchi di partenza, zavorrandolo e spargendo ostacoli lungo il percorso.

Di Martina Micciché. Nata a Milano ma vive ovunque, qualche volta anche nella sua città. Ha contribuito a fondare, con Saverio Nichetti, il blog www.alwaysithaka.com, dedicato alla sostenibilità e alla promozione di turismo sostenibile e informato. Vegana, femminista, laureata in Scienze Politiche, sta conseguendo la magistrale in Relazioni Internazionali. Un giorno vorrebbe trasferirsi in Islanda, con Saverio e un numero spropositato di pecore. Durante il primo lockdown ha auto-pubblicato un breve romanzo dal titolo “Cielo a domicilio”.

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di Redazione L'Ecopost
Feb 22, 2021

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