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Disastro alle Mauritius: in mare mille tonnellate di petrolio

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Il 25 agosto un’ombra nera si è stagliata sulla splendida e quasi incontaminata isola Mauritius, al largo dell’Oceano Indiano. Una nave cargo che trasportava carburante si è infatti incagliata vicino alla costa, tra i colorati intrecci della barriera corallina. Colori che hanno lasciato il posto alla macchia nera di petrolio che è presto fuoriuscita dalla nave. Questo ha causato a Mauritius un gravissimo disastro ambientale.

Come è avvenuto il disastro alle Mauritius

Mille delle quattromila tonnellate di petrolio presenti sull’imbarcazione si sono infatti riversate nel mare, interessando circa 15 chilometri di costa e causando danni incalcolabili all’ecosistema. Fortunatamente tutto l’equipaggio è stato evacuato prima della frattura e, successivamente, dell‘affondamento.

La nave è infatti stata volontariamente affondata dal team di salvataggio, dopo che questo si è occupato di chiudere la falla della nave spezzata e aspirare tutto il carburante possibile. Motivo? La prua era rimasta “sospesa” sulla barriera corallina. Happy Khambule, responsabile della campagna Clima ed Energia di Greenpeace Africa, aveva avvisato che, tra tutte le opzioni disponibili, questa fosse la peggiore. Affondando la nave infatti si metterebbe a rischio la biodiversità e si contaminerebbe l’oceano con ingenti quantità di tossine derivate da metalli pesanti.

Disastro Mauritius: danni incalcolabili

In più, il 26 agosto sono stati rinvenuti sulle coste dell’isola ben 39 delfini e due balene spiaggiati. La prima ipotesi era ovviamente quella di un soffocamento dovuto al catrame. L’autopsia non ha però rilevato tracce significative di petrolio nell’apparato digerente per confermare questa opzione. Il motivo dello spiaggiamento di un così alto numero di cetacei sulle spiagge di Mauritius, dove nel mese di maggio dell’anno scorso ne erano stati trovati soltanto due, potrebbe essere legato proprio all’affondamento della nave.

L’ambientalista Sunil Dowarkasing afferma che i cetacei sono molto sensibili ai suoni. L’esplosione conseguente all’affondamento della nave potrebbe quindi averli spaventati, portandoli a risalire in superficie troppo velocemente, sperimentando la cosiddetta “malattia da decompressione”, che talvolta colpisce anche i sub. Un’altra opzione è quella per cui alcuni leader del branco, in preda al panico, si siano diretti verso la spiaggia e che gli altri li abbiano seguiti.

Un’economia al collasso

Oltre alle conseguenze più immediate, poi vi sono quelle a lungo termine. Abbiamo già menzionato i danni agli ecosistemi marini, già in grave pericolo. A causa del riscaldamento globale e dell’acidificazione degli oceani, i coralli ancora “in vita” nell’isola Mauritius si sono ridotti del 70% tra il 1997 e il 2007. Moltissimi pesci, uccelli dipendono quasi totalmente dalla barriera corallina per sopravvivere. Per gli abitanti delle Mauritius, di conseguenza, è una fruttuosa fonte di cibo, commercio e turismo.

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Le spiagge, poi, si sono ridotte di circa 20 metri a causa dell’innalzamento del livello del mare. Dopo questo ulteriore disastro ambientale l’economia dell’isola è realmente sull’orlo del collasso e, ancora una volta, la colpa non è loro bensì delle società più sviluppate. La nave MV Wakashio, neanche a dirlo, era di proprietà giapponese.

Qualche soluzione al disastro di Mauritius

Per il momento si sta cercando di salvare il salvabile. Proprio una settimana prima del disastro è stato pubblicato uno studio in Australia che dimostrava l’efficacia dei capelli umani nell’assorbire il petrolio, Così, attraverso l’ente no-profit Sustainable Salons, sono state donate all’isola 10 tonnellate di capelli, a loro volta messe a disposizione dai parrucchieri australiani aderenti all’iniziativa, con lo scopo di bloccare il flusso di petrolio nel mare.

Poiché l’isola vicina a Mauritius, Reunion, è sotto giurisdizione francese, il presidente Macron ha inviato un aereo militare con attrezzature per monitorare l’inquinamento, oltre che una nave a supporto. Anche il governo di Tokyo invierà una squadra di esperti per soccorrere l’ambiente e gli abitanti dopo il disastro. Nella giornata di sabato, poi, centinaia di persone sono scese in piazza nella capitale di Mauritius Port Luis per chiedere che sia aperto un processo per trovare il colpevole dell’accaduto ed avere così giustizia. Per il momento solo il capitano della nave e il suo secondo sono stati arrestati.

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di Iris Andreoni
Ago 31, 2020
Nata a Milano nel 1991 ma bergamasca di adozione, è tornata nella sua città natale per conseguire la laurea specialistica in Lettere Moderne, un corso di studi che ha cambiato la sua vita e il suo punto di vista sul mondo. Ha infatti imparato ad approfondire e affrontare criticamente argomenti di varia natura e dare in questo modo priorità a ciò che nella vita è davvero importante. Il rispetto per l’ambiente è una di queste cose e, grazie ad alcuni libri e documentari, ma anche dopo due viaggi in Asia, Iris si interessa in modo particolare a questo ambito. Durante l’università scrive recensioni e interviste sul blog letterario Viaggio nello Scriptorium e, terminati gli studi, si appassiona al mondo del giornalismo, decidendo di sfruttare il grande potere della scrittura per comunicare al mondo i suoi interessi e le notizie più importanti. Collabora come redattrice con il giornale Bergamo Post e ha poi l’onore di frequentare il Corso di Giornalismo Ambientale Laura Conti organizzato da Legambiente. Qui conosce altri aspiranti giornalisti e insieme decidono di dare il loro contributo per informare l’Italia riguardo all’emergenza ambientale cui stiamo assistendo e di cui non molti sembrano essersi accorti. Per l’Ecopost Iris si occupa della redazione di contenuti e comunicazione sui Social Media.

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